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Articoli - n° 1 Gennaio/Febbraio 2004
 



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IMMIGRAZIONE IN ITALIA
L’EMERSIONE DEI FLUSSI VEICOLATI

IMMIGRAZIONE IN ITALIA
L’EMERSIONE DEI FLUSSI VEICOLATI
Facilitare la domanda legale per rimesse di capitali all’estero trasparenti

di Santolo Cannavale
Esperto di Mercati Finanziari e Investimenti
s.cannavale@virgilio.it

Secondo il rapporto 2003 della Caritas Italiana e della Fondazione Migrantes, gli immigrati regolari in Italia a fine 2002 sono 2.500.000 di cui 750mila si trovano nel nostro Paese da più di sei anni e 350mila da almeno dieci. Gli imprenditori immigrati sono 55mila e 200mila i figli di immigrati che frequentano la scuola italiana. I cittadini stranieri rappresentano il 4,2% della popolazione italiana (57.715.600). La quota maggiore degli stessi (58,7%) si concentra nel Nord Italia, in particolare nel Nord Ovest (32,8%); seguono il Centro con il 28,3% e infine il Sud con l'8,9% e le Isole con il 4,1%. La ripartizione degli immigrati sembra così adeguarsi alle diverse potenzialità occupazionali del territorio nazionale.
A livello regionale la Lombardia ospita il numero più elevato di immigrati: 348.298 pari al 23% del totale nazionale, seguono il Lazio (238.918 e 15,8%), il Veneto (154.632 e 10,2%) e l'Emilia Romagna (150.628 e 10%). La nazionalità più numerosa è quella marocchina (11,4%) seguita da quella albanese (11,2%), il gruppo romeno copre il 6,4%, i filippini il 4,3%, i cinesi il 4,2%. La percentuale di aumento annuo è molto differente per fasce geografiche.
Il Nord Est (+19,4%) è in testa, il che mostra come quest'area (una delle più ricche d'Europa e caratterizzata da una straordinaria vivacità economico-occupazionale) si proponga come un nuovo polo d'attrazione per gli immigrati giunti in Italia. All'estremo opposto si collocano le isole (+3,6%) e soprattutto il Sud (appena +1,1%), dove l'esiguità degli aumenti mostra la debole capacità di attrazione per un inserimento stabile, restando in prevalenza una zona di primo approdo e di passaggio.
La forza lavoro degli stranieri incide per il 5% sul totale nazionale.
Nel corso del 2002 sono stati assunti 659.847 lavoratori extracomunitari con una incidenza dell'11,5% sul totale. Il 69% delle assunzioni si verifica al Nord, il 20,5% al Centro e il 10,5% nel Meridione. Il 13,8% degli assunti opera in agricoltura, il 26,4% nell'industria, il 39,2% nei servizi (il 20,6% non risulta classificato). L'incidenza dell'agricoltura sale al 40% in Puglia, al 50,7% in Trentino Alto Adige e al 51,2% in Sicilia. La parte del leone nelle assunzioni viene svolto dalle piccole (quelle fino a 10 dipendenti: quota del 28,7%) e medie imprese (quelle fino a 50 dipendenti: quota del 29,6%). Nel 2002 i saldi tra assunzioni e cessazioni sono stati 523.502 per la totalità dei lavoratori, dei quali 140.222 spettanti ai lavoratori immigrati (uno ogni quattro nella media italiana, uno ogni tre nel Nord e uno ogni due in Umbria, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia).
Il rapporto Caritas/Fondazione Migrantes evidenzia la necessità strutturale della forza lavoro immigrata, in quanto gli italiani non bastano (o non sono disponibili) per sostituire chi va via e per ricoprire i nuovi posti di lavoro. Saldi negativi si registrano nell'industria tessile con 21.739 unità, in quella meccanica con 2.599 e nei metalli con 4.252 unità, in parte coperti proprio dagli immigrati. Il settore del lavoro domestico, non ricompresso nel 39,2% dei servizi, viene definito "nicchia etnica" perché la metà dei lavoratori dichiarati all'INPS è già costituito da immigrati. In realtà, inserendosi nel settore nonostante un alto livello di scolarizzazione, le immigrate, hanno consentito l'emancipazione lavorativa e professionale delle donne italiane. Donato Masciandaro e Giovanni Ferri, su Il Sole 24 Ore del 25 ottobre 2003, riportano i risultati di un'indagine condotta dalla Bocconi, assieme a Dia, Dna e Uic, riguardante, tra l'altro, la domanda di servizi bancari e finanziari da parte degli immigrati.
