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  Dicembre 2012

Articoli n° 7
agosto/settembre 2006
 


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Alessandro Ortis

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UNIONE INDUSTRIALI
Lettieri: «Napoli sia motore
europeo del Mediterraneo»

É il momento della svolta. Il Presidente dell’Unione partenopea chiede alle Istituzioni di dare
attuazione ai progetti di sviluppo della città

Unione Industriali di Napoli

Pubblichiamo di seguito il testo della Relazione del Presidente Giovanni Lettieri svolta all'Assemblea Pubblica dell'Unione Industriali di Napoli lo scorso 7 luglio.

«Abbiamo voluto innovare i lavori della nostra Assise per dare maggiore risalto a Napoli, alle sue prospettive, alle sue indiscusse potenzialità di metropoli protagonista della crescita dell'intero Mezzogiorno e guida della missione europea nel Mediterraneo. Parliamo di Napoli, ma è evidente che questo nostro modo di porci è esteso a tutte le realtà della provincia. Anzi uno dei nostri obiettivi è di contestualizzare le soluzioni. Alla mia relazione seguirà una Tavola rotonda. Interverranno eminenti Interlocutori, ai quali rivolgo un particolare saluto e il ringraziamento non rituale, anche per l'entusiasmo col quale hanno accolto il nostro invito. Concluderà i lavori il Presidente Montezemolo, riferimento attivo ed incitante di un lavoro associativo per la città e per l'intero territorio.
Napoli tra criticità e visione
La chiusura di molti stabilimenti, realizzati nel secondo dopoguerra, i processi di smaterializzazione dell'economia e i vuoti creati sono stati occasioni storiche per rilanciare il ruolo delle città.
L'epoca post-fordista, insomma, è stata ed è la grande opportunità colta da tante realtà metropolitane. Da noi tutto questo non è ancora avvenuto: restano i vuoti, spesso aree degradate, e il sentiero della crescita è solo immaginato.
Moderne analisi assegnano a Napoli un alto indice di creatività, ma non si è ancora in grado di valorizzare questa dotazione per mancanza di concretezza.
Napoli vive ancora una contraddizione: è nelle condizioni di imprimere velocità ad un'effettiva trasformazione, ma non riesce pienamente a decollare. Nella sua gente permane la capacità di conoscenza; è una città dalla naturale molteplicità culturale; è la capitale della scienza nel Mezzogiorno; ha nel mare una risorsa, nei saperi accumulati e in quelli aggregati punti di forza inossidabili. Si è dotata di un Piano Regolatore che indica le direttrici dell'urbanistica, in una visione metropolitana dello sviluppo.
Ha una progettualità che riguarda i punti nevralgici, da Bagnoli all'estrema punta orientale.

Manca ancora una spinta decisiva, energica, costante, che dia forte il senso del cambiamento.
Ed in questo il tempo non è una variabile indipendente. La decisione di creare uno stabilimento siderurgico a Bagnoli fu presa nel 1905. Per renderla praticabile, però, occorreva energia elettrica.
Si decise allora di costruire la centrale elettrica del Volturno. Nel 1909, in soli quattro anni, l'impianto entrò in funzione.
La delocalizzazione del polo siderurgico è stata prevista nel Piano Comunale del 1964. Ad oggi la nuova Bagnoli non è stata ancora realizzata. Bisogna ridare slancio al suo progetto. I programmi che riguardano quest'area vanno sostenuti da maggiori contenuti economici, collegati alla più consistente e qualificante presenza di imprese turistiche e del tempo libero.
La stessa Napoli Est è una missione possibile, come titola un bel "Quaderno" ad essa dedicato dal nostro Centro Studi.
É forte l'urgenza di riqualificare quell'area e realizzare una zona franca per attività d'impresa ad alto contenuto tecnologico. C'è l'impegno delle aziende petrolifere a rientrare in superfici meno assorbenti, per un graduale recupero dell'area. Insistiamo su Bagnoli, Napoli Est, sull'indifferibile esigenza di riqualificare il centro storico, perché sono questioni emblematiche per la rinascita della città. Napoli Est e Bagnoli, per limitarci a due esempi, possono generare investimenti privati per cinque miliardi di euro, con un rilevante impatto sull'occupazione e sul Pil provinciale.
