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Inquinamento, la burocrazia
non ascolta le ragioni delle imprese
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Inquinamento, la burocrazia
non ascolta le ragioni delle imprese
Le procedure di caratterizzazione del rischio ambientale imposte dal Commissario di Governo colpiscono
in maniera generica le aziende e sono palesemente inique
Non resta che giocare un’ultima carta:
convocare un tavolo tecnico che consenta
la diretta interlocuzione con il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio
e del Mare
di Adele Manzella
Il contesto è quello che ben conosciamo, fatto dei piccoli e grandi problemi che caratterizzano il nostro Sud e che, tante volte menzionati, risultano obsoleti. Ma esistenti.
La storia di cui si parla stavolta ha origine nel 1998, quando la legge 426 identifica il Litorale Domizio-Flegreo e Agro aversano quale sito di interesse nazionale.
L'area perimetrata comprendeva il territorio di cinquantanove Comuni appartenenti alle province di Napoli e Caserta, ma oggi l'elenco si è notevolmente allungato: i decreti ministeriali si sono avvicendati e i Comuni sono diventati settantasei, di cui circa due terzi del casertano.
Un'area molto vasta in cui alla perimetrazione è seguita una sub-perimetrazione, condotta a scala di dettaglio, che ha evidenziato le aree sulle quali avviare le procedure di caratterizzazione.
I siti d'interesse nazionale (SIN) sono aree del territorio nazionale definite in relazione alle caratteristiche del sito, alle quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, all'impatto sull'ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico e di pregiudizio per i beni culturali ed ambientali. Differiscono dagli altri siti contaminati anche perché la loro procedura di bonifica è attribuita al Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, che può avvalersi anche dell'APAT, delle ARPAT e dell'ISS ed altri soggetti.
Ebbene i numeri non ci confortano: se partiamo dalle rilevazioni dell'APAT, l'agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente, braccio operativo del Ministero, sul totale del territorio nazionale (esclusa la Sardegna) la Campania è prima per aree contaminate. Ovvero il 43 per cento dei siti avvelenati in Italia è concentrato in Campania; in termini assoluti equivale a 1763 km quadrati.
163887 aree inquinate, intendendo per tali sia il terreno sia lo specchio d'acqua: una sentenza da brividi anche perché registra il primato, negativo!, anche su realtà come quelle dell'Ilva di Taranto e di Porto Marghera, il polo chimico alle porte di Venezia.
La classificazione come sito di interesse nazionale comporta che il Litorale suddetto risulta soggetto, nell'ambito del Programma Nazionale di Bonifica, alla caratterizzazione del suolo e delle acque di falda di propria competenza.
Già nell'estate del 2003 tutte le aree di proprietà pubblica o privata ricadenti all'interno del suo perimetro furono chiamate dal Sub Commissario di Governo regionale per le bonifiche ed i rifiuti ad osservare l'obbligo, in ottemperanza all'articolo 17 del Decreto Legislativo n. 22/97, di attuare quanto disposto dal D.M. n. 471/99 in merito (caratterizzazione, eventuale messa in sicurezza di emergenza, predisposizione dei progetti ed esecuzione dei relativi interventi di bonifica e ripristino ambientale).
E questo a carico delle imprese ivi localizzate, che nella maggior parte dei casi ereditavano situazioni di disagio ambientale pregresse.
Dopo una soluzione parziale (un questionario ambientale preliminare concertato con l'Unione Industriali di Napoli che sembrava accontentare ambo le parti coinvolte), ad agosto di quest'anno la notifica di attivazione a procedere ricompare sulle scrivanie degli imprenditori operanti nell'area industriale di Caserta, stavolta alla luce del Decreto Legislativo 152/06 e della nuova logica ad esso connessa (il superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione).
Confindustria Caserta ha approfondito l'argomento con gli iscritti in occasione di due seminari, il primo di taglio scientifico (supportato dalla Facoltà di Scienze Ambientali e dai professori Umberto Arena, Maria Laura Mastellone, Andrea Buondonno e Elio Coppola), il secondo a carattere normativo (argomentato dalla Facoltà di Studi politici e per l'Alta formazione europea e mediterranea “Jean Monnet” e dai docenti Domenico Amirante, Vincenzo Pepe e dall'avvocato Carmine Petteruti).
L'area di intervento è caratterizzata da una forte presenza di piccole e medie imprese cui la decisione presa da parte del Commissario di Governo competente per la Regione Campania, è parsa generica (lo stesso provvedimento è stato richiesto in maniera indifferenziata senza tenere in alcun conto i vari cicli produttivi delle singole attività) ed iniqua (viene configurata una responsabilità oggettiva e non soggettiva).
Anche Confindustria Campania, nello scorso maggio, è intervenuta presso il Ministero dell'Ambiente e il Commissariato di Governo per chiedere la sospensione dei provvedimenti in ragione di una serie di approfondimenti giuridici che non sembrano essere stati svolti; purtroppo entrambi gli Enti continuano a manifestare rigidezza e a chi subisce non resta che registrare un ulteriore onere a suo carico che non ha la possibilità di essere discusso nelle forme e nelle sedi opportune.
Non resta che giocare un'ultima carta, la convocazione di un tavolo tecnico che consenta la diretta interlocuzione con il Ministero e l'approfondimento in chiave critica della questione: è vero che “chi inquina paga”, ma è altrettanto vero che “non si può pretendere di colpire un delitto sopprimendo un diritto”. |