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  Dicembre 2012

Articoli n° 7
agosto/settembre 2006
 


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Alessandro Ortis

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Termini di impugnazione uguali per la banca e il cliente

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Termini di impugnazione uguali per la banca e il cliente

Gennaro STELLATO

La Cassazione stabilisce un criterio di equità nei rapporti banca-cliente

Si rafforza la necessità di relazioni improntate alla certezza tra istituti di credito ed utenti

Con una recentissima sentenza, la n. 12372 del 24/5/06, la Terza Sezione della Cassazione ha sancito un importante principio che, indubbiamente, rappresenta un ulteriore elemento chiarificatore nell'ambito dei complessi e spesso difficili rapporti banca-cliente. In sostanza la Corte ha stabilito un'importante serie di principi di diritto. In particolare ha precisato che: «nel rapporto di conto corrente bancario il termine di decadenza di sei mesi per l'impugnazione dell'estratto conto trasmesso ex art. 1832 c.c. opera anche per la banca, relativamente all'omessa registrazione di partite a credito per l'istituto, con la conseguenza che la banca decade dal diritto di far valere crediti che non risultano nell'estratto conto approvato».
Ancora, «nel contratto di conto corrente, la mancata impugnazione o l'approvazione dell'estratto conto non comportano l'incontestabilità del debito da esso risultante che sia fondato su negozio nullo, annullabile, inefficace, o, comunque, su situazione illecita, verifica, in concreto, se si sia o meno a fronte di una contestazione avente i detti requisiti è rimesso all'apprezzamento del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità, ove adeguatamente motivato».
La Suprema Corte ha, poi, sancito che «ove una sentenza si fondi su una pluralità di rationes decidendi, ognuna sufficiente ex se, sorreggerla, perché possa giungersi alla cassazione della stessa è indispensabile da un lato che il soccombente censuri tutte le riferite rationes, dall'altro che tali censure risultino tutte fondate. Deriva da quanto precede pertanto che rigettato (o dichiarato inammissibile) il motivo che investe una delle riferite argomentazioni, a sostegno della sentenza impugnata sono inammissibili per difetto di interesse, i restanti motivi, atteso che anche nella eventualità questi ultimi dovessero risultare fondati non per questo potrebbe mai giungersi alla cassazione della sentenza impugnata che rimarrebbe pur sempre ferma sulla base della ratio ritenuta corretta». Al di là delle strette enunciazioni di principio va evidenziato il fatto a monte della pronuncia della Suprema Corte. In sostanza un istituto di credito aveva richiesto con decreto ingiuntivo il pagamento di una somma ad una società in virtù di una fattura che la società stessa aveva passato per l'incasso. Successivamente il conto corrente era stato chiuso e la banca, verificato che la predetta fattura non era stata pagata aveva richiesto il decreto ingiuntivo. La società si era opposta alla richiesta di restituzione dell'importo ingiunto rilevando che ciò non era possibile a distanza di oltre due anni dal conferimento del mandato all'incasso della fattura e ad oltre un anno e mezzo dalla chiusura del conto. Dopo l'emissione della sentenza di primo grado e della Corte di appello la vertenza è giunta all'esame della Corte di Cassazione che ha confermato un principio che ormai sembra consolidato.
Il punto chiave della vicenda è costituito dall'art. 1832 del codice civile che testualmente recita «l'estratto conto trasmesso da un correntista all'altro s'intende approvato, se non è contestato nel termine pattuito o in quello usuale o altrimenti nel termine congruo secondo le circostanze. L'approvazione del conto non preclude il diritto di impugnarlo per errori di scritturazione o di calcolo, per omissioni o per duplicazioni. L'impugnazione deve essere proposta sotto pena di decadenza entro sei mesi dalla data di ricezione dell'estratto conto relativo alla liquidazione di chiusura, che deve essere spedito a mezzo di raccomandata».
La Corte nel confermare la sentenza ha quindi sancito, in definitiva, che, da un lato, nel conto corrente bancario il termine semestrale di decadenza, di cui al precitato art. 1832 c.c. comma 2, per l'impugnazione dell'estratto da parte del cliente opera anche per la banca che, pertanto, decorso tale termine, non può più far valere crediti per errore non inclusi nell'estratto. Dall'altro ha statuito che decorso il predetto termine semestrale possono sopravvivere, sia a favore del cliente che della banca, esclusivamente le azioni ordinarie volte a far dichiarare la invalidità o la inefficacia giuridica del titolo in base al quale è stata effettuata o si sarebbe dovuta effettuare una determinata annotazione. In definitiva la Corte ha sancito che nel caso specifico atteso che la banca, per sua esclusiva colpa, ha omesso di annotare l'operazione di mancato incasso della fattura insoluta, avrebbe dovuto nel termine di sei mesi provvedere ad impugnare l'estratto conto in cui l'operazione non risultava annotata.
Poiché la mancata annotazione non rientra nelle ipotesi di azioni ordinarie, ne consegue che la banca non può più richiedere il pagamento della somma di cui alla operazione non annotata. Trattasi di un principio di equità che pone banca e cliente sullo stesso piano e, al di là dell'aspetto formale, conferma un elemento importante nello sviluppo sempre tormentato del rapporto utente-istituto bancario costituito da una certezza della definitività. Ponendo dei paletti si danno conferme importanti nel contesto di chiarezza e reciprocità di diritti e doveri. Si rimette inoltre al ceto bancario la palla rovente costituita dal principio di non far ricadere sempre e comunque sul cliente i propri errori anche a distanza di anni.
In tal modo si tende a rendere credibile tutto il sistema, anche se la circostanza che tutto questo continui a derivare da interventi giurisprudenziali e non da un processo interno al mondo bancario evidenzia ancora una volta l'esistenza di forti resistenze all'innovazione e, in modo particolare, alla chiarezza.
Il giorno in cui la Cassazione non si occuperà più di questioni di principio afferenti i rapporti bancari sarà un giorno importante perché, forse, vi sarà la definitiva presa di coscienza, da parte degli istituti di credito, della necessità di dare e ricevere certezze.

*Avvocato - studiostellato@tiscalinet.it

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