Ma non solo. Da Scampia al completamento dell'Alta Velocità, con la stazione di Afragola, sono diversi e tutti importanti i campi d'impegno per progettare la nuova Napoli. Il completamento della Metropolitana di Napoli, uno dei pochi indici positivi emersi dal confronto con le altre città, deve essere effettuato nei termini previsti.
Non lasciamo lavori a metà, come si è soliti fare. In generale l'idea di una città policentrica ci persuade, perchè dà il giusto risalto al centro storico come alle periferie. Tutti questi interventi hanno bisogno, però, di una tempistica certa. É necessario portare a Napoli grandi eventi per far decollare la città.
Spesso mi chiedo, se dovessimo rimetterci in discussione per la America's Cup, quali proposte potremmo avanzare, cosa è cambiato rispetto al primo confronto con il team di Bertarelli.
Non vogliamo correre il rischio di subire, tra due anni, sopralluoghi mortificanti perché nulla è mutato.
Oggi non ci sono più attenuanti. Ben vengano i poteri straordinari richiesti dal Sindaco. Siamo convinti, altresì, che una legge obiettivo sulle città potrà consentire la rimozione degli ostacoli costituiti da una farraginosa normativa, che non assicura risultati, pur in presenza di progetti deliberati.
Proprio per dare spinta ai progetti di riqualificazione, ribadiamo che va modificata la normativa regionale sulle STU (Società di trasformazione urbana), che prevede, forse unico caso in Italia, una partecipazione azionaria a maggioranza pubblica.
sIl nuovo Piano regolatore propone un'idea condivisa della città. Adesso bisogna saperlo realizzare, cogliendo tutte le possibilità, anche quelle che richiedono deroghe.
Urge fare leva sul rapporto tra pubblico e privato, elemento cardine di una moderna via dello sviluppo. C'è chi, come il Censis, ha paragonato i 103 capoluoghi di provincia italiani a dei volatili, classificando il capoluogo partenopeo tra le "anatre", all'ultimo scalino di una graduatoria del benessere diffuso, che vede ai vertici le "aquile".
Nonostante le analisi, a volte spietate, c'è un interesse alto per quanto avviene a Napoli. Una recente indagine - Bocconi e Fondazione Accenture - pone Napoli al quarto posto, dopo Milano, Roma e Torino, tra le città italiane più attrattive. Per Milano, Torino e Roma gli investimenti avvengono, per noi l'attitudine ad attrarli è solo virtuale.
La consultazione elettorale amministrativa ha dato proiezione quinquennale al governo della città.
Il Sindaco, oggi, ha davanti a sé una sfida non eludibile, per la quale è stato chiaro e forte il mandato degli elettori.
Può imprimere quella svolta da tempo attesa.
Abbiamo proposto un'Intesa per la città, condividendone i contenuti con l'Associazione dei Costruttori. Dobbiamo dare atto al Sindaco Iervolino, che ringraziamo, di averne condiviso i contenuti.Chiediamo ora alla Giunta, all'intero Consiglio Comunale, di assecondare le necessarie scelte coraggiose. Napoli deve essere "motore europeo" nel Mediterraneo. Lo dobbiamo alla città.
Lo dobbiamo all'intero Mezzogiorno.
Avremo dalla nostra, nei prossimi anni, una politica di coesione dell'Unione Europea concentrata sulle città e sulla loro interconnessione. Poniamo Napoli nelle condizioni di utilizzare appieno il quadro comunitario di sostegno 2007-2013. Occorre contestualmente procedere sia per assicurare la necessaria ed efficace attività amministrativa ordinaria sia per realizzare i grandi progetti di sviluppo urbano.
Non serve la politica dei due tempi, ma vogliamo da subito essere una città normale.
La sicurezza e la legalità innanzitutto, il decoro e la manutenzione delle strade, la cura della vivibilità quotidiana, devono essere garantiti con interventi contemporanei su tutta la città.
Vorremmo trasformati i punti critici in momenti di forza del territorio.
Va in questo senso anche la proposta di installare a Napoli un termovalorizzatore. Dobbiamo saper abbattere diffidenze insostenibili.
