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  Dicembre 2012

Articoli n° 05
GIUGNO 2012
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TASSA su superalcolici e bevande analcoliche: le ragioni del NO

Il benessere fino ai PIEDI


TASSA su superalcolici e bevande analcoliche: le ragioni del NO

É vero che l'obesità è una delle sfide del XXI secolo più difficili per i Paesi europei, ma è anche vero che gli interventi di prevenzione, si sono finora dimostrati inefficaci perché basati sul paradigma della responsabilità che vede l'insuccesso (obesità) come un fallimento personale

L'obesità ha un gradiente Nord-Sud, come il diabete. In pratica sono più pesanti gli abitanti del Sud e si distinguono in questa speciale classifica ad esempio i molisani che, però, consumano pro-capite molte meno bevande analcoliche dei veneti, dei toscani o dei piemontesi che sono molto più magri

La tassa sull'alcol sembra far riecheggiare il moralismo americano degli anni del proibizionismo dove scienza, salute, nazione, potere economico e affari si sono intrecciati senza tenere conto dell'ambiente e della cultura dei diversi soggetti


di Giuseppe Fatati Presidente Fondazione Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica

stata annunciata una tassa di scopo sui superalcolici (50 euro ogni 100 litri) e sulle bevande analcoliche zuccherate, dai succhi di frutta alle bibite gasate, fino a tè ed energy drink (7,16 euro ogni 100 litri). I 270 milioni di euro annui così ottenuti, è stato detto, potranno servire per il rinnovamento tecnologico delle strutture sanitarie e per l'educazione alla salute.
É stato ancora detto che vi è la necessità di migliorare le abitudini alimentari e di mandare un messaggio ai consumatori, perché migliorino le abitudini alimentari con un risparmio anche per il Sistema Sanitario Nazionale alla luce del collegamento esistente tra obesità e una cattiva alimentazione. Per merendine, patatine, crackers e altro, si è per ora decisa una strada diversa: il Ministero alla Salute ha chiesto ai produttori di abbassare entro il 2014 grassi, zuccheri e sodio per rendere questi alimenti più sani. É naturale che qualcuno si attenda da chi fa il mio mestiere, cioè il clinico nutrizionista, una presa di posizione favorevole: mi spiace, li deluderò.
Sono perplesso.
É vero che l'obesità è una delle sfide del ventunesimo secolo più difficili per i Paesi europei, ma è anche vero che gli interventi di prevenzione, fino ad ora, si sono dimostrati inefficaci perché basati sul paradigma della responsabilità che vede l'insuccesso (obesità) come un fallimento personale (cattivi comportamenti).
In pratica non si è tenuto conto della complessità del problema e non sono stati programmati interventi strutturali. Tanto per essere chiari la Nutrizione Clinica non è inserita nell'iter di studi della Facoltà di Medicina, le prestazioni dei nutrizionisti clinici non sono inserite nei LEA (prestazioni e servizi che il Servizio Sanitario Nazionale è tenuto a fornire ai cittadini) e le Unità di Dietologia e Nutrizione Clinica non sono state implementate negli Ospedali pubblici. Dare la colpa dell'obesità dilagante alle bevande analcoliche è fuorviante. L'obesità ha un gradiente NordSud, come il diabete.
In pratica sono più pesanti gli abitanti del Sud e si distinguono in questa speciale classifica ad esempio i molisani che, però, consumano pro‑capite molte meno bevande analcoliche dei veneti, dei toscani o dei piemontesi che sono molto più magri. Sono confuso perché ho letto, casualmente, un documento del Ministero della Salute che ci dice che i soft drinks non incidono significativamente sull'apporto calorico dei ragazzi della fascia di età 3‑10 anni, e che su indicazione del Ministero della Salute anche il settore delle bevande analcoliche ha condiviso specifici impegni volontari, tra i quali la riduzione di zucchero, l'aumento dell'offerta di prodotti a ridotto contenuto calorico, la rinuncia ai distributori automatici nelle scuole dell'obbligo, l'autodisciplina della comunicazione commerciale rivolta ai bambini, la promozione dell'attività fisica e l'etichettatura nutrizionale come riportato nello stesso documento ministeriale. E allora perché il differente approccio ipotizzato riguardo alla tassazione dei prodotti alimentari? Anche se pensiamo alla prevenzione dell'obesità nei nostri ragazzi non possiamo fare a meno di evidenziare la mancanza di interventi strutturali incentivanti l'attività fisica e il movimento. Ci dicono che anche Danimarca e Ungheria, oltre alla Francia, hanno adottato provvedimenti simili. Dal Ministero della Salute fanno, però, notare come sia particolarmente complicato valutare gli effetti della tassazione sulle abitudini alimentari di questi paesi. In realtà non è solo questo il problema: la Danimarca ha introdotto la prima fat tax; gli alimenti che hanno subìto il tributo addizionale più sostanzioso ha scritto recentemente il Copenhagen Post sono il burro, gli oli e i prodotti lattiero‑caseari in generale. In pratica dal 1 Ottobre 2011 l'olio di oliva costa il 7,1% più. Ma l'olio di oliva non è un caposaldo della dieta mediterranea patrimonio dell'UNESCO? E la Francia ha tassato i superalcolici ma non il rum e tantomeno il vino! Piero Ostellino ha definito queste misure una «ipocrisia di Stato che limita la libertà personale solo per far cassa».
La tassa sull'alcol sembra far riecheggiare il moralismo americano degli anni del proibizionismo dove scienza, salute, nazione, potere economico e affari si sono intrecciati senza tenere conto dell'ambiente e della cultura dei diversi soggetti. Il proibizionismo americano non ha avuto neanche una sola conseguenza oggettivamente positiva, scientificamente documentabile, né a livello individuale né a livello sociale. Non dimentichiamo che la proibizione aumenta il valore soggettivo che il singolo attribuisce alla cosa proibita e, quindi, ne accentua il desiderio. Sono preoccupato perché non capisco come mai sembri necessario tassare le bibite legate tradizionalmente a momenti di piacere e svago, penalizzare tutti con una misura che non educa e offrire una immagine sbagliata su un prodotto che, consumato in maniera ordinaria, non crea preoccupazioni. Se abbiamo iniziato colpevolizzando le bevande analcoliche, spesso anche a zero calorie, quando arriveremo ai grassi, agli insaccati, ai dolci, al cioccolato e alla pizza che cosa succederà?
Che significa junk‑food? Una salsiccia artigianale, considerato il contenuto in grassi, è un cibo spazzatura? Michael Fitzpatrick paventa il rischio di una Tirannide della salute.
Se ipotizziamo che chi persegue la salute è morale e non chi fa qualcosa di buono della vita, allora il corpo prende il posto della classe, della nazione, della razza. Lo Stato Etico‑Salutista cancella le ultime frontiere tra pubblico e privato e permette ai politici di appropriarsi delle scelte private dei cittadini.
Penso che questa sia una cosa che nessuno di noi vuole!

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