Deficit di libertÀ
in economia
Dall’isola azzurra, i Giovani Imprenditori
chiedono un nuovo patto fiscale
di Raffaella Venerando
Ultimo Capri per Montezemolo e Colaninno. L'edizione di quest'anno della convention dei Giovani Imprenditori svoltasi sull'isola azzurra è stata per entrambi, infatti, l'ultima del loro mandato confindustriale in qualità di Presidente nazionale il primo e di leader degli under 40 il secondo.
Una lieve nota nostalgica ha sotteso i loro discorsi, che senz’altro si faranno ricordare per la forza e l'importanza dei temi trattati.
Fisco, spesa pubblica, investimenti, ma anche Mezzogiorno, trasparenza e soprattutto libertà d'impresa.
Quello dello scorso ottobre non è stato di certo un appuntamento di resoconto, ma di prospettiva. Di denuncia, ma anche di ottimismo.
A dare il là ai lavori, come di consueto, è toccato a Matteo Colaninno che, tra i tanti argomenti affrontati, ha gridato forte un'emergenza del Paese: il bisogno di una riconciliazione fiscale.
«Nel 2006, gli italiani hanno pagato più di 60 tasse, tra imposte e tributi, destinando oltre 600 miliardi di euro alla fiscalità e alla previdenza pubblica» - ha esordito Colaninno. «È impressionante, in particolare, l'aumento delle tasse a livello locale: negli ultimi dieci anni le entrate fiscali di regioni, comuni e province sono aumentate di oltre il 110%, contro una crescita del pil del 20%. Secondo una recente indagine, più del 90% degli imprenditori valuta il sistema fiscale non chiaro, poco trasparente e dominato dall'incertezza. Il fisco italiano soffre di instabilità e incoerenza: il continuo mutamento delle scelte del legislatore - alcune accompagnate addirittura da effetti retroattivi - la complessità dei tributi, l'incredibile varietà di interpretazioni applicative hanno privato gli imprenditori italiani di certezze, stravolgendo i piani di investimento delle imprese, rendendo le scelte degli imprenditori ostaggio di variabili imprevedibili e impreviste».
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Come sempre ad animare il dibattito nel corso dei due giorni non sono stati solo gli imprenditori di Confindustria, giovani e non, ma anche tanti esponenti del mondo politico e istituzionale.
La tribuna politica d'onore, il giorno di apertura, è spettata al Presidente del Senato della Repubblica Franco Marini che ha invocato una maggiore e bipartisan sobrietà politica per un dialogo tra le parti più sereno.
Grandissimo interesse ha poi suscitato l'intervento di Massimo D'Alema, Vice Presidente del Consiglio dei Ministri e Ministro per gli Affari Esteri il quale ha accolto con entusiasmo la proposta di un “nuovo patto fiscale”, rassicurando gli imprenditori che la manovra finanziaria del Governo per il 2008 «non comporterà alcun aumento della pressione fiscale per le imprese, almeno per quelle che sono sempre state in regola con le tasse».
Il giorno successivo, in piena tradizione, dopo che sul palco si erano avvicendati tanti nomi tra cui Ferruccio de Bortoli, Direttore Il Sole 24 Ore; Francesco Greco, Sostituto Procuratore Repubblica Milano; Paolo Mieli, Direttore Corriere della Sera; Raffaele Bonanni, Segretario Generale CISL; Fulvio Conti, Amministratore Delegato ENEL; Giovanna Melandri, Ministro Politiche giovanili e Attività sportive e Bruno Tabacci, Deputato Unione Democratici Cristiani, l'ultima parola è spettata al Presidente Luca Cordero di Montezemolo.
Aspri i suoi toni quando ha richiamato che «l'italia, nonostante qualche progresso recente, continua a essere in fondo alle graduatorie che valutano le condizioni del fare impresa: siamo al 53esimo posto secondo l'ultima classifica della banca mondiale. Siamo caduti al 107° posto per la capacità di attrarre investimenti dall'estero. Riusciamo a intercettare solo una piccola percentuale dei flussi di investimento, che nel mondo sono diventati enormi grazie alla globalizzazione. In particolare sono risibili quelli destinati al nostro Mezzogiorno. Questo testimonia la grande capacità degli imprenditori italiani che riescono a operare dove sempre più spesso gli stranieri non vogliono venire a investire».
Le chiavi su cui insistere per liberare l'economia per Montezemolo sono poche e chiare: «Semplificare la burocrazia, moderne infrastrutture, ridurre i tempi di risposta della pubblica amministrazione e i tempi della giustizia, a cominciare da quella civile, solo così l'italia potrà sperare di ritornare un Paese competitivo».
In perfetta sintonia con il suo stile lungimirante, Montezemolo lancia uno strale contro chi sceglie l'immobilismo, ribadendo a chiare lettere che non sono certo gli imprenditori a preferire questa via: «Noi vogliamo cambiare un paese che così com'è, senza interventi profondi, appare condannato ad arretrare inesorabilmente nel confronto internazionale. È una prospettiva che non possiamo accettare, soprattutto se pensiamo ai grandi sforzi, e anche ai grandi risultati, delle molte aziende esposte alla concorrenza».
L'appuntamento è al prossimo anno, con l'augurio che dall'isola azzurra si possa finalmente parlare di sereno per la nostra Italia. |