Viaggio nell’economia campana
Nuove strategie per la ripresa
Presentato lo studio dell’economista Marco Vitale sui punti di forza e di debolezza dell’apparato produttivo (e non solo) regionale
di Antonio Arricale e Vito Salerno
Qual è l'effettiva situazione dell'economia campana nella sua interezza e nelle sue singole componenti? Che cosa possono fare gli imprenditori per accelerarne lo sviluppo reagendo, realisticamente e concretamente, ad un certo clima di rassegnazione, se non di demoralizzazione, presente in parti della regione?
Sono queste le domande di fondo cui ha cercato di dare una risposta l'economista Marco Vitale con il suo “Viaggio nell'economia campana”, una ricerca a 360 gradi sui punti di forza e sui punti di debolezza dell'apparato produttivo (e non solo) regionale. Commissionata da Confindustria Campania, l'indagine è stata presentata il 19 novembre scorso, nel corso di un convegno che si è svolto presso l'Unione industriali di Napoli, con la partecipazione del presidente di Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo, cui ha fatto per certi versi da contrappunto un interessante dibattito, coordinato dal direttore del Corriere del Mezzogiorno Marco Demarco, alimentato dai presidenti delle Territoriali delle cinque province (si veda articolo a parte).
Ovviamente, quando si parla di Campania, il discorso non può prescindere da Napoli e la sua provincia. E ciò non fosse altro che per una evidente ragione: con oltre tre milioni di residenti, la provincia di Napoli da sola rappresenta oltre la metà della popolazione regionale (53%) e più di un quinto (21%) dell'intera popolazione del Mezzogiorno. Con tutto ciò che ne consegue in termini positivi (poco) e negativi (molto). Due problemi su tutti: «La recrudescenza degli scontri armati tra bande della malavita organizzata che dominano interi settori di città e provincia e le difficoltà di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani che hanno reiterato l'umiliazione della città di fronte al mondo intero», scrive Vitale nella sua indagine. E spiega: «La virulenza con cui i due flagelli (uno antico e frutto della storia, l'altro recente e frutto dell'insipienza della classe politica e delle amministrazioni locali) hanno colpito la città, è stata tale da giustificare un diffuso senso di scoraggiamento, sia nei nostri interlocutori cittadini che nei maggiori commentatori ed analisti, che in noi stessi». E, però, è pur vero che la Campania non è solo Napoli. Anzi. «Il nostro viaggio - argomenta l'economista - ci ha portato attraverso una regione dotata di eccellenti infrastrutture, di porti commerciali di levatura internazionale collegati a strutture interportuali di primo piano, di settori industriali di tutto rispetto con punte di eccellenza, di tradizioni e realtà artigianali ed agro-alimentari di qualità, di un patrimonio naturale, paesaggistico e culturale tra i più importanti del mondo e, quindi, di un potenziale turistico immenso, di un apparato universitario e culturale importante».
Come dire, una regione in cui sono evidenti una «diversità di molteplici centri di sviluppo, ognuno dei quali ha un ruolo preciso e distintivo nel ridisegnare lo sviluppo». Basti pensare a Salerno, che non solo copre due quinti della Campania e ha un popolazione di circa 1 milione e centomila residenti, non solo ha indici della qualità della vita migliori di Napoli, ed è diversa dal capoluogo di regione per storia, carattere, prospettive e persino natura. «La strategia di sviluppo deve nascere a Salerno da Salerno - sottolinea con enfasi il professore Vitale - marcando in modo più forte di quanto faccia oggi la propria identità». E lo stesso vale per Caserta, che ha saputo reggere alla forte deindustrializzazione creata dall'abbandono di grandi gruppi multinazionali, «che ha saputo creare (sia pure con stimoli prevalentemente provenienti da Napoli) alcune delle più significative realizzazioni campane degli ultimi anni (come il Tarì di Marcianise) ed ospita sul suo territorio centri di ricerca di primo piano, come il Cira, ed industrie importanti». Certo, il legame di Caserta con il territorio di Napoli è naturalmente più stretto e in un certo senso la provincia di Caserta rappresenta l'entroterra naturale di Napoli, «ma Caserta non vuole essere e non deve vedersi come dormitorio di Napoli, così come Sesto San Giovanni non vuole e non deve vedersi dormitorio di Milano», dice Vitale.
