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  Dicembre 2012

Articoli n° 1
gennaio/febbraio 2006
 

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Denuncia gravi irregolaritÀ
ex art. 2409 c.c.

Come funzionano le
societÀ miste

Come funzionano le
societÀ miste

Luigi D’ANGIOLELLA*

Il proliferare di tali società pone delle
perlessità su cui vale la pena riflettere

Sono tutte da verificare sul piano del diritto pubblico le conseguenze, sempre possibili, di uno stato di crisi della società mista

Le recenti polemiche che si sono avute in ordine allo spreco di denaro pubblico da parte degli Enti Locali e la conseguente, forte, riduzione di risorse che hanno subito Comuni e Province dalla ultima Legge Finanziaria, rendono attuale una riflessione sul sistema con cui, spesso, operano queste Istituzioni, con particolare riferimento alle cosiddette società miste. Queste ultime sono state introdotte dalla L. 142/90 e poi confermate dal Testo Unico sugli Enti Locali 267/2000, come una delle modalità per svolgere un servizio pubblico. Si tratta di società di capitali (a responsabilità limitata o per azioni) che possono essere a maggioranza pubblica o privata e seguono le regole del Codice Civile, agendo come vere e proprie imprese. La scelta del socio privato da parte dell'ente pubblico è svolta con una gara, anche se tale modalità, all'inizio (anni 1992-'93 sino al 2000), non era chiara e molte società miste sono nate con la scelta del socio privato senza alcuna evidenza pubblica, attraverso decisioni totalmente discrezionali. L'ente pubblico, una volta costituita la società mista, affida ad essa un servizio pubblico, generalmente in via diretta e senza gara. Tale procedimento - affidamento diretto del servizio alla società mista, percepito come braccio operativo dell'ente pubblico - è diventato una prassi seguita quasi sempre, più o meno avallata da norme incerte e da una giurisprudenza amministrativa non sempre coerente. Si tratta, però, di una prassi discutibile e di recente se ne è occupata anche la Corte di Giustizia Europea, criticandola fortemente per la mancanza di una idonea selezione trasparente.
Tutte le Regioni, le Province e anche moltissimi Comuni, grandi e piccoli, hanno una o più società miste, cui sono affidati servizi essenziali, quali la nettezza urbana, i cimiteri, la pubblica illuminazione, la gestione delle acque, la distribuzione di energia (specialmente gas), oltre che la gestione delle marine per alcuni Comuni costieri e l'attuazione del Piano regolatore, con le società di trasformazione urbana. Ancora, hanno istituito società miste anche i Consorzi di Comuni per la gestione dei rifiuti, le Province e le Comunità montane. Tale strumento ha certamente dei vantaggi perché vi è una indubbia capacità di velocizzare certe scelte decisionali, la possibilità di adoperare strumenti del diritto privato, anche sul piano contrattuale, con la possibilità per il pubblico di beneficiare del know how del privato in determinati settori.
Il proliferare di tali società, però, e la creazione di un apparato di potere ormai divenuto imponente, pone delle perplessità che devono far riflettere. Esse, infatti, rappresentano spesso una gestione del servizio pubblico senza il controllo che in genere deve salvaguardare certi settori. Succede così che le società miste sono diventate il paravento per assumere personale senza i vincoli della sfera pubblica, pur utilizzando risorse pubbliche. Tra l'altro, v'è un'evidente ipocrisia di fondo di questi soggetti, che intendono gestire un servizio secondo una logica solo di mercato, che, però, finisce per coinvolgere il pubblico se non si raggiunge il pareggio (vedasi il caso della nettezza urbana che, in molti Comuni che operano con società miste, è in crisi, perché gli utenti non pagano e il servizio viene svolto solo con il decisivo concorso finanziario del socio pubblico).
Tutto ciò crea un sistema quasi mai trasparente, e la politica finisce per utilizzare le società miste per superare i vincoli legislativi delle Pubbliche Amministrazioni, come nel caso, già riferito, delle assunzioni di personale.
Appare, dunque, non certo risolutivo contrarre le spese degli Enti Locali, come è accaduto con l'ultima Legge Finanziaria, senza prevedere un controllo più serrato su questi soggetti tecnicamente esterni alla contabilità degli Enti locali, ma di fatto su di essa incidenti in maniera decisiva. Quello che, però, maggiormente qui intendo sottolineare per una riflessione tra gli imprenditori è la mortificazione della concorrenza a tutto danno delle vere imprese. É evidente, infatti, che la società mista dell'Ente pubblico, cui è stato affidato direttamente un servizio esterno, toglie mercato all'imprenditore del settore; che le società miste sono quindi in una chiara situazione di vantaggio, avendo quale interlocutore l'ente che è loro socio e che ha interesse a favorirle sul territorio. Come se non bastasse, queste società miste vanno poi sul mercato anche al di fuori della competenza territoriale dell'Ente che le ha promosse, e beneficiano del fatturato svolto con l'Ente - socio in regime di monopolio - che a sua volta crea “curriculum” e le agevola nelle gare. Si tratta, dunque, di un mercato in cui alcuni soggetti ricevono una indebita situazione di vantaggio. Inoltre, sono tutte da verificare sul piano del diritto pubblico le conseguenze, sempre possibili, di uno stato di crisi della società mista.
Queste società dovrebbero fallire come le altre società di capitali. Ma le conseguenze sul piano del diritto pubblico? V'è un obbligo di ripianare i debiti per gli enti locali e per lo Stato? Se no, è evidente che avremmo situazioni di forte imbarazzo, specie per le società miste che operano nei servizi essenziali (acqua, energia). Se sì, è evidente, l'ulteriore disparità di trattamento rispetto alle imprese private. Si tratta di problemi, dunque, importanti, con questioni pratiche di grande rilevanza. Eppure, il tema è spesso utilizzato più per polemiche politiche di una parte contro l'altra che per una seria riflessione sul sistema, sul piano economico e giuridico.
Credo che sia giunto il momento, quindi, di sollevare tale questione, per far sì che in taluni settori dell'economia ove operano questi soggetti decisamente ibridi, venga meno questa situazione di indebita protezione, paradossalmente nascosta da strumenti che dovrebbero invece privilegiare il mercato e la concorrenza, come le società previste dal Codice Civile.

*Avvocato - studiodangiolella@tin.it

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