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La protezione del patrimonio
dell’imprenditore
passa per lo studio del notaio
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La protezione del patrimonio
dell’imprenditore
passa per lo studio del notaio
Interessante seminario di studio nell’ambito del protocollo d’intesa
per le attività di consulenza sottoscritto dalla Piccola Industria e dal Consiglio notarile
di Santa Maria Capua Vetere
di Francesca Nuzzo
Il tavolo dei relatori
La segregazione - più semplicemente, la protezione - del patrimonio dell’imprenditore passa necessariamente per lo studio notarile e va predisposta per tempo, quando cioè l’impresa comincia a crescere, se non proprio al momento dell’atto costitutivo. Di più, i costi degli atti utili alla messa in sicurezza del patrimonio personale e familiare dell’imprenditore devono essere previsti e rientrare tra i costi di gestione dell’azienda.
Se n’è parlato il 13 maggio scorso, in Confindustria Caserta, nell’ambito del primo incontro studio previsto dal protocollo d’intesa per le attività di consulenza sottoscritto dalla Piccola Industria e il Consiglio notarile di Santa Maria Capua Vetere.
Introdotti dai saluti del presidente degli industriali Antonio Della Gatta, dal leader della Piccola industria di Caserta, Stefania Brancaccio, e dal presidente della Piccola regionale Bruno Scuotto, le relazioni tecniche sono state tenute dai notai Pasquale Liotti, Angelo De Stefano, Alessandro De Donato e Giovan Domenico Iodice, cui sono seguite le domande degli imprenditori Antonio Farina e Giovanni Bo, su più di un aspetto significativo della complessa problematica.
In materia, infatti, la normativa italiana è abbastanza carente, rispetto al modello anglosassone e non solo. Ma tant’è, ha saggiamente commentato il notaio Liotti. Per il quale, appunto, le misure di tutela del patrimonio dell’imprenditore devono essere previste per tempo, non quando magari l’azienda è stretta dalla crisi. Ed in ogni caso, «la sostanza di questo convegno è quello di cogliere al meglio le norme dell’impianto legislativo esistente».
Da qui la disanima delle possibilità offerte dal diritto societario, che presenta più di un caso interessante. Fra tutti, la società a responsabilità limitata, che per snellezza e costi è sicuramente da preferirsi ad altre tipologie, quali per esempio la Sapa, società in accomandita per azioni (utilizzata dalla famiglia Agnelli, per intenderci), o anche la stessa Sas, società in accomandita semplice. Ed è da preferirsi anche al Trust, istituto di derivazione anglosassone non ancora pienamente recepito dal sistema italiano, a meno che non si intenda internazionalizzare l’impresa. Ma in questo caso, bisogna attrezzarsi per risolvere eventuali problemi all’estero, con esperti del Diritto della nazione di riferimento, dal momento che la disciplina della materia non è omogenea in tutti i paesi.
Tra l’altro, è stato detto, la società a responsabilità limitata meglio di altre risponde a quelle che sono le esigenze di massima dell’imprenditore italiano. Il quale, anche nel momento del passaggio generazionale, non ama perdere il potere decisionale, intendendo comunque salvaguardare il proprio patrimonio e conservandolo ben visibile.
Nel corso dei lavori è stata anche prospettata la possibilità di costituire un fondo patrimoniale, istituto che pure ha avuto poco fortuna, in Italia, essendo comunque attaccabile - entro un lasso di tempo - da parte dei creditori.
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