Un discorso, quello del professore, sulla diversità di centri di sviluppo che non esclude, peraltro, neanche le province di Avellino e Benevento che - dice - «hanno precise caratteristiche per un proprio sviluppo specifico e coprono precise aree di specializzazione funzionale nell'ambito della regione».
Dunque, se le cose stanno così, che cosa impedisce alla Campania di agganciare il treno dello sviluppo? Vitale - vien di capire - conosce bene il responsabile: è la politica, anzi, il cattivo governo. Ma lo accenna appena, quando nell'analizzare il peso della malavita nel contesto economico, dice: «Penso che Napoli debba temere maggiormente il cattivo governo, se non altro perché è il cattivo governo che crea le condizioni favorevoli allo sviluppo della malavita organizzata». Per il resto lascia parlare gli esempi, i punti di forza e di debolezza, appunto, su cui bisogna in diverso modo fare leva, per ricostruire gli anelli mancanti di una catena in più punti spezzata. Perché di un punto è decisamente convinto, il professore: la situazione non è irrimediabilmente perduta, «a patto che ci si accontenti del possibile», ripudiando cioè l'invalsa e vacua abitudine di tendere verso piani globali, onnicomprensivi, perfetti - peraltro redatti in incomprensibile politichese - ed incedendo più semplicemente all'umiltà pragmatica.
Operazione per la quale l'indagine segue una metodologia di lavoro semplice semplice: smontando il meccanismo e risolvendo i problemi uno per uno. Operazione che porta alla compilazione di due liste, quella dei successi e quella degli insuccessi. Elencando, in quest'ultima, oltre alla già citata tragedia dello smaltimento dei rifiuti, le società regionali (37 in Campania, con oltre 5mila dipendenti e perdite per 30 milioni dopo avere assorbito, dal 2001 al 2005, risorse per 120 milioni di euro), l'abusivismo edilizio (il rapporto Legambiente 2007 rileva che il 55% delle nuove costruzioni abusive si concentra in Campania), la sanità (la cui disastrosa situazione è notoria) e l'Ici (che in Campania aumenta col numero dei comuni in dissesto finanziario).
Ben più lungo, invece, l'elenco dei successi: dal porto di Napoli (uscito finalmente da un lungo declino), ai distretti e consorzi (esempio scuola, il Tarì di Marcianise), al complesso del Cis-Interporto di Nola-Vesuvio Buono, al settore aerospaziale (con al centro il consorzio di ricerca Cira). E ancora l'elencazione di esempi positivi come quelli dei Cantieri di Baia o Firema, del consorzio “Gragnano città della pasta”, del Magaldi Group. «Storie positive - sottolinea infine Vitale - in settori di grande interesse, con eccellenti prospettive di diventare sempre più di successo, ma a una condizione: che la politica stia fuori dall'uscio».
In altri termini, aggiunge Vitale, «la Campania deve completare il suo tragitto da un'economia di stampo centralista, sia esso di matrice borbonica o burocratico-marxista e social-populista, ad un'economia produttiva e quindi imprenditoriale».
Uno percorso che deve far leva su quelle “forze trainanti” che pure esistono all'interno del sistema economico della regione. E sono cinque. La relativa giovinezza della popolazione, che nell'economia della conoscenza e della creatività è un fattore che assume un valore particolare. Quindi, seconda forza trainante è il mare. Non solo il porto, ma il mare nella sua molteplicità di possibilità: dai traffici portuali in senso stretto, al movimento turistico crocieristico, ai cantieri di costruzione e manutenzione, ai porti turistici, ai centri turistici, alle ricerche scientifiche attinenti il mare. La terza forza trainante è la storia e la tradizione culturale di Napoli. Ancora, un'altra forza trainante è che l'economia campana è molto articolata e può suonare tanti strumenti. «Può suonare lo strumento del mare - precisa l'economista - quello delle varie forme di turismo, quello delle grandi strutture logistiche, quello dei grandi centri commerciali, quello di una eccellente enogastronomia con i piedi ben appoggiati su un'agricoltura di qualità, quello della cultura e delle grandi Università, quello della ricerca scientifica e tecnologica avanzata come al CIRA, quello di imprese manifatturiere di qualità (dal meccanico al tessile, alla moda), quello di un artigianato di antica tradizione e qualità che ha imparato anche a raggrupparsi in modo intelligente e proficuo, ed altro ancora».
