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  Dicembre 2012

Articoli n° 7
agosto/settembre 2006
 


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Alessandro Ortis

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Imprese e certificati antimafia: un sistema da ricalibrare?

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Imprese e certificati antimafia: un sistema da ricalibrare?

k Luigi D'ANGIOLELLA

Proviamo a fare il punto su alcuni meccanismi legislativi distorti e controversi

A mio avviso va fermata la “stortura” delle informative atipiche, per evitare che il Sud diventi un “deserto”

Sono anni, ormai, che il sistema degli appalti pubblici prevede la variabile scivolosa che è la disciplina antimafia.
Si tratta di provvedimenti che spesso incidono sulla posizione di imprese vincitrici di gare, che poi si vedono revocato l'appalto perché magari la media è stata calcolata sull'offerta di un'altra impresa, in seguito esclusa per inidonea certificazione antimafia.
Sono molte le imprese, poi, che lavorano da anni e che si sono trovate a dover gestire situazioni incresciose, in base al mancato rilascio di certificato antimafia per fatti successivamente rivelatisi inconsistenti.
Con ciò non si vogliono nascondere i grandi meriti di una politica legislativa, nata nei primi anni '90 dopo le drammatiche uccisioni dei Giudici Falcone e Borsellino, e che ha visto crescere i risultati contro la criminalità organizzata, una politica che ha sicuramente tolto dal mercato molte imprese sospette di collusione.
Quel che è certo, però, è che il meccanismo che trova il suo fondamento normativo nel D.Lgs. 490/94 e nel successivo D.P.R. 252/98 risulta spesso di non facile applicazione, e la situazione si è definitivamente complicata con l'applicazione giurisprudenziale di tali meccanismi legislativi.
Ed infatti, la giurisprudenza ha definitivamente chiarito (da ultimo, Consiglio di Stato, Sezione VI, 5.6.2006) i diversi tipi di informativa antimafia.
La norma prevede due tipi di informative cosiddette interdittive, che impediscono la contrattazione: informazione prefettizia che comunica la sussistenza a carico dei soggetti responsabili dell'impresa ovvero dei soggetti familiari, anche di fatto, conviventi nel territorio dello Stato, delle cause di divieto o sospensione dei procedimenti indicate nell'allegato 1 (vale a dire le cause di divieto, sospensione, decadenza, previste dall'art. 10, L. 31 maggio 1965, n. 575); informazione prefettizia da cui risultino eventuali "tentativi" di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte o gli indirizzi delle società o imprese interessate. Su tali interdittive, generalmente, le imprese vengono escluse e il rimedio del TAR trova forti ostacoli per una giurisprudenza sfavorevole.
La prassi dell'Amministrazione, sostenuta dall'elaborazione giurisprudenziale, conosce, però, un terzo tipo di informativa, la cosiddetta informativa supplementare "atipica", fondata sull'accertamento di elementi, i quali, pur denotando il pericolo di collegamenti tra l'impresa e la criminalità organizzata, non raggiungono la soglia di gravità prevista dall'art. 4, D.Lgs. n. 490/1994, vuoi perché carenti di alcuni requisiti soggettivi o oggettivi pertinenti alle cause di divieto o sospensione, vuoi perché non integranti del tutto il tentativo di infiltrazione mafiosa.
La stessa è priva di efficacia interdittiva automatica, ma consente l'attivazione di poteri discrezionali di ritiro del contratto da parte della stazione appaltante (Consiglio di Stato, V, 24 ottobre 2000, n. 5710; Consiglio di Stato, IV, 1° marzo 2001, n. 1148; Consiglio di Stato, VI, 14 gennaio 2002, n. 149).
Tale potere-dovere di informativa supplementare da parte del Prefetto nei confronti delle stazioni appaltanti trova il suo fondamento nell'art. 1 septies, D.L. 6 settembre 1982, conv. nella L. 12 ottobre 1982, n. 726, a tenore del quale l'alto commissario antimafia (le cui competenze sono state nelle more devolute ai Prefetti) può «comunicare alle Autorità competenti il rilascio di licenze, autorizzazioni, concessioni (…) per lo svolgimento di attività economiche (…) elementi di fatto ed altre indicazioni utili alla valutazione, nell'ambito della discrezionalità ammessa dalla legge, dei requisiti soggettivi richiesti (…)».
Ed è questo tipo di atto atipico che, a mio avviso, produce le maggiori distorsioni al sistema, su cui è il caso di riflettere. Ed infatti, a fronte di una informativa prefettizia che espressamente afferma l'inesistenza di motivi ostativi a contrarre, ma fornisce "notizie" spesso di scarsa o nessuna rilevanza affinché l'Amministrazione appaltante possa esprimere le sue valutazioni "discrezionali", è difficile - se non impossibile - che il funzionario addetto decida di non tener conto di quelle informazioni trattenendo l'impresa nell'appalto.
Giocano anche fattori extragiuridici: se un Prefetto, sulla base di informazioni a seguito di indagini, invita un'Amministrazione ad esprimere le sue valutazioni, quali ulteriori elementi potrebbero essere acquisiti senza poteri di polizia dalla stazione appaltante? Ed allora, ci si adagia su quanto riferito dal Prefetto perchè così si è più tranquilli.
Il vero coraggio sarebbe talvolta quello di ritenere le informative trasmesse ininfluenti, ma il coraggio non è un sentimento comune, né, in verità, richiesto ai pubblici funzionari. E così si hanno conseguenze al limite del paradosso, con la Prefettura che dice che non sussistono sufficienti elementi, e l'Amministrazione che, sulla base di queste notizie, esclude e "marchia" l'impresa comunque come "mafiosa" o sospetta, al di là delle definizioni formali.
Quel che è peggio è che molti Giudici amministrativi avallano tale provvedimento ritenendo che la Pubblica Amministrazione ha un generale potere di revoca dell'appalto, spesso discrezionale, non entrando nel merito delle informative atipiche.
Un continuo lavarsene le mani, dunque, tra Prefettura, stazione appaltante e Giudici, i quali tutti insieme dichiarano che l'impresa non è mafiosa, ma poi sempre tutti insieme contribuiscono a distruggerla.
La stortura delle informative atipiche va a mio avviso fermata, per evitare che il Sud diventi un deserto, ove le grandi aziende del Nord sono le sole a partecipare alle gare, a vincerle, per poi magari affidare subappalti ad imprese che sarebbero veramente sospette, ma che si sono organizzate da tempo per sfuggire ai controlli delle Autorità o che impongono subappalti sotto la soglia dei trecentomila euro, per i quali non sono richieste informative prefettizie.

Avvocato studiodangiolella@tin.it

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