Questi si caratterizzano, in particolare, per la domanda di servizi di rimessa, per trasferire fondi dai paesi di partenza a quelli di destinazione e viceversa. Con riferimento alla finanza emersa si individuano due tipi di imprese diverse: banche e istituzioni non bancarie; l'esempio più noto di queste ultime è costituito dai "money transfer", cioè dagli operatori che trasferiscono somme di denaro. In secondo luogo, va considerata la finanza sommersa, rappresentata da sistemi o reti informali.
Sia la finanza emersa che quella sommersa cercano di soddisfare la domanda di servizi finanziari di natura legale, avente per oggetto flussi di liquidità legali che hanno come destinazione attività, produttive o di consumo, anch'esse legali. Come rileva l'indagine, in parallelo, però, sia la finanza emersa che quella sommersa possono essere strumento, aldilà del grado di consapevolezza del singolo intermediario, di servizi di natura illegale. Le informazioni relative alle modalità di invio delle rimesse degli immigrati sono facilmente disponibili per quelle che transitano attraverso il canale bancario. Dall'altro, tuttavia, una parte significativa delle rimesse utilizza canali non bancari, quali il sistema dei "money transfer" e le rimesse informali, operate spesso attraverso canali etnico/nazionali. Riportiamo i risultati di un'indagine, condotta nei primi mesi del 2001 tramite questionario, del tutto indicativi, data la ristrettezza del campione. Solo il 13,8% degli intervistati dichiara di non inviare rimesse al paese di origine. Il 25,1% lo fa mensilmente; il 50,2% le invia da due a quattro volte all'anno; il restante 24,7% saltuariamente. Riguardo all'entità degli importi inviati ogni qualvolta effettuano rimesse, il 61,6% invia meno di 258 euro; il 20,1% invia un ammontare tra 258 e 516 euro; il restante 18,3% invia 516 euro o di più. Considerando il valore medio per le prime due fasce e il valore minimo per la terza, si può stimare in circa 258 euro l'ammontare medio di ciascuna rimessa.
Ipotizzando che mediamente gli immigrati effettuano rimesse tre volte l'anno, l'ammontare inviato per immigrato sarebbe pari a circa 775 euro. Questa stima, secondo Masciandaro e Ferri, appare prudenziale. Difatti, per il 2001 i dati Uic (Ufficio italiano cambi) sulle rimesse canalizzate dal settore bancario assommano a 749,3 milioni di euro. Vanno aggiunti i trasferimenti convogliati, sempre nello stesso anno, dai "money transfer" (Rapporto Bocconi, Dna, Uic 2003), pari a 888 milioni di euro.
Tenendo conto che le cifre presentate rappresentano il 75% del mercato italiano delle rimesse emerse non bancarie, la stima totale dei flussi veicolati dai "money transfer" è di 1.184 milioni di euro. Si può concludere, pertanto, che il volume delle rimesse emerse sia stato pari a oltre 1.933 milioni di euro. Non si hanno statistiche riguardanti i flussi veicolati tramite le poste di cui pure si dovrebbe tener conto. Senza mai tralasciare, infine, i canali sommersi di rimessa.
Dall'analisi della Bocconi emerge che il loro peso è in media di oltre il 50% sul totale. Ipotizzando che la finanza sommersa abbia dimensioni almeno pari a quella emersa, il volume totale delle rimesse ha raggiunto nel 2001 almeno i 3.866 milioni di euro. Si tratta di una prima stima dei flussi finanziari legati alla sempre più massiccia presenza di immigrati nel nostro Paese, di cui solo 750 milioni veicolati attraverso i canali bancari. Secondo gli autori dell'indagine si impone l'esigenza di facilitare la domanda legale, fonte di valore economico e sociale per immigrati, Paese ospitante, Paese d'origine.
La strada principale è quella di rendere sempre più efficiente, conveniente e trasparente il ricorso ai canali emersi, bancari e non bancari, rispetto a quelli sommersi e informali.

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