E se, come dice il sociologo De Masi, a questo punto manca un obiettivo generale e condiviso, Vitale non ha dubbi: «Dimezzare la disoccupazione in pochi anni, ecco l'obiettivo». E se, per riecheggiare ancora De Masi, manca un coordinamento capace di assicurare l'integrazione delle diversità e di sfruttare tutte le occasioni di sviluppo che via via si presentano col passaggio dalla società industriale a quella post-industriale, Vitale aggiunge: «D'accordissimo. Ma il coordinamento non può venire né da un governo della regione e della città di stampo staliniano, né da quelle operette che sono ovunque gli Stati Generali. Deve venire da un governo che abbia interiorizzato il principio che il termine governare deriva da una parola greca che significa guidare».
Insomma, conclude l'economista: «il compito della pubblica amministrazione è quello di guidare, non di remare».
La parola ai Presidenti
Luca Cordero di Montezemolo, Presidente di Confindustria: «Dallo studio emerge in modo chiaro che non esiste una risposta globale ai problemi della Campania, ma esistono tante risposte parziali, non solo perché molti sono i problemi che affliggono questo territorio, quanto perché sono diverse le soluzioni da mettere sul tappeto. …Le imprese sono il pilastro centrale della ripresa e quindi non esiste ricetta alternativa per risanare il Mezzogiorno se non quella di ricreare e consolidare un ambiente economico e sociale favorevole all'attività d'impresa e questo significa fondamentalmente cinque cose: una pubblica amministrazione più snella, meno costosa, più efficiente, più trasparente; un fisco equo nel prelievo e favorevole agli investimenti; liberare il Mezzogiorno dalla presenza asfissiante dell'attore pubblico; disporre di infrastrutture moderne e funzionanti; contrastare con forte determinazione la criminalità».
Cristiana Coppola, Presidente Confindustria Campania: «Considero questa iniziativa una delle più significative della mia presidenza. …La ricerca presentata costituisce un passaggio importante per mettere gli imprenditori nella migliore condizione per agire, in quanto mostra con chiarezza quali sono i comportamenti che aiutano le imprese a crescere. …Come imprenditori condividiamo con forza la proposta della ricerca di una lotta ancora più seria alla disoccupazione in una logica di rafforzamento del sistema produttivo. …Vogliamo assumere questo impegno come prioritario, e attorno a questo obiettivo costruire la nostra azione futura, rinunciando quindi alle logiche assistenziali del passato. …La sfida è enorme, perché in questi anni l'occupazione regionale non è cresciuta, ma il sistema imprenditoriale campano ha le capacità di fare un significativo salto di qualità, purché scelga di percorrere solo quei sentieri virtuosi che creano sviluppo e occupazione di qualità».
Carlo Cicala, Presidente Confindustria Caserta: «Questo suggestivo viaggio del professor Vitale nell'economia campana, che mi ha riportato alla mente il viaggio in Italia di Goethe, ha permesso di mettere in evidenza luci e ombre di ognuna delle province della nostra regione. Quella casertana è una delle realtà industriali più interessanti del Sud. …Nel nostro progetto di crescita, un ruolo fondamentale ha la valorizzazione delle vocazioni del territorio, rilanciando ad esempio il settore della filiera bufalina, per il quale stiamo elaborando con la Regione un Contratto di Programma. …Abbiamo, poi, siglato a Palazzo Chigi un Protocollo d'Intesa per aprire una nuova fase di industrializzazione fondata sulle ormai famose 2I, Internazionalizzazione e Innovazione, due parole chiave per lo sviluppo. …Alla politica chiediamo progetti concreti di marketing territoriale».
Agostino Gallozzi, Presidente Confindustria Salerno: «Nella provincia salernitana, il forte senso di appartenenza degli attori economici alla propria business community consente di operare in modo coeso con le diverse parti della comunità civile e istituzionale di riferimento. La ricerca suggerisce di “smarcarsi da Napoli” sulla strada dello sviluppo, proprio attraverso una ulteriore affermazione di una identità condivisa del nostro territorio, mostrando, in un certo senso, una sorta di inadeguatezza della città partenopea a svolgere un ruolo di leadership a livello regionale. …Vorrei, inoltre, sottolineare che la conclusione dello studio, commissionato da Confindustria Campania, di mettere al centro dell’attenzione l'occupazione, manifesta una precisa e coraggiosa assunzione di responsabilità da parte delle imprese, la capacità di essere socialmente impegnate per una reale crescita del benessere delle comunità».