Napoli deve essere un esempio sia per la Campania sia per il Mezzogiorno. Dobbiamo risolvere in primis, da attori, questo annoso problema. A Trieste, il termovalorizzatore è ubicato praticamente sul mare; a Padova, quasi al centro della città; a Bergamo, a due km dal centro storico; a Bolzano, al centro delle coltivazioni Marlene; a Barcellona, in una piazza del centro.
Dobbiamo, altresì, conferire alla gestione dei servizi pubblici locali la necessaria economicità. É fondamentale porre con decisione le utilities quale volano di sviluppo, liberarle da un imperversante ideologismo che di fatto favorisce il mantenimento dello status quo, con risultati economici negativi e inefficienza dei servizi.
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Applichiamo da subito a Napoli la normativa che rende naturale la procedura di gara pubblica, anziché l'affidamento in house dei servizi.
Sono improcrastinabili le riforme della macchina amministrativa comunale: meno burocrazia.
Il Piano strategico della città, proposto quale strumento di raccordo e di concertazione, avrà il nostro convinto sostegno. Se saprà però fissare obiettivi e tempi di realizzazione; se porrà in stretta relazione la governance, che richiede il consenso, ed il governo cui spettano rapide decisioni.
Napoli e la classe dirigente
L'elezione del Senatore Giorgio Napolitano alla Presidenza della Repubblica; la nomina del Professor Luigi Nicolais a Ministro delle Riforme e Innovazione nella Pubblica Amministrazione; l'unanime consenso al Rettore Guido Trombetti, eletto presidente della Conferenza nazionale dei Rettori, avvenimenti quasi contemporanei, e le altre posizioni apicali pubbliche e private, ricoperte da napoletani, sono la conferma di quanto forti siano la tradizione e l'innovazione culturale nella nostra città.
Al Presidente Giorgio Napolitano esprimiamo gratitudine per l'attenzione che ha voluto riservare alle nostre proposte nell'incontro tenutosi nel corso della Sua recente visita a Napoli.
La classe dirigente locale deve assumersi le sue responsabilità.
Il Consiglio Comunale si deve impegnare a dare un impulso determinante agli indirizzi di governo. Non c'è più spazio per sedute di Consiglio deserte. I problemi della città devono mobilitare l'intero sistema.
La città e la sua imprenditoria
Le nuove frontiere si raggiungono se, lungo il percorso, ognuno sa apportare le proprie dotazioni e le proprie qualità. Spesso l'Unione degli Industriali di Napoli ha indicato percorsi; a volte, ha guidato processi reali di trasformazione. Il lavoro dell'attuale gruppo dirigente, fortemente coeso, si richiama all'attiva partecipazione.
Mi piace ricordare che il primo Piano regolatore della città, quello di Piccinato del 1939, fu curato dall'Unione Industriali e dalla Fondazione Politecnica del Mezzogiorno, ambedue presiedute dall'indimenticabile Giuseppe Cenzato. Su questo storico senso di partecipazione abbiamo tracciato l'attuale nostro cammino, elaborando continue proposte per la città.
Con la riforma dello Statuto abbiamo ampliato la guida collegiale della nostra associazione. Più di 200 piccole e medie imprese hanno aderito nell'ultimo anno. Ad iscriversi sono state anche Istituzioni e realtà imprenditoriali di grande rilievo. Forti anche di questa rappresentanza, abbiamo creato condizioni per più spiccate strategie di integrazione tra il sistema produttivo, la sempre più qualificata logistica campana, le vie del mare.
Il sistema economico locale è caratterizzato da molte imprese manifatturiere d'eccellenza e da un terziario di elevata qualificazione, ma noi imprenditori non dobbiamo pensare che i problemi sussistono solo oltre le mura aziendali a causa di un contesto limitante.
Anche se, è giusto ribadirlo, la competizione è sì per singole imprese, ma nell'economia globale sono i sistemi territoriali ad avere rilevanza. E la rilevanza del sistema metropolitano napoletano non è ancora adeguata.
