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  Dicembre 2012

Articoli n° 05
GIUGNO 2012
MISURE CRITICHE - Home Page

di Antonello Tolve
Critico d’arte







Gli SPAZI della CRITICA

Il dibattito teorico attraverso le mostre 1980‑2010 Anni Ottanta #3


Renato Barilli


Anniottanta. Con questo titolo indicativo (altrettanto lo è il sottotitolo, Una mappa per gli anni ottanta) Renato Barilli disegna nel 1985, proprio mentre Keith Haring organizza, a Milano, una importante murata nel negozio Fiorucci, un paesaggio dedicato al ciclo del postmoderno. Ad una generazione (e ad una condition) che, tra «innovazione» e «recupero del passato», mette in moto strategie linguistiche variegate, versatili atteggiamenti compositivi, movimenti collettivi.
Creatore e «suscitatore di mostre policentriche, il cui primo esempio è stato fornito» proprio da Anniottanta, una «rassegna» curata da una squadra di critici e teorici italiani «in qualità di responsabili di singole sedi», Barilli propone non solo un progetto dedicato, da un punto di vista allestitivo, alla perdita del centro, ma anche un modello innovativo [ripreso, nel 1991, per la realizzazione di Anninovanta e adottato, poi, nelle varie Officine Officina Italia (1997), Officina Europa (1999), Officina America (2002) e Officina Asia (2004)] che pluralizza la sede espositiva e costruisce una mostra amplificata, dilazionata in base a sedi e sezioni creative differenti. Spalmata in vari luoghi d'Italia la Galleria Comunale d'Arte Moderna (Bologna), i Chiostri di San Domenico (Imola), i Chiostri della Loggetta Lombardesca e la Biblioteca Classense (Ravenna), il Castel Sismondo, la Palazzina Mostre e la Chiesa di Santa Maria ad Nives (Rimini) Anniottanta lancia, appunto, l'idea d'un metodo policentrico e polifonico che vuole scansionare i vari territori della creatività umana con lo scopo di presentare, via via, una maggiore conoscenza dell'uomo e del mondo contemporaneo. Del resto è «solo da un studio globale della creatività umana», lo ha suggerito Dorfles nel 1980, che «si potrà derivare una migliore conoscenza dell'uomo e del mondo».
Divisa in cinque macrocontenitori (Citazione, presenza del passato, recupero degli stereotipi, Postastrazione, Espressione, spirito selvaggio e neoprimitivismo, Luogo del magico e Decorazione, pittura veloce, spirito ludico) con tre sezioni aggiuntive (La tradizione ritrovata, New Design e Nuovo fumetto italiano), Anniottanta delinea, così, una serie di sentieri che illuminano alcune manovre creative e alcune tendenze generali. Manovre che «consentono di dare il giusto rilievo alle formazioni dei vari gruppi di artisti, unitisi spontaneamente attorno ad un programma o ad una poetica».
Ad un progetto comune che mostra e dimostra la volontà di recuperare il passato, di retrocedere e lavorare sulla retrospezione, di ricorrere alla citazione, di rincorrere la moda rétro, di organizzare quella che lo stesso Barilli, sulla via chiara di Gilles Deleuze, ha definito essere una ripetizione differente. Un mondo (un modello?) in cui sfilano nomi e programmi, viaggi felici e altrettanto felici confluenze linguistiche.
Una galassia (Trimarco), ancora, percorsa dai territori esauriti del concettuale, dall'esperienza del Graffitismo, dal ritorno del decorativo e dai territori del magico. Ma anche dall'esperienza della pittura analitica e dell'Astrazione povera, dal manierismo e dal neobarocco, dal digitale e dalla Grande Decorazione. Da uno scenario, certo di non facile lettura, del quale è offerto, con Anniottanta, un panorama pungente, puntuale, preciso.

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