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  Dicembre 2012

Articoli n° 05
GIUGNO 2012
PRIMO PIANO ECONOMIA - Home Page
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«Bisogna spostare la spesa pubblica verso i SETTORI piÙ produttivi»

La SPENDING REVIEW: cosa È, a cosa serve, come si dovrebbe fare

I DATI per una spending review SANITARIA in Europa

Diritti acquisiti, EQUITÀ e PRODUTTIVITÀ

La SPENDING REVIEW: cosa È, a cosa serve, come si dovrebbe fare

Dovrebbero tornare a quello slim State certamente più smart dello Stato attuale e della pubblica amministrazione che esso governa

Il modo di spendere è la conseguenza di due circostanze: i piani di spesa, gli obiettivi, che si sono dati le organizzazioni preposte alla spesa e il modo in cui quelle organizzazioni sono state create. Infine conta lo stile manageriale di chi quelle organizzazioni dirige


Massimo Lo Cicero Economista

In Italiano spending review si traduce in "una ricognizione del modo di spendere". Dunque si tratta di una verifica sulle modalità e l'effcacia della spesa pubblica, visto che di questo si nutre larga parte della politica economica da alcuni mesi. La prima reazione di chi dovesse occuparsi di questo genere di cose avrebbe dovuto essere questa: convocare l'alta direzione dei ministeri e degli enti collegati allo Stato e chiedere a questi dirigenti quale fosse lo stato delle cose.
Quante le somme impegnate e quante quelle erogate, nei tempi e nei modi che quegli impegni avevano definito. Il modo di spendere, insomma, è la conseguenza di due circostanze: i piani di spesa, gli obiettivi, che si sono dati le organizzazioni preposte alla spesa e il modo in cui quelle organizzazioni sono state create. Infine conta lo stile manageriale di chi quelle organizzazioni dirige. Convocare i dirigenti è la prima mossa per capire lo stato del sistema ma non è la soluzione finale. Ognuno, per motivi legittimi e, qualche volta per coprire i propri interessi, che non necessariamente sono illegittimi, difende le proprie posizioni e i budget di spesa che gli vengono affidati.
D'altra parte c'era, nella nascita della spending review come obiettivo della politica fiscale, un dato di fatto che veniva dal passato recente. Sostituire con un taglio intelligente e motivato i tagli lineari che negli anni alle nostre spalle sono stati utilizzati per ridimensionare il deficit pubblico: cioè la differenza tra spese e tasse che, quando si dilata in favore delle spese, alimenta nel tempo il debito pubblico.
Che, in questo modo, diventa un problema per il famoso effr le sue dimensioni e fino alla scadenza della maturazione del debito, si deve pagare il costo degli interessi. Che è una componente della spesa pubblica. Dunque, anno dopo anno, il pagamento degli interessi dilata la dimensione della spesa e genera nuovo deficit. Ecco l'effetto "palla di neve": la slavina che si gonfia cadendo dalla montagna e che si allarga accelerando il processo se aumentano anche i tassi di interesse sul debito. Applicare i tagli lineari, togliere a tutte le spese dello Stato la medesima percentuale fissata dal Governo, significa creare molto rumore per nulla.
Anche in questo caso il problema sta nella forma delle organizzazioni e nella struttura che esse si sono date. Se dite di togliere il 5% alla sanità come alle scuole o al restauro dei beni culturali, state indicando tre modi di gestire la spesa molto diversi e variegati. Togliere la medesima quantità a strutture diseguali può essere fonte di altri problemi e, in qualche caso, potrebbe essere ancora meno risolvibile della spending review. L'evidenza alle nostre spalle lo ha ampiamente dimostrato. In effetti, per diminuire la spesa, si devono ridurre le funzioni affdate dallo stato alle sue organizzazioni, riorganizzare i compiti residui con diverse strutture e metodi di lavoro, spostare le risorse umane impegnate nei settori e nelle funzioni rimosse e trovare loro una nuova collocazione.
Anche in questo caso, dunque, il problema principale è ridisegnare le organizzazioni e non solo quello di revocare o modificare gli impegni scritti nel bilancio dello Stato. Che cosa è andato male, per concludere, nella tanto attesa spending review italiana? Due cose. In primo luogo bisognava farla prima di aggredire con una grandinata di tasse, sia nel governo Berlusconi che nel governo Monti, gli italiani. Se aumenti la pressione fiscale i soldi rifluiscono nelle casse dello Stato e pagano le spese che volevi tagliare quando parlavi di spending review.
In questo modo hai un doppio danno: molte di quelle spese inutili o poco produttive si realizzano senza portare beneficio al paese ma solo ai pochi che si concentrano intorno a quei settori. Togli soldi dalle tasche di imprese e consumatori che, altrimenti, avrebbero speso per investimenti e consumi e avrebbero contrastato il clima recessivo che l'aumento della pressione fiscale ha impresso, e continuerà ad imprimere, al paese.
La spending review, e questo è il secondo errore al quale non vedo ancora segnali di ravvedimento, continua ad essere indicata solo come la rassegna della spesa da tagliare come la individuazione dei capitoli di impegno da modificare. Resta in ombra il vero nocciolo duro del problema: che è la dilatazione, una vera e propria tracimazione, delle funzioni esercitate dalla pubblica amministrazione, centrale e periferica, che dovremmo, invece, ridimensionare e riportare a quello slim State che è anche certamente assai più smart dello Stato attuale e della pubblica amministrazione che esso governa.

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