Al Sindaco voglio ribadire un'importante proposta del nostro piano: la costituzione di uno Sportello o Authority che dialoghi con le grandi imprese presenti sul territorio registrandone le esigenze, individuando soluzioni immediate e praticabili e, per tale via, fidelizzandole. Un impegno non gravoso ma di grande impatto. A nostra volta, nei nuovi coinvolgenti ambiti d'impegno dell'Unione di Napoli collochiamo la nostra iniziativa per la costituzione di una holding di partecipazione. É uno strumento per catalizzare processi positivi di aggregazione imprenditoriale e finanziaria (una parte del capitale è riservato alle banche); per dare risposte all'esigenza di partnership strategiche; per partecipare alle strategie di crescita del territorio e per essere sempre più attori dello sviluppo.
L'intervenuta intesa tra l'Unione degli Industriali di Torino e quella di Napoli stabilisce un rapporto ravvicinato tra Napoli e una realtà industriale che ha saputo realizzare, negli ultimi anni, processi di riposizionamento del proprio sistema economico. Senza smentire la sua vocazione (il contributo al Pil dell'automotive e dei servizi connessi a Torino è pari al 26%) e sapendo proiettarsi su grandi eventi quali le Olimpiadi, che hanno assicurato un'ulteriore spinta.
L'industria nei processi di crescita di Napoli e del Mezzogiorno è fondamentale. Con l'Assemblea generale di Federmeccanica svoltasi per la prima volta a Napoli, nello scorso maggio, ne abbiamo voluto rimarcare l'importanza. L'imprenditoria napoletana è pronta ad accogliere la sfida di realizzare a Napoli grandi eventi di rilevanza internazionale.
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La politica regionale
Il Presidente della Confindustria regionale, Cristiana Coppola, ha espresso ufficialmente le valutazioni del sistema imprenditoriale associato sulle linee tracciate dal Documento Regionale per la Politica di Coesione 2007-2013. La visione della Campania quale piattaforma logistica del Mediterraneo rispecchia il ruolo e la vocazione regionale nell'economia mondiale.
Dovrà essere sostenuta da azioni per l'ulteriore sviluppo delle vie del mare e dei porti, dalle grandi arterie di comunicazione terrestre, i corridoi 1 e 8, e dalla rapida, efficiente rete ferroviaria interna e di collegamento tra i porti dei due mari.
Un altro impegno dei prossimi anni dovrà essere il completamento del percorso Tav fino a Bari. In questo modo, con solo sessanta minuti di distanza tra Napoli e Roma, possiamo porre le basi per una sorta di grande area metropolitana e possiamo assicurare, grazie a un collegamento finalmente moderno tra Napoli e Bari, tempi europei di raccordo tra le due sponde meridionali del Tirreno e dell'Adriatico.
Il turismo, le università e i centri di ricerca saranno gli assi dello sviluppo integrato regionale.
Attenzione però: le azioni del Piano 2007-2013, se non accompagnate dall'incremento del tasso di imprenditorialità diffusa e dall'innalzamento delle eccellenze industriali, anziché incidere strutturalmente sullo sviluppo, si risolveranno in interventi momentanei.
Per la politica industriale della Regione, il sostegno agli investimenti e all'occupazione mediante il credito di imposta e l'Accordo di programma vanno nel senso da noi auspicato. Solleciteremo l'adozione di altre misure quali la vivibilità e la valorizzazione delle aree industriali.
La Regione Campania ha le potenzialità per guidare processi che riguardino l'intero Mezzogiorno.
É una leadership confermata dai dati dall'indagine Svimez, di cui, ricordo, siamo entrati a far parte come Unione degli Industriali.
Nello scenario regionale avvertiamo però il rischio di scelte non compiute. La spesa sanitaria regionale è stata sanzionata dal Ministro Padoa Schioppa.
Manifestiamo il nostro profondo dissenso per l'aumento delle addizionali regionali, perché vanifica in parte l'auspicata fiscalità di vantaggio e l'abbattimento del cuneo fiscale, speriamo imminenti.
Il Presidente del Consiglio ha detto che non può chiudere gli ospedali per evitare di combattere l'evasione fiscale. Noi imprenditori non possiamo chiudere le fabbriche per finanziare un sistema inefficiente.
C'è da chiedersi quale futuro si intenda assegnare alle imprese campane, se si continua a gravarle di oneri impropri, mentre perdura l'assenza di meccanismi di compensazione per il veto europeo.
