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  Dicembre 2012

Articoli n° 03
APRILE 2011
 
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COLLEGATO lavoro L. 4/11/2010 n. 183: nuovo pilastro del Diritto?

Proroga della moratoria ABI per le Pmi


COLLEGATO lavoro L. 4/11/2010 n. 183: nuovo pilastro del Diritto?


Il legislatore, anziché rafforzare la posizione giuridica del lavoratore, la ridimensiona, riducendo alcune tutele e diritti conquistati nel tempo


Massimo Ambron Avvocato
massimo.ambron@libero.it

Dopo almeno due anni di lavoro e non poche modifiche e interventi sul testo originario da parte sia della Camera dei Deputati, sia del Senato della Repubblica il Collegato Lavoro è stato approvato il 19 ottobre 2010, dopo l'ultima puntuale relazione del dottor Giuliano Cazzola, il quale, così, concludeva davanti all'Assemblea: «Per me è stato un grande onore avere svolto il ruolo di relatore di questo provvedimento, che verrà annoverato aggiungeva come uno dei più importanti in materia di lavoro della sedicesima legislatura».
L'impegno profuso è stato gravoso e ha richiesto costante coinvolgimento per la complessità e delicatezza delle questioni trattate, in particolare sulle disposizioni che riducevano la sfera dei diritti del lavoratore. Il suo iter parlamentare è stato tortuoso e non sono di certo mancate le critiche. Lo stesso Presidente della Repubblica, per la prima volta da quando è in carica, ricevuto il Progetto di legge, lo ha approvato (ma non promulgato), rinviandolo alle Camere per una nuova deliberazione con messaggio motivato del 31 marzo 2010, come consentito dall'art. 74 della Costituzione. Finalmente il cosiddetto Collegato Ordinamentale Lavoro è diventato Legge dal 4 novembre 2010, precisamente la n. 183, e consta di 50 articoli, ben 22 in più rispetto al testo originariamente predisposto dal Governo.
Gli istituti ai quali sono state apportate significative modifiche riguardano temi "scottanti" come le controversie di lavoro, la certificazione dei contratti, il contratto a tempo determinato, la conciliazione, l'arbitrato, le clausole generali, le decadenze, che potranno essere oggetto di approfondimento nei prossimi articoli. Le critiche riguardano quegli aspetti della legge che riducono e affievoliscono le tutele del lavoratore, in quanto consisterebbero in norme di "segno contrario"; insomma, non sono norme che rafforzano i diritti della parte più debole, ma norme cosiddette di "tutela di riproporzionamento". In buona sostanza, il legislatore nell'ambito del diritto del lavoro che trova la sua genesi nella tutela della parte più debole (il lavoratore), invece di rafforzarne la posizione giuridica, la limita, la ridimensiona e anzi le fa fare un passo indietro, rispetto ai diritti conquistati nel tempo.
Ciò si verifica, ad esempio, in materia di contratto a tempo determinato che stabilisce, all'articolo 32, nel caso di conversione a tempo indeterminato, una indennità omnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, a titolo risarcitorio. In precedenza, invece, il datore di lavoro poteva essere condannato all'esborso di tutte le mensilità retributive con relativi versamenti contributivi, a partire dalla data della cessazione del rapporto impugnato fino alla reintegrazione al lavoro a seguito di sentenza favorevole. Tale norma tende a ricondurre ad entità prevedibile e contenuta il risarcimento, evitando come accaduto nel passato condanne anche di anni di retribuzione con notevoli ed imprevisti oneri a carico delle imprese.
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