Gianni Lettieri, Presidente Unione Industriali di Napoli: «Fra i tanti spunti presenti nello studio del professor Marco Vitale, la questione centrale che emerge è un tasso di occupazione ancora troppo basso. È questo il punto da cui ripartire, è indispensabile migliorare i livelli occupazionali e nello stesso tempo innalzare il grado di istruzione dei nostri giovani. …Un altro aspetto negativo sul quale riflettere è l'immobilismo della Pubblica Amministrazione. Abbiamo, qualche mese fa, richiesto all'ente comunale un cronoprogramma delle attività; inutile dire che non c'è stata risposta alcuna da parte dell'istituzione. …È necessario, invece, stabilire anche solo tre cose da fare ma definire in modo chiaro entro quali tempi realizzare questi interventi. …Mi spiace affermarlo, ma Napoli sta purtroppo diventando la palla al piede della regione».
Cosimo Rummo, Presidente Confindustria Benevento: «L'indagine indica un nuovo modo di concepire il sistema di collaborazione tra il sistema imprenditoriale e la Regione Campania. In particolare, alle istituzioni spetta il compito di guidare, mostrando la giusta rotta, mentre gli imprenditori devono remare. …A Benevento grazie a una sistematica collaborazione fra Provincia, Università e Confindustria, fondata su una logica di rete, stiamo lavorando all'elaborazione di progetti innovativi in diversi settori, dalle energie rinnovabili alle nuove tecnologie. …Stiamo, inoltre, studiando le modalità più opportune per attirare i talenti e, soprattutto, per evitare che i talenti esistenti scappino via. …Siamo, poi, coinvolti in un progetto complessivo di rivitalizzazione che riguarda sia stabilimenti chiusi che interi centri urbani.».
Silvio Sarno, Presidente Confindustria Avellino: «Sono evidenti le buone performance della provincia avellinese negli ultimi anni. I nostri punti di forza sono il territorio sano e la disponibilità di manodopera, mentre fra i punti di debolezza segnalerei la carenza di infrastrutture e la mancanza di affidabilità politica delle amministrazioni pubbliche. Devo, purtroppo, affermare che oggi l'attività politica è diventata intangibile e Confindustria in Campania sta svolgendo, da tempo, quasi un ruolo di supplenza delle istituzioni, ormai latitanti. Proprio il contratto d'area mancato, ad esempio, sarebbe stato un importante e naturale completamento di un processo di industrializzazione iniziato negli anni '70».
|
Avellino e la sua provincia
«Anche la terra dei lupi (Hirpinia deriva da hirpus, che nella lingua osca significa lupo) ha buone frecce al proprio arco», secondo l'economista. «Innanzitutto il territorio, che è bello, fresco, molto gradevole e con una vegetazione, in alcuni luoghi (Parco del Partenio) rigogliosa. Colpisce vedere quanta qualità esista concentrata in un territorio relativamente piccolo (2792 kmq, dei quali 1856 in montagna e il resto in collina). Qualità di prodotti, ed in primo luogo del vino, con nomi giustamente famosi (come le uniche tre D.O.C.G. di Campania, il Taurasi, il Fiano di Avellino, il Greco di Tufo); il caciocavallo e altri prodotti dei caseifici, gli insaccati, le castagne, i tartufi, i dolci e soprattutto il torrone». Dal punto di vista industriale, invece, sicuramente di grande importanza sono gli insediamenti del Gruppo Fiat (un insediamento Iveco che progetta e produce autobus di linea o turistici e un insediamento Fiat per produzione di motori per tutto il gruppo). Così come pure importanti sono i distretti di Solofra (concia) e di Calitri (tessile), anche se hanno risentito della recente crisi internazionale che ha, in parte, spiazzato sul piano della competitività i prodotti tradizionali italiani. |
Benevento e la sua provincia
