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  Dicembre 2012

Articoli n° 08
OTTObre 2007
 


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L’Italia spaccata

L'INTERVISTA A mASSIMO LO CICERO - il dualismo nord-sud frena l’italia

L’APPROFONDIMENTO DI GIUSEPPE ROSA - Una strategia in tre punti per il rilancio del Sud

L’INTERVISTA A FANDREA LANZA -la politica È lontana dal Mezzogiorno

Una strategia in tre punti per il rilancio del Sud

di Giuseppe ROSA
Direttore Mezzogiorno Confindustria

Un dato tratto dall'ultimo Rapporto Svimez esprime, forse più di tutti, l'estrema debolezza strutturale del Mezzogiorno: il prodotto interno lordo pro-capite ha fatto registrare tra il 2000 e il 2006 un tasso di crescita medio (1,4%) tre volte più basso di quello della Spagna (4,4%) e quattro volte inferiore a quello dell'Irlanda (+5,2%) e a quello della Grecia (+6,2 %). Il PIL per abitante della Spagna supera la media dell'Unione (102%) e sopravanza ormai di 30 punti quello del Mezzogiorno (70% della media UE). Ma anche la Grecia si colloca su valori superiori a quelli del Sud (89%) e addirittura alcuni nuovi Stati membri, come la Slovenia, l'Ungheria, l'Estonia e la Repubblica Ceca, si posizionano sugli stessi livelli di sviluppo del nostro Mezzogiorno.
É evidente che l'”agenda Sud” debba rappresentare uno dei punti più urgenti del dibattito di politica economica che accompagnerà l'iter di approvazione della Legge Finanziaria 2008, e che occorrerà un rinnovato impegno di Governo, Parti sociali e Regioni a favore della crescita e della competitività del Mezzogiorno.
Sono almeno tre i punti qualificanti di tale impegno. Il primo è quello dell'aumento del volume degli investimenti e della contemporanea riqualificazione della spesa. É un'esigenza che sembra trovare solo in parte riscontro nel DPEF, poiché l'obiettivo di portare la spesa in conto capitale nel Mezzogiorno su una quota pari al 45% del totale, nonostante sia stato più volte enunciato negli scorsi anni, sembra ormai definitivamente abbandonato. Tale quota è ora fissata al 41,1%, a causa soprattutto del ridotto contributo della spesa ordinaria del settore pubblico allargato.
É evidente il rischio di un ritorno a logiche - che si sperava fossero ormai superate - di interventi di carattere “sostitutivo”, alimentati quasi esclusivamente dai fondi comunitari e nazionali programmati nel Quadro Strategico Nazionale.
Proprio il celere avvio di questo insieme di programmi e di interventi finanziati dalla Comunità Europea costituisce un secondo punto qualificante per una strategia di rilancio del Mezzogiorno. La cornice che riunisce tali programmi in un insieme organico (il Quadro Strategico Nazionale 2007-13) ha ottenuto nei giorni scorsi il via libera da Bruxelles: si renderanno così disponibili quasi 30 miliardi di fondi europei (dei quali 24 destinati alle regioni meridionali) che, assieme al “cofinanziamento” nazionale, si aggiungeranno (auspicabilmente) agli interventi ordinari che lo Stato realizzerà nei prossimi anni nelle aree più deboli del Paese.
Rispetto ai precedenti cicli di programmazione europea, il QSN 2007-13 compie una scelta di campo ben precisa a favore della valorizzazione del territorio e dei fattori di competitività, riducendo in misura significativa le risorse destinate ai cosiddetti “aiuti a pioggia” (-25%). Si registra, infatti, un consistente incremento dei fondi destinati all'istruzione, alla ricerca, al recupero delle città, alla tutela dell'ambiente, al potenziamento delle reti infrastrutturali. Se si considera, inoltre, che il 60% delle risorse è assegnato alle Regioni, cruciale sarà il ruolo di raccordo e di proposta che sul territorio dovranno svolgere le Amministrazioni locali per coinvolgere le imprese, il mondo del lavoro, dell'università, della ricerca e per condividere con loro la definizione delle priorità.
Un terzo punto importante è quello di assicurare, anche attraverso una profonda razionalizzazione, la massima funzionalità al sistema degli incentivi. Negli ultimi anni il complesso delle incentivazioni a vario titolo destinate alle imprese sull'intero territorio nazionale (si contano 346 tipologie di agevolazioni, l'80% delle quali è rappresentato da interventi regionali) è diminuito di circa 1/3, scendendo dai 7 miliardi di euro del 2002 ai 5 miliardi del 2006. Riduzioni altrettanto significative si sono registrate negli aiuti concessi a favore delle imprese operanti nel Mezzogiorno (e in altre aree deboli del territorio nazionale). Ciò è stato determinato, in primo luogo, dalle difficoltà della finanza pubblica e dalle crescenti complicazioni burocratiche per poter avere accesso agli incentivi, ma un ruolo non secondario è stato svolto dagli orientamenti dell'Unione Europea, che hanno sempre più privilegiato politiche mirate alla costruzione di condizioni di contesto favorevoli all'attività di impresa e all'attrazione di nuovi investimenti, rispetto alla erogazione di sostegni e aiuti diretti. Come dimostrano i tanti casi di imprese meridionali di successo, il principale riferimento di chi opera nel Sud è sempre di più costituito dalla competizione e dal mercato, e quei successi vengono quasi sempre realizzati superando la dipendenza dalle più tradizionali forme di aiuto “a fondo perduto”, spesso fondate sulla valutazione discrezionale o, peggio, “intermediate dalla politica”.
Si sta verificando, in altri termini, un vero e proprio “cambio culturale” nei confronti dei sostegni pubblici e sono le stesse imprese a chiederne la semplificazione e il riordino facendo leva principalmente su procedure di tipo automatico, come quelle previste dal credito di imposta introdotto dalla Legge Finanziaria 2007. L'obiettivo preferenziale di questa misura saranno soprattutto gli investimenti in macchine e attrezzature per premiare gli imprenditori virtuosi che rischiano ed innovano. Ma altrettanto importanti sono gli strumenti di tipo negoziale come i contratti di programma e di localizzazione, opportunamente rivisti e semplificati, per favorire l'attrazione di investimenti di medio-grandi dimensioni, capaci da soli di fare da volano per il territorio.
Rimane il problema di correggere le distorsioni più evidenti che si sono andate producendo nel corso degli anni negli strumenti di tipo valutativo, a cominciare dalla legge 488: numero eccessivo di passaggi burocratici, oneri crescenti di istruttoria a carico delle imprese, numero dei soggetti coinvolti nel procedimento, centralità del “merito di credito” e non della validità tecnico-economica nella valutazione dei progetti. Le modifiche apportate in questi giorni alla legge 488 (e agli strumenti collegati, come i contratti di programma) con il decreto legge n. 81 in materia finanziaria, sembrano andare nella direzione giusta, anche se dubbi permangono sulla rapidità di introduzione delle semplificazioni annunciate.
La rapidità con la quale diventeranno operativi gli strumenti varati con l'ultima Finanziaria, (l'approvazione della carta degli aiuti da parte della Commissione europea è prevista entro il prossimo mese di settembre) e, soprattutto, l'impegno con il quale si lavorerà per rendere l'intero sistema agevolativo meno complesso e meno costoso saranno determinanti per rilanciare investimenti e occupazione nel Mezzogiorno, e rappresentano la pre-condizione per una significativa riduzione del carico fiscale sulle imprese.

(Tratto dal “Sole 24 Ore” del 1° agosto 2007)

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