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Il Progetto Medea per la tutela della biodiversitÀ alimentare
Primazienda
Esperienze formative sul lavoro
Pietro Zanini numero uno
della sezione metalmeccanici
Il Progetto Medea per la tutela della biodiversitÀ alimentare
Per Sabino Basso, Presidente della sezione Alimentare di Confindustria Avellino, per competere nel settore bisogna costruire un’offerta di alto livello
di Maddalena Chiumiento
Il progetto MEDEA “Mediterraneo e alimentazione”, affidato per l'esecuzione al CNR di Avellino in partnership con il dipartimento di Scienze Farmaceutiche dell'Università di Salerno e la provincia della stessa città, ha la finalità di favorire la cooperazione interistituzionale Mediterranea per sostenere i settori della cosmesi e dell'alimentare nei Paesi del bacino fra l'Italia e l'Africa Settentrionale.
La centralità geografica e la posizione di “ponte” geo-economico dell'Italia , fra l'Europa e l'Africa, conferisce al nostro Paese un ruolo naturale di piattaforma di collegamento, da esaltare in previsione della prossima creazione della zona di libero scambio plurilaterale prevista per il 2010
Il progetto MEDEA ben si inserisce in questo ambizioso e complesso processo di cooperazione economica sociale e culturale della costituzione del Partenariato Euromediterraneo, nell'ambito del quale l'Italia per la sua ricca eredità storica e socioculturale si posiziona da interlocutore privilegiato fra le diverse Regioni.
Il progetto Medea nello specifico si focalizza sulla tutela della qualità e della biodiversità alimentare dei Paesi Mediterranei attraverso la costituzione di una rete sinergica tra gli Enti partner del progetto, gli istituti nazionali e campani preposti a favorire la commercializzazione (Istituto per il Commercio Estero, Camere di Commercio, Confindustria Avellino, etc.), le aziende dei Paesi Coinvolti (Marocco, Tunisia, Algeria)e le Università locali ed estere.
Il progetto avviatosi nel 2005 ha già permesso la realizzazione di rapporti consolidati attraverso protocolli d'intesa con aziende tunisine, e accordi di cooperazione scientifica con l'Università di Rabat (Marocco) e l'istituto l'Olivier di Sfax (Tunisia).
Il coinvolgimento delle imprese campane e straniere è avvenuto invece attraverso incontri e convegni di diffusione e sensibilizzazione sulle prospettive della cooperazione nel Mediterraneo nell'ambito dell'alimentazione e della cosmetica.
Gli incontri sono stati da un lato operazioni di incoming, attraverso la partecipazione di rappresentanti di Enti, istituzioni e aziende del bacino del Mediterraneo e dall'altro propedeutici a due missioni di penetrazione commerciale in Marocco e Tunisia cui hanno partecipato circa 20 imprese agroalimentari campane.
Chiediamo al Presidente della Sezione alimentare della Confindustria Avellino Sabino Basso quale sia il suo punto di vista sull'efficacia del progetto posto in essere dal CNR di Avellino.
Un plauso al progetto per finalità, contatti intrapresi e procedure, quando infatti si parla di scambi commerciali di prodotti agroalimentari non si può prescindere dall'affrontare i temi giustamente inseriti nel progetto: politica alimentare, sicurezza alimentare, meccanismi di controllo e di armonizzazione degli standard qualitativi. La messa a punto di sistemi di qualità e di conoscenza reciproca delle normative in vigore nei paesi Mediterranei, così come i meccanismi di controllo e di organizzazione della qualità applicati lungo la catena alimentare, costituiscono la condizione basilare per affrontare la competizione derivante dalla liberalizzazione del commercio dei prodotti agroalimentari.
Nel ribadire la positività del progetto, come Presidente della sezione alimentare della Confindustria Avellino devo sottolineare l'esistenza di almeno altri due aspetti sui quali lavorare per porci effettivamente da validi competitors sugli scenari mondiali rispetto ai rischi/opportunità derivanti sia dall'allargamento ad Est dell'Unione Europea che dall'apertura dei mercati del 2010: l'attenzione alla qualità e il sistema logistico a servizio dell'agroindutria.
Può esplicitarci meglio questi “aspetti” e l'incidenza che esercitano sulla competitività del settore?
Oggi abbiamo di fronte un contesto di riferimento in continua evoluzione con nuovi vincoli e nuove logiche economiche, ed è con esso che dobbiamo confrontarci. Se da una lato infatti, il paradigma del libero scambio comporta una rilocalizzazione delle produzioni in aree con vantaggi competitivi, dall'altro richiede l'individuazione e la valorizzazione delle risorse locali e delle relative tipicità. Pertanto l'elemento cardine attorno a cui ruoterà la capacità di costruire una offerta agroalimentare mediterranea sarà di certo la proiezione verso la qualità, intesa come strumento per competere con più efficacia. La qualità a prezzi competitivi, questa è la richiesta del mercato e dei consumatori.
Le possibilità offerte dall'ampia gamma di produzioni alimentari mediterranee che hanno caratteristiche uniche al mondo per storia, tradizioni, qualità organolettiche, legame con il territorio possono generare ed esaltare la capacità distintiva, divenendo occasioni di maggiore competitività, se accompagnate anche da un salto di qualità in termini organizzativi.
Il contenimento del prezzo dei prodotti alimentari richiede di intervenire sulla filiera agroalimentare e nello specifico sul versante organizzativo dove è necessario sviluppare maggiore integrazione nella composizione dell'offerta agro alimentare mediterranea, maggiori legami con le industrie di trasformazione e accordi con le strutture della grande distribuzione organizzata per favorire una equa distribuzione del valore aggiunto all'interno della filiera agroalimentare.
L'organizzazione logistica è un fattore fondamentale per l'efficienza commerciale e distributiva, è l'anello fondamentale della catena agroalimentare a garanzia della qualità degli alimenti. Il territorio nazionale e quello Campano si contraddistinguono, purtroppo, per la presenza di notevoli problemi legati al trasporto e per una eccessiva lunghezza dei canali di commercializzazione che inficiano la qualità e/o la convenienza di molte produzioni fresche.
Il nostro sistema infrastrutturale è decisamente sottodimensionato rispetto alle esigenze specifiche del settore, nel quale manca fra l'altro una cultura della logistica da parte delle imprese.
Le stesse grandi imprese che si occupano di logistica sono solo limitatamente specializzate nel settore agroalimentare e di solito localizzate in Regioni del centro Nord Italia, isolando e penalizzando le importanti produzioni agroalimentari del mezzogiorno; basti pensare che le imprese del nostro territorio lamentano una incidenza dei costi logistici del 30%.
Il quadro brevemente delineato dal Presidente Basso denuncia la presenza di poche ma essenziali inefficienze che inficiano, a dispetto della qualità all'origine, il livello del servizio offerto dalle imprese del settore, auspicando i miglioramenti da sostenere in termini di piattaforme logistiche, di servizi di tracking-tracing di utilizzo dell'ICT in previsione dei annunciati aumenti di traffico con la completa liberalizzazione dei mercati del 2010. |