Al Sindacato vogliamo dire che, se oggi è toccato alle imprese in concomitanza con l'acconto Irap, tra sei mesi toccherà ai cittadini con l'Irpef. Quando la spesa sanitaria cresce nettamente più del Pil regionale, è l'intero sistema che deve essere rivisto. Questo chiama in causa il governo regionale, la gestione delle Aziende sanitarie e ospedaliere.
Vogliamo capire fino in fondo i meccanismi di spesa del sistema sanitario, perché la sua inefficienza penalizza le nostre imprese. Proponiamo la costituzione di un tavolo a livello regionale, assicurando una nostra qualificata partecipazione. In ogni caso, come Confindustria Campania dobbiamo seguire autonomamente questo percorso.
Dal Consiglio regionale attendiamo il serrato controllo della spesa sanitaria ed ampie convergenze anche su altri punti nevralgici della politica di programmazione, di bilancio e di riforma dell'apparato burocratico regionale.
Non è una novità, ma oramai le Regioni e gli Enti locali sono i punti nevralgici di spesa: a loro fa capo oltre il 40% della spesa per redditi da lavoro della Pubblica amministrazione e quasi l'80 per cento degli investimenti pubblici.
Il Mezzogiorno nel sistema nazionale
La Confindustria nel suo programma biennale ha indicato gli interventi per la maggiore competitività del sistema economico. Tra le priorità c'è il Sud. Tra pochi giorni dovrebbe essere riformulata l'intesa sul Mezzogiorno. Le indicazioni confindustriali sono condivise dall'intera imprenditoria da Nord a Sud. Un risultato che il nostro sistema associativo pone al servizio del Paese. La relazione del Presidente Montezemolo all'Assemblea annuale del 25 maggio scorso ha dato forte il senso delle scelte coraggiose che gli imprenditori chiedono al Governo.
Il quadro di riferimento si è arricchito ulteriormente con le considerazioni del Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi.
Ne condividiamo l'analisi e le linee tracciate, anche quando impegna gli Imprenditori. Siamo anche noi fortemente interessati ad eliminare costi inopportuni di gestione dei progetti e rischi di usi impropri degli incentivi.
Siamo altresì convinti dei pericoli insiti nel riformulato meccanismo degli incentivi della legge 488/92.
Per questo in Campania, con convinzione, abbiamo sostenuto l'adozione di un sistema di incentivi basato sul credito d'imposta.
Vorremmo che questa nostra convinta apertura a tutte le riforme, anche sui temi che direttamente ci riguardano, proceda di pari passo con la concreta affermazione dell'impresa, quale motore fondamentale della crescita.
L'indice di competitività elaborato annualmente dalla IMD di Losanna vede l'Italia in arretramento dalla 53° posizione del 2004 alla 56° del 2005. É peggiorata soprattutto l'efficienza di governo, precipitata al 60° posto. Con il Dpef il Governo deve perseguire il risanamento dei conti pubblici e rilanciare la crescita. Noi diciamo risanamento, crescita, ma anche coesione economica. Le capacità economica del Centro-Nord deve completarsi con le potenzialità di sviluppo dell'area meridionale.
Non c'è una questione settentrionale che si contrappone alla storica questione meridionale. C'è una sola questione: la competitività del sistema economico nazionale. L'Italia cresce di più, se può contare sulla spinta della crescita del Mezzogiorno.
Una congiuntura favorevole è in atto, sostenuta dai buoni indici della produzione industriale. Il fabbisogno di crescita immediato, rideterminato dal Ministro dell'Economia, è nell'ordine del 2% del Pil annuo. Va necessariamente rafforzato rispetto all'attuale andamento, stimato su base annua tra l'1,2% e l'1,5%. L'economia italiana è trainata da quella europea e mondiale. Deve diventare, invece, protagonista della crescita. Questo obiettivo è raggiungibile soltanto se si punta sul Mezzogiorno. Dopo un decennio in cui il divario Nord-Sud si era ridotto del 4,6%, nell'ultimo biennio questo recupero si è arrestato.
