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  Dicembre 2012

Articoli n° 02
MARZO 2008
 


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LA SICUREZZA
È UN’ESIGENZA SOCIALE

impianti a rischio di incidenti rilevanti:
cosa prescrive la normativa

a cura dell’Ufficio Relazioni con il Pubblico - Ispesl

impianti a rischio di incidenti rilevanti:
cosa prescrive la normativa


Nella gran parte dei casi i pericoli sono riconducibili a carenza organizzativa
e ad inadeguata formazione e informazione

Daniele Cionchi
Ingegnere Tecnologo Ispesl
danielecionchi@libero.it


Le disposizioni legislative che si occupano della sicurezza dei siti a rischio di incidenti rilevanti derivano dai Trattati Europei. La normativa vigente tiene conto degli aspetti tecnici relativi alla limitazione dei pericoli, dei sistemi di gestione e del fattore umano. Se andiamo ad analizzare gli incidenti rilevanti che si sono verificati in questi ultimi anni, la maggior parte di questi risulta dovuta ad errori di gestione, alla carenza organizzativa, alla mancanza di adeguata formazione e informazione ed in fine anche all’aver trascurato il fattore umano.
A livello europeo la regolamentazione normativa si fonda principalmente su tre successive direttive: la prima risale al 1982, la Direttiva 82/501/EEC “On the major accident hazards of certain industrial activities” ed è quella che prende in considerazione una serie di attività industriali alle quali possono essere associati pericoli di incidenti rilevanti. La seconda Direttiva è la 96/82/CE “On the control of major accident azzards involving dangerous substances” detta Direttiva Seveso II, recepita dal D.lgs. 334/99, che considera non più le attività ma le sostanze pericolose e i pericoli di incidente rilevante ad esse collegate. La presenza all’interno del sito di determinate sostanze al di sopra di soglie predefinite comporta azioni di controllo differenziate. Le sostanze sono riportate nel primo allegato della direttiva e differenziate in due elenchi: uno riporta sostanze specifiche, l’altro riporta classi di sostanza in relazione alle caratteristiche di pericolosità. Infine la Direttiva 2003/105/CE detta Seveso III “Of the European Parliament and of the Council of 16 December 2003” che modifica ed integra la Direttiva 96/82/CE e la cui attuazione si ha con il D.lgs. 238/05. Quest’ultima affronta problematiche che si sono evidenziate a causa di recenti incidenti rilevanti come ad esempio lo sversamento di Baia Mare, l’esplosione causata da fuochi artificiali di Enschede e, infine, un’esplosione causata dal nitrato di ammonio di Tolosa. Per gli stabilimenti in cui sono presenti sostanze pericolose in quantità uguali o superiori a quelle indicate nel citato Allegato I parti 1 e 2 colonna 3, il gestore è tenuto a redigere un Rapporto di Sicurezza. Il responsabile del sito dovrà dimostrare di aver predisposto una politica della prevenzione “scritta” realizzando un Sistema di Gestione della Sicurezza.
In particolar modo curando quella che è l’organizzazione del personale, analizzando e valutando i probabili rischi, gestendo correttamente le modifiche degli impianti, pianificando le emergenze e, infine, con audit periodici sull’efficacia della politica intrapresa. La Direttiva considera importante anche la diffusione delle notizie alla popolazione, introduce l’effetto domino e la pianificazione del territorio, pone in evidenza la pianificazione delle emergenze. Il Sistema di Gestione della Sicurezza dovrà essere implementato al fine di ottenere: la prevenzione, riducendo la possibilità che si verifichi un incidente; la mitigazione, attenuando e gestendo le conseguenze di un incidente mediante la pianificazione territoriale e delle emergenze; infine per innescare la reazione all’evento negativo, limitando le conseguenze sull’uomo e l’ambiente circostante. Tali obiettivi sono legati anche al Sistema di Ispezioni e di Controllo previsto dall’articolo 18 della Direttiva Seveso II che dovranno consentire un esame pianificato e sistemico dell’organizzazione, della gestione e delle tecnologie presenti nell’azienda. L’allegato I del D.lgs. 334/99 introduce dei valori di soglia delle sostanze pericolose. Con la nuova Direttiva 2003/105/CE si estende il campo di applicazione anche ad altri settori che precedentemente non erano stati inseriti nella Direttiva 96/82/CE, si revisionano i limiti di quantità delle sostanze considerate pericolose, si mette anche in evidenza l’importanza che può avere la diffusione delle informazioni e si prende in considerazione l’elaborazione del rapporto di sicurezza. Per completare il quadro bisogna ricordare l’elaborazione di numerose Linee Guida.
Le Linee Guida servono da collegamento fra le attività richieste dalla Direttiva, in particolar modo rappresentano un’interfaccia tra le Ispezioni e l’esame dei Rapporti di Sicurezza. Le Ispezioni comprendono il riscontro con la realtà dei dati e delle informazioni contenute nel Rapporto di Sicurezza. Facciamo un semplice esempio di una realtà abbastanza frequente sul nostro territorio: prendiamo in esame un deposito di GPL.
Il GPL è un gas di petrolio liquefatto costituito da una miscela di idrocarburi, principalmente propano e butano e viene trasportato in bombole e in autocisterne. I gas liquefatti sono sostanze pericolose, le caratteristiche fisico-chimiche che determinano questa pericolosità sono: elevata infiammabilità, bassa temperatura di ebollizione, peso specifico inferiore a quello dell’acqua, densità dei vapori superiore a quella dell’aria, bassa viscosità, elevato rapporto volume gas/volume liquido, vapori privi di odore e colore. Il primo pericolo cui si va incontro è sicuramente il pericolo di incendio ed esplosione, il propano, il butano e quindi il GPL da essi ottenibili sono sostanze altamente infiammabili e una volta a contatto con l’aria possono anche formare miscele esplosive. I vapori possono accumularsi in depressioni a livello del suolo essendo più pesanti dell’aria creando così anche un eventuale rischio differito nel tempo. In definitiva tali depositi sono da considerarsi come dei siti a rischio di incidente rilevante. Altro pericolo è quello criogenico, a pressione atmosferica la temperatura di equilibrio liquido-vapore è inferiore a 0°C, il passaggio dallo stato liquido allo stato gassoso in presenza di umidità può provocare la formazione di ghiaccio. A causa di questo problema i materiali utilizzati in tali impianti sono acciai speciali, calmati, con una ottima resistenza anche a bassa temperature. Una eventuale perdita di GPL liquido provoca in parte una evaporazione immediata e la parte che non evapora si raffredda fino alla temperatura di ebollizione di 0°C per il butano e -42°C per il propano. Questo può comportare, in caso di contatto con la pelle, lesioni da congelamento ovvero ustioni dovute alla bassa temperatura del gas liquefatto. Infine va tenuto in considerazione anche il pericolo di inquinamento ambientale; la normativa vieta la dispersione di oli e lubrificanti nell’ambiente per evitare eventuali effetti tossici o di ecotossicità. In caso di rilascio nell’atmosfera, in fase gassosa e ad alte quantità, può avere effetti anestetici e asfissianti per mancanza di ossigeno. Le visite ispettive di uno stabilimento di questo tipo, come previsto ai sensi del D.M. 5/11/97, vengono condotte da una Commissione nominata dal Ministero dell’Ambiente di cui fanno parte Ingegneri dei Vigili del Fuoco, delle Arpam e dell’Ispesl.

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