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  Dicembre 2012

Articoli n° 7
agosto/settembre 2006
 


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LE MANI E IL FUOCO

di Raffaella VENERANDO


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Rufoli di Ogliara, un paesino del salernitano aggrappato a una collina e trascinato dalla vista sul mare. A vederlo si direbbe un angolo di mondo, piccolo e agreste. Più da vicino, in modo lieve, la sua gente racconta che mischiato a questa terra, a questo vento, a questa luce ed al fuoco, c'è un segreto senza tempo diventato tradizione: il cotto.
Custodi e verbo della memoria storica e artistica del luogo, Luigi, Tommaso, Antonio e Carlo De Martino sanno fare impresa con una fortuna povera: la natura offre loro l'argilla, l'acqua e la legna per la fornace, chiedendo in cambio che l'ingegno umano misceli, fonda insieme questi elementi e crei. Con sapienza. Come una vera alchimia.
Quella dei De Martino non è una fabbrica. È un piccolo borgo di opifici dove ogni cosa ha il suo posto, in un ordine che appartiene molto alla natura e poco all'uomo. Qui i maestri del cotto, con i loro artigiani, seguono le tracce di un rituale millenario. Creano mattonelle formate e rifilate a mano, essiccate al sole e poi cotte con le fascine di legna in fornaci vecchie più di cinquecento anni, costruite con bocche per l'ossigeno che però "spezzano" il vento perché nulla, neanche la natura con la sua forza, possa guastare l'opera. Ciascuna "riggiola", irripetibile nella foggia e nel suo colore di fiamma, viene plasmata e lavorata con gli stessi ferri del mestiere che Diderot e D'Alembert descrivono nella loro Enciclopedia di fine '700 per diventare poi un manufatto uguale solo a se stesso.
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E come se qui il tempo frenetico degli uomini si fosse fermato, avesse cessato di esistere, lasciando il passo al corso della natura che, con le sue leggi, scandisce le fasi e la storia dell'antica arte della lavorazione dell'argilla. La grigia argilla, dopo essere stata modellata con le mani dalla mente dell'uomo, ha bisogno del giusto riposo in un luogo asciutto per tendere i nervi prima di essere cotta; un tempo di attesa questo che mai si forza e che varia dal carattere della miscela, dall'impasto e dalla generosità e clemenza del clima. L'incantesimo di creare con le mani a questo punto si interrompe, ma la magia continua ed esplode quando è il fuoco a iniziare la sua parte. Una volta essiccate, le mattonelle di argilla vengono disposte nelle fornaci, di tufo nero e terracotta, a strati messi a croce. Il forno è riempito fino alla sommità e, sigillato con argilla e paglia, aspetta la scintilla per cominciare a bruciare.
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Magia e malia del fuoco dividono il prima dal dopo, l'ombra del grigio dalla luce del rosso, l'argilla dal cotto. Uno spettacolo unico la danza con cui si esibisce il fuoco, dando mostra di sé con slanci primitivi e fiammate dal sapore biblico. C'è la natura dentro il colore di ogni riggiola: c'è l'alba e il tramonto, il calore ed il vento.
Lo stregone del fuoco è uno dei quattro fratelli, Tommaso, che dotato di un innato carisma con gli occhi sa leggere e capire cosa accade nel forno e quanta vita e quante facce le fiamme restituiranno al cotto dopo le circa 40 ore di cottura. Il rituale apotropaico dell'argilla che freme è seguito da vicino anche da Sant'Antonio Abate, protettore del fuoco, che dalla sua edicola votiva posta all'ingresso delle fornaci supervisiona e controlla perché tutto si compia alla perfezione. A lui, prima di ogni infornata va sempre accesa una candela. E poi dita incrociate. Se tutte le operazioni fatte in precedenza hanno seguito le regole, dopo la cottura non ci saranno sorprese spiacevoli perché il fuoco a Rufoli crea e non distrugge. Al contrario, se qualcosa non sarà andata per il giusto verso, come insegnano le Sacre Scritture, «la pietra scartata dai costruttori diverrà testata d'angolo» e l'errore commesso dall'uomo sarà oggi esempio da studiare e correggere perché domani non si ripeta. Dopo l'incontro con il fuoco, le mattonelle "vivono" ancora e forse di più.
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Nude e bellissime le riggiole sono pronte a essere posate l'una accanto all'altra, accostate in un mosaico perfetto come tante porzioni diverse che ricompongono la stessa identica idea. Si trasformano così in un'opera d'arte in piano, pavimento semplice o disegno dipinto che sia. Diventa marginale poi se a voler vestire la propria casa del cotto dei De Martino siano personaggi noti come gli stilisti Dolce & Gabbana, attori come Christian De Sica e Carlo Verdone, industriali facoltosi come Marco Tronchetti Provera, ricchi americani dalle richieste bizzarre, estrosi designer o se addirittura al Vaticano si voglia, camminando, lasciarsi carezzare dal manto rosa delle mattonelle create nelle più antiche fornaci di Rufoli.
Ciò che conta è che, partite da qui, le riggiole dei De Martino vadano in giro, in ogni parte del mondo, a tramandare la magia dell'argilla, regalando a chi le vede e le possiede, senza mai levar i piedi da terra, un sogno ad occhi aperti.

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