É fondamentale attuare nel Mezzogiorno la fiscalità di vantaggio, meglio detta compensativa, e puntare sulle grandi infrastrutture. Gli effetti della fiscalità di vantaggio saranno immediati nell'ampliamento della base impositiva per la crescita dell'economia reale e la riduzione di quella sommersa. Servono quindi scelte coraggiose del Governo nazionale e un interlocutore unico per il Mezzogiorno.
Il ruolo della contrattazione
C'è poi il nostro ruolo.
Le Associazioni imprenditoriali e dei Sindacati dei lavoratori del Meridione devono essere più incisive sulla riforma della contrattazione. Il tasso di occupazione è fermo nel Mezzogiorno al 46,1%, 18 punti in meno rispetto al Nord.
I nostri sono valori troppo distanti dagli "obiettivi di Lisbona" e anche la riformata contrattazione nazionale deve saper prendersi carico di questi obiettivi. Dobbiamo drasticamente ridurre il lavoro irregolare, pari a circa il 23%. Voglio riaffermare qui un concetto già altre volte ribadito: per noi imprenditori flessibilità è un qualcosa di profondamente diverso dalla precarietà.
Dobbiamo far cadere diffidenze che pesano. Sono risultati raggiungibili se si procede convinti nell'attuazione di quel metodo concertativo che stiamo sperimentando anche a livello locale con i vertici sindacali, con cui prosegue un rapporto di fattiva collaborazione, e che ci ha già permesso di individuare numerosi punti di convergenza nell'interlocuzione con chi governa il territorio.
Sistema produttivo e sistema finanziario
Le imprese campane e meridionali hanno temuto, è vero, l'esame di Basilea 2, ma ne sono uscite rafforzate, adeguandosi ai nuovi criteri di valutazione. L'impegno, oggi, è quello di un rapporto ancora più aperto e trasparente, che annulli completamente il differenziale di costo e di rischio tra le diverse aree del Paese.
Continueremo a ricercare con i dirigenti degli Istituti di credito intese e strumenti appropriati per una finanza al servizio dello sviluppo. Autorità, gentili Ospiti, Imprenditrici e Imprenditori, volevo trasmettere a quest'Assemblea il senso dell'impegno, la visione, alcune delle proposte da noi avanzate. L'attività associativa, richiamata qui solo per alcuni punti, mi piace sottolinearlo, vede impegnati i Vice Presidenti, i Presidenti delle sezioni, i Componenti degli Organi collegiali e la struttura professionale dell'Unione nella sua interezza.Viviamo forte il disagio che lo sforzo, l'impegno che ogni giorno profondiamo per la risoluzione dei problemi non trova riscontro in passi in avanti concreti, all'altezza delle nostre aspettative.
Alla politica chiediamo di essere alta. Al Governo della città di imprimere una svolta. Alla Regione Campania di non annullare sotto il peso della spesa sanitaria e della spesa pubblica le potenzialità di sviluppo.
Sindaco Iervolino, Presidente Bassolino, con questo prossimo quinquennio saranno quasi vent'anni di governo di centro sinistra della città. Sono stati fatti passi in avanti, è vero, ma è un tempo sufficiente per cambiare radicalmente le cose. Non ricordo questo per individuare responsabili o responsabilità, perché nessuno ne è esente, neanche gli imprenditori.
Lo dico per rafforzare l'idea che è giunto il momento della svolta.
Noi, le nostre aziende, le grandi università, i centri di eccellenza ci sentiamo delle aquile. Pensiamo di avere ambizioni e capacità di volare alto. Non vorremmo però fare la fine dell'aquila di un noto romanzo che, vivendo a lungo tra le anatre, finisce con credersi anch'essa anatra.
A volte siamo stati considerati troppo vicini al governo della città. Invece, siamo equidistanti, però sentiamo forte il senso della partecipazione per la risoluzione dei problemi. Un anno fa abbiamo presentato uno studio di bechmarking tra Napoli e le principali città europee. Quest'anno abbiamo chiesto un confronto con i sindaci di alcune città italiane che presentano le migliori performance. Il tempo stringe, e ogni 6 mesi organizzeremo un evento per valutare i passi in avanti compiuti, ma anche per spronare, proporre, condividere. Nel momento in cui chiediamo, però, siatene certi, siamo pronti ad assumerci le nostre responsabilità».

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