La provincia di Benevento, con 290mila abitanti circa e un'estensione di 2.071 kmq, è la meno abitata e più piccola provincia della Campania (la contigua Avellino la segue con 438mila abitanti circa e una superficie di kmq 2.792). I dati socio-economici della provincia non sono, in generale, buoni. Tra l'altro, Benevento ha il più alto indice di vecchiaia della Campania. «La provincia di Benevento, tuttavia, ha capito che il suo territorio, con un ambiente gradevole e fresco, può essere un bene prezioso, soprattutto a ridosso di una grande città congestionata e in sofferenza come Napoli», dice Vitale. Assolutamente da sostenere l'idea di lanciare Benevento come “Giardino della Campania”, insomma, il Sannio come l'Umbria e la Toscana. «I romani con l'Appia che passa di qui lo avevano capito che Benevento è un crocevia di sviluppo», ma oggi bisogna rompere una sorta di isolamento. Ma più di ogni altra autostrada, dice Vitale, serve l'ADSL, lo strumento in grado più di ogni altra infrastruttura di rompere l'isolamento di cui soffrono alcune parti del Sud. Del resto, è sulla base di questo pensiero che nasce l'Università del Sannio (sede gemmata dall'Università di Salerno e autonoma solo dal '98) con una enfasi molto forte sulla ricerca scientifica e tecnologica, con docenti giovani, motivati e sanamente ambiziosi. Oggi l'Università del Sannio è tra le più qualificate università del Sud nel campo della ricerca e la sua voce, in vari settori, è conosciuta e ascoltata. É sempre sulla base di questo pensiero che la Provincia di Benevento realizza il MARSec (Mediterranean Agency for Remote Sensing and Environmental Control), un Centro per il monitoraggio satellitare del territorio prevalentemente delle aree del Mediterraneo. Accanto all'impegno nell'Information and Communication Technology, con le specializzazioni sopra illustrate, la provincia di Benevento punta molto anche sulla ricerca nel settore agro-alimentare, come si conviene alle caratteristiche e tradizioni del territorio, e sull'energia pulita. L'economia della conoscenza, una volta avviata, come una pianta generosa, emette sempre nuove gemme. |
Caserta e la sua provincia
La provincia di Caserta è la più contigua con la provincia di Napoli, con cui ha in comune molti pregi e altrettanti difetti. Anche a Caserta il tasso medio di natalità è ottimo e l'indice di vecchiaia è basso (il secondo più basso delle province campane). Anche a Caserta il tasso di occupazione è, come a Napoli, basso (43,7%), il secondo più basso dell'intera regione. Ma, rispetto a Napoli, il tasso di disoccupazione è inferiore (12,2%, con Salerno il più basso della regione). Segno che la provincia ha saputo reagire con vivacità alla crisi di abbandono da parte di multinazionali, italiane ed estere, che hanno dato vita ad un grande processo di deindustrializzazione. Il turismo è modesto e in diminuzione (gli arrivi diminuiscono del 15,87% e le presenze del 22,29% dal 2000 al 2004, di gran lunga la maggiore diminuzione della regione); e ciò nonostante la presenza di una forte attrazione turistico-culturale come la Reggia di Caserta. Evidentemente vi è spazio per un intervento di marketing e promozione territoriale. Secondo Vitale, Caserta e la sua provincia hanno molte frecce al loro arco: Tarì, Polo della Qualità per il made in Campania, Oromare, CIRA, Firema, ecc.. C'è anche un significativo comparto agroalimentare, minacciato tuttavia dall'inquinamento del terreno collegato alla tragedia dei rifiuti e al degrado dei Regi Lagni. Un altro riferimento positivo è la nascita dell'Università di Caserta (dal 1991) che ha stretto con l'Associazione degli Industriali accordi di collaborazione sistematica. Infine, c'è l'importante polo serico di San Leucio. «La Provincia di Caserta, nel giugno 2006, ha emanato un Documento di linee strategiche, un po' scolastico ma discreto» - commenta il professore. Il documento identifica due missioni principali: Caserta e la Campania al centro della piattaforma logistica e del Mediterraneo e rilancia l'attrattività del suo territorio. «La prima, onestamente, è un po' vaga - chiosa Vitale - . Invece è sicuramente più precisa e concreta la seconda». In questa ottica, «pura novità è l'ultimo sogno di Caserta: un nuovo aeroporto internazionale a Grazzanise». E qui la questione non è più solo di Caserta, ma regionale e nazionale. Capodichino non ha alcuna possibilità di espansione e di raddoppiare l'unica pista e risulta già inadeguato al traffico crescente. |
