La dieta “vera”,
questa sconosciuta
I dati dell'A.D.I. rivelano che in pochissimi si affidano a programmi di dieta certificati
di Giuseppe Fatati, Presidente nazionale Associazione Italiana
di Dietetica e Nutrizione Clinica (A.D.I.)
Dal 2001 l'Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica (A.D.I.) organizza una giornata nazionale denominata “Obesity Day” con l'intenzione di spostare ed orientare in modo corretto l'attenzione sull'obesità.
Un'importanza cruciale nelle prime edizioni l'hanno rivestita i questionari che hanno avuto il fine di fotografare e di farci comprendere il modo di pensare della maggior parte della popolazione.
É sicuramente sconfortante notare come ancora sia diffuso il concetto che siamo di fronte ad una alterazione solo di tipo estetico che può essere tranquillamente curata senza ricorrere al sistema sanitario. Da tutti i questionari risulta chiaro che la prestazione-dieta non viene associata alla competenza di chi la prescrive. Nell'immaginario collettivo la dieta non è il prodotto dei servizi sanitari, ma soltanto una sorta di “consiglio” che chiunque può essere in grado di dare. Su oltre 20.000 soggetti intervistati il 60% ha fatto una dieta almeno una volta, ma il dato impressionante è che almeno il 20% utilizza diete “fai da te” e l'11% quelle ricevute da mass media e conoscenti.
É un dato reale perché molti studi dimostrano che proprio i soggetti a più alto grado di istruzione ricorrono a trattamenti non convenzionali anche in presenza di patologie croniche, quali il diabete. Sicuramente il dato nella popolazione generale è ancora superiore.
Altra difficoltà che è emersa dall'esperienza personale, ma anche da tutte le interviste fatte, è quella relativa alla “customer retention” ovvero la capacità dell'azienda sanitaria e, nel caso specifico del Servizio di Dietetica, di mantenere un rapporto di fiducia continuativo nel tempo con i suoi clienti. In accordo con un precedente studio promosso dall'A.D.I. possiamo affermare che il numero dei drop-out, cioè dei soggetti che dopo una prima visita non si ripresentano al controllo, a sei mesi è superiore al 40% nel 68% dei Centri. Il tasso di fedeltà della clientela è in relazione alla capacità di una impresa di soddisfare i bisogni e le attese in misura superiore alla concorrenza; il dover necessariamente trasmettere, subito, un messaggio negativo rispetto ad un problema non considerato tale, tende a penalizzare i servizi nei confronti di altri personaggi che non debbono mantenere una adeguata deontologia professionale.
Molti soggetti in sovrappeso (o obesi) non accettano il fatto che siamo di fronte ad una patologia cronica che richiede un impegno importante e soprattutto continuo. Le diverse notizie anche in ambito di farmacoterapia risentono di una emotività non giustificata, visti i presupposti, e accomunano farmaci efficaci a prodotti farmacologici di dubbia efficacia e di sicura tossicità. Il risultato è quello di avere scarse armi terapeutiche correttamente utilizzate e, in generale, una sorta di resistenza al trattamento integrato nell'opinione pubblica, e a volte anche nei medici, che contribuisce a far considerare l'obesità malattia incurabile.
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