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  Dicembre 2012

Articoli n° 04
MAGGIO 2008
 


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PROGETTO CSR
Marketing sociale e filantropia strategica per le imprese

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proposte per una logistica di eccellenza
in Campania e nel sud


Nonostante l’avanzare della concorrenza internazionale, nel settore il Sud regge la competizione e il mercatoe

Francesco Saverio Coppola
Direttore SRM
info@srmezzogiorno.it

Per fare qui una breve riflessione sul settore che abbiamo richiamato nel titolo dobbiamo partire da un assunto... e mi scuseranno i non esperti: stiamo parlando di un comparto in cui il Sud esprime eccellenze imprenditoriali ed infrastrutturali.
Sappiamo anche che il Mezzogiorno ha tre porti hub e porti polifunzionali di livello internazionale che in quanto a traffico merci e passeggeri sono in crescita nonostante il territorio presenti diseconomie e tutte le note difficoltà sulle quali molto si discute; sforzi sono stati fatti ma occorre di più. I porti del Mezzogiorno movimentano approssimativamente oltre 5,4 milioni di teus di container; i porti del Sud vantano la presenza di vettori esteri ed italiani di livello mondiale: non sono, questi, dati da rispettare? Sappiamo che il Mezzogiorno ha un settore armatoriale di primo ordine; qui è inutile citare dati; basti visitare ad esempio il sito di Confitarma (www.confitarma.it) e vedere quali e quanti sono gli armatori meridionali, quali flotte posseggono, su quali mercati operano. Imprese ambiziose e dinamiche sono presenti anche in altri comparti: trasporto intermodale, terminalisti, aziende di logistica portuale, di movimentazione e quant’altro.
E sappiamo che in questo territorio vi sono interporti dinamici, che attraggono operatori logistici di grande standing; concludono accordi con società e vettori sul trasporti intermodale e tutto quant’altro di bene si può dire. Tutte queste realtà sono guidate da uomini che quotidianamente “combattono” per migliorare e rendere più competitivo il territorio.
Si parla molto dell’avanzata dei porti spagnoli, olandesi, cinesi elogiandone modelli di gestione e strategie e nonostante tutto questo il Mezzogiorno è vivo e continua a competere. Nonostante tutto ciò spesso si evidenziano solo i problemi che ha la logistica nel Mezzogiorno. Non che i problemi manchino intendiamoci…. Facciamo, nello spazio che “CostoZero” ci dedica, alcune proposte che possono contribuire a migliorare un palazzo le cui fondamenta già ci sono; un palazzo già solido e che merita tutto il sostegno dell’Europa, dello Stato e delle Regioni.
Userò per questo le linee di policy presenti in una ricerca che abbiamo condotto all’Associazione Studi e Ricerche per il Mezzogiorno, presentata a Roma, Bari e a Napoli nel corso della riunione scientifica della Società Italiana degli Economisti dei Trasporti; una ricerca che è espressione del territorio meridionale, delle sue risorse umane, tecnologiche, imprenditoriali ed infrastrutturali; due ampi estratti sono stati anche pubblicati in un numero speciale della Rassegna Economica, rivista scientifica di SRM.
Esse vanno poi definite e tradotte dal punto di vista più tecnico-operativo, ma possono rappresentare una prima indicazione per avviare un processo di ridefinizione del settore.

1) Le politiche di sviluppo strategiche per le infrastrutture vanno canalizzate verso le infrastrutture esistenti.

Ormai non occorre più programmare o prevedere risorse per nuove opere; la canalizzazione dei fondi disponibili, seppur di dimensione modesta, dovrebbe essere diretta a quelle infrastrutture che hanno saputo dimostrare nel tempo una significatività logistica nonostante le diseconomie territoriali esistenti, in particolare nel Sud. Occorre quindi definire, sulla base delle disponibilità finanziarie esistenti, un piano di consolidamento fondato su progetti che possano realmente contribuire a sviluppare la logistica in particolare nel Mezzogiorno. Priorità dovrebbero essere porti, interporti e rafforzamento del sistema dei valichi alpini. Risulterebbe forse opportuno prevedere anche la possibilità di individuare infrastrutture complementari e di dimensioni minori considerate, a volte, di secondaria importanza a favore di opere di “maggiore impatto” nonostante, invece, la loro funzione risulti spesso non solo più rispondente alle reali esigenze territoriali ma anche di fondamentale supporto per le strutture già esistenti.

2) Razionalizzazione delle competenze pubbliche.
Dovrebbe essere definito un modello istituzionale più chiaro e deciso in cui inquadrare chi deve occuparsi di logistica: Stato, Regioni, Comuni, eccetera. Al momento non appare più perseguibile una gestione con competenze promiscue del “fenomeno logistica”; sovente capita, ad esempio, che un’infrastruttura sia presente nel PON, nel POR, nella Legge Obiettivo e in altri provvedimenti. Appare forse necessario ripartire con una competenza in tema di logistica e trasporto merci affidata in parte allo Stato ed, in parte, a chi gestisce le infrastrutture logistiche, in particolare porti ed interporti. La competenza del trasporto passeggeri dovrebbe essere invece delle Regioni, avendo queste una visione più completa delle problematiche inerenti gli spostamenti locali.

3) Riformare la normativa di porti ed interporti.
Le leggi attuali non sembrano più soddisfare appieno gli operatori logistici, siano essi infrastrutturali o imprenditoriali; appare urgente ridefinire alcuni aspetti della normativa del settore portuale e interportuale in modo da rendere più competitive queste due tipologie di infrastrutture, la cui operatività e la cui crescita non sembrano stimolate dal sistema normativo.

4) Creazione di veri e propri distretti logistici riconosciuti dalla normativa statale e/o regionale.
Occorrerebbe provvedere all’individuazione di veri e propri distretti logistici catalizzatori di sviluppo, costituiti da quel sistema integrato di infrastrutture ed imprese rivolte, con interessi comuni, ad offrire servizi logistici ad elevato valore aggiunto. Tali distretti, sulla falsariga di quelli industriali, sarebbero ovviamente anche elementi stimolatori di strategie condivise e politiche di sviluppo finanziarie ed andrebbero individuati secondo parametri che potrebbero essere ad esempio: 1. presenza di porto ed interporto collegati tra loro da strade e binari ferroviari;
2. presenza di un certo numero di imprese di servizi logistici individuati secondo apposite caratteristiche;
3. presenza di un livello di occupazione significativo nei settori della logistica; 4. movimentazione di un determinato traffico di merci nell’ambito distrettuale.
Una logica del genere favorirebbe la messa a sistema di infrastrutture che sinora hanno operato in modo spesso isolato ed in concorrenza tra loro.

5) Creazione di un sistema di incentivi fiscali per favorire l’aggregazione di imprese e la terziarizzazione dei servizi logistici.
La ricerca che abbiamo condotto ha messo in evidenza la necessità da parte dell’impresa logistica di avere un dimensionamento che consenta di offrire servizi diversificati e di qualità ed, inoltre, di inseguire quei necessari investimenti in innovazione che permettono di stare sul mercato. Gli incentivi dovrebbero essere diretti ad aggregare realtà aziendali così da creare gli spazi necessari per competere con le grandi multinazionali logistiche, le quali vanno consolidando ed acquisendo sempre più quote di mercato. Una seconda tipologia di incentivo dovrebbe essere rivolta a favorire la terziarizzazione dei servizi logistici da parte delle imprese manifatturiere così da creare un doppio binario di sviluppo: da una parte, un risparmio di costi per l’impresa manifatturiera e, dall’altra, la crescita dell’impresa logistica.

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