Napoli e la sua provincia
I dati socio-economici della provincia di Napoli sono tendenzialmente cattivi. Forse la cifra più interessante di Napoli è il tasso di natalità che, nella media delle rilevazioni 1992-2004, risulta del 1,34% contro l'1,25% della Campania e lo 0,96% per l'Italia. Ma questi primati della vita, vanno incrociati con i dati peggiori che la caratterizzano in negativo: tasso di disoccupazione intorno al 18%; tasso di occupazione intorno al 42% (ultimo posto della graduatoria regionale e 98° posto nella graduatoria delle 103 province italiane). A questi aggiungerei un altro dato catastrofico: la fuga dalla scuola dell'obbligo, che si aggira intorno al 20%. É il conflitto tra i dati della speranza e quelli della disperazione che giustifica la proposta dell'economista di porre al centro di tutto: l'occupazione e, in primo piano, l'occupazione giovanile. «Non si tratta, però, di riproporre un nuovo Piano del Lavoro di Di Vittorio (1949) o un nuovo Schema Vanoni (1954), i cui obiettivi prioritari erano la piena occupazione e il problema del Mezzogiorno. Si tratta di assumere questo obiettivo, inteso in senso produttivistico e non assistenziale, come parametro e metro di misura alla luce del quale valutare ogni iniziativa. Si tratta di individuare quelle iniziative già impostate ed elaborate che possono dare risposte concrete e positive alla sfida dell'occupazione, creando veri posti di lavoro che stanno sul mercato, e dare alle stesse una forte accelerazione, con quel senso dell'urgenza che sembra così assente nella guida attuale della Città e della Regione». In questo senso il porto e le attività connesse sembrano il maggiore potenziale creatore di lavoro per la città. Del resto, pochi sanno che nell'economia del cluster marittimo il grosso dell'occupazione non è a bordo, ma a terra. Così come bisogna abbandonare le polemiche e darci dentro per realizzare il progetto Bagnoli e Campi Flegrei, e riqualificare le aree dimesse di Napoli Est. Inoltre, bisogna procedere al risanamento del centro storico. Forse è utile ricordare che il centro storico di Napoli, dodici anni fa, è stato riconosciuto come patrimonio mondiale dell'umanità dall'Unesco. Un'azione di risanamento e rilancio del centro storico avrebbe una valenza che va al di là dei suoi diretti contenuti economici. Diventerebbe un simbolo, una bandiera. |
Salerno e la sua provincia
La provincia di Salerno è, per popolazione residente (ca 1.100.000 persone), la seconda della regione e l'ottava italiana. Ha un territorio molto ampio (4.992 kmq contro i 1.171 di Napoli, i 2.639 di Caserta, i 2.071 di Benevento, i 2.792 di Avellino), diversificato e bellissimo: andando dalla costa amalfitana al Parco Nazionale del Cilento, a luoghi di rilievo archeologico internazionale come Paestum. Per valore aggiunto pro-capite con 14.970 euro (contro i 13.253 di Napoli) è, con Benevento, la prima provincia in Campania e la 80a provincia italiana. Conta su un porto importante che è stato uno dei primi a capire che il terminal transhipment di Gioia Tauro, intercettando per la prima volta nell'area mediterranea le grandi navi “giramondo”, avrebbe creato e non sottratto lavoro agli altri porti di destinazione finale. Salerno (come Caserta) ha sofferto della crisi e dell'abbandono degli insediamenti industriali di gruppi multinazionali. Ora sta costruendo la sua strada basata sulla valorizzazione dei suoi talenti, che sono tanti e dotati di grande potenzialità. Ha un'idea guida unificante, che non è campata per aria: accreditarsi come “la città dell'accoglienza e dell'eccellenza”. E può contare su una buona sinergia tra Comune e mondo imprenditoriale. Un tema importante per Salerno è di acquisire una sua più marcata differenziazione rispetto a Napoli. |
|