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Credito difficile:
reinterpretare Basilea 2
Credito difficile:
reinterpretare Basilea 2
In un mercato dalle risorse scarse il valore del merito è essenziale, vanno perciò sfrondati gli elementi burocratici e valorizzate le informazioni dinamiche delle regole di accesso ai finanziamenti
di Alessandro Falco,
membro del Consiglio Direttivo di Confindustria Caserta
Il dibattito intorno al tema del credito e al rapporto tra Banche e Pmi è sempre più caratterizzato da una forte tensione, in cui la lucidità della discussione è offuscata dall’“emergenza liquidità” per le Pmi che si trovano in difficoltà.
Tutto ciò impedisce un sereno confronto sui problemi strutturali in campo e richiama alla mente lo storico grido del mattino per il dopo terremoto: fate presto!
Provando a sforzarsi di fare una analisi lucida, non c’è dubbio che la premessa deve essere una presa d’atto di una contrazione nella disponibilità di credito da parte del sistema bancario; contrazione che, penso, travalichi i problemi congiunturali post-crisi e, temo, caratterizzerà almeno i prossimi due o tre anni.
In questo scenario, innanzitutto, sono necessari strumenti congiunturali che attutiscano l’effetto nei prossimi 6-8 mesi. Meritevoli al riguardo sono le iniziative messe in campo da Confindustria con l’Avviso Comune per la sospensione dei debiti delle piccole e medie imprese verso il sistema creditizio. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, l’ABI, Confindustria e le altre Associazioni di rappresentanza delle imprese, hanno sottoscritto un Avviso comune per la sospensione dei debiti delle PMI verso il sistema creditizio, con l’obiettivo di dare respiro finanziario alle imprese in difficoltà nell’attuale congiuntura. Le misure previste a favore delle Pmi sono tre:
• sospensione per 12 mesi della quota capitale delle rate di mutuo;
• sospensione per 12 ovvero per 6 mesi della quota capitale dei canoni di operazioni di leasing rispettivamente immobiliare o mobiliare;
• allungamento a 270 giorni delle scadenze delle anticipazioni bancarie su crediti.
Gli interventi sono utili per due “target” di impresa:
• per chi si è trovato ad avviare investimenti nel pieno della crisi, finanziati con strumenti di medio-termine quali mutui e leasing, potrà chiedere la sospensione della quota capitale per 12 mesi, in modo da puntare a pagare di nuovo la quota capitale quando si spera di avere la ripresa del fatturato e, di conseguenza, dei cash-flow aziendali;
• per chi sta subendo maggiormente il ritardo negli incassi, operando in filiere in cui la crisi di liquidità sta allungando i tempi di pagamento, può essere opportuno un allungamento delle scadenze sulle anticipazioni bancarie.
Una sana boccata di ossigeno rispetto alla quale è importante verificare in questa fase la sua concreta applicazione con una attenta attività di monitoraggio da parte di Confindustria.
Accanto a tali interventi, però, volgendo lo sguardo oltre i sei mesi, diventa centrale una discussione sulle regole da adottare per l’accesso al credito; se, difatti, il mercato del credito opererà con risorse scarse, con un inevitabile rafforzamento del potere contrattuale del fornitore/banca, vanno individuati criteri di accesso chiari trasparenti e, soprattutto, efficienti nell’interesse delle Pmi.
La domanda è la seguente: «in un sistema di “turbo-economia”, come è possibile che ci si affidi ad un meccanismo di controllo/filtro quale quello cosiddetto di “Basilea 2”, basato su un’analisi statica dei dati aziendali, per lo più riferita ad annualità di bilancio arretrate mediamente di 10-15 mesi rispetto alla date di delibera di concessione dei finanziamenti?».
Prova ne è il fatto che il minore impatto della crisi in Italia è dovuto al combinato disposto di una maggiore “prudenza” nell’approccio alla leva finanziaria da parte delle Pmi e delle banche. Il fenomeno degli eccessi americani del finanziamento del consumo oltre i limiti sostenibili in Italia è presente più nel credito al consumo che nel mondo delle Pmi e del segmento corporate, al di là di casi “patologici” nel settore immobiliare e nel mondo dei leasing immobiliari.
Ma se l’analisi statica risulta insufficiente, nemmeno si può pretendere che nel 2010 si possa chiedere ad un istituto di credito di affiancare un progetto di investimento con una stretta di mano, senza avere la capacità da parte dell’impresa di illustrare quanto meno gli obiettivi dell’investimento, i risultati attesi ed un minimo impatto sugli equilibri economici-finanziari dell’azienda.
Il dibattito sulla revisione di Basilea 2 deve essere improntato sulle necessità non già di ridurre la mole informativa che le imprese devono dare al sistema bancario, bensì di sfrondarne gli elementi burocratici e di valorizzare le informazioni dinamiche, sugli investimenti in corso e sui programmi di crescita delle imprese.
Ciò significa abituare sia le Pmi a preparare veri Business Plan sia il direttore di filiale a leggerli “attivamente”. In questo senso è opportuna anche una riconsiderazione da parte delle banche circa il ridimensionamento professionale e decisionale del responsabile della filiale/agenzia bancaria, unico terminale sul territorio in grado di decifrare le caratteristiche e le potenzialità delle singole Pmi italiane e delle concrete e reali leve di sviluppo delle stesse.
Sul tema delle regole non si deve dare la percezione al “sistema Pmi” che la soluzione consista semplicemente nel cancellare “Basilea 2”, ritornando a meccanismi di accesso al credito poco chiari e trasparenti. Le Pmi devono prendere coscienza che in un mercato a risorse scarse le regole meritocratiche saranno sempre più importanti. Sarà compito degli imprenditori in prima persona monitorare e fare propri gli indicatori di redditività e solidità finanziaria presenti nei bilanci, non vedendo più gli stessi come un corpo estraneo e come esclusivo “terreno di scontro” tra Commercialisti, Banche e Fisco, bensì come l’espressione oggettiva della loro gestione nonché termometro delle proprie potenzialità di accesso al sistema bancario.
In questo scenario, le Pmi con Bilanci e scoring adeguati possono paradossalmente anche “aiutare” il Governo e Confindustria a proporre strumenti nuovi che consentino di drenare verso il sistema nuove risorse finanziarie. Anche in questo caso è apprezzabile lo studio in corso circa la possibilità di “dirottare” le risorse finanziarie dei Tremonti Bond verso strumenti più direttamente utilizzabili dalle Pmi.
Un esempio di tali scelte può essere il potenziamento della dotazione finanziaria del fondo di garanzia oggi gestito dal Mediocredito Centrale, in modo da ottenere, con l’effetto leva, una moltiplicazione degli impieghi e dei finanziamenti concedibili alle imprese.
A tale riferimento, nella studio di nuovi strumenti di aiuto, potrà essere interessante verificare la possibilità di concedere direttamente alle imprese dei "bonus garanzia", in modo da far crescere il potere contrattuale delle stesse ed incrementare la concorrenza tra le banche.
In questo senso, liberati dall'alibi della capacità di accesso al credito in termini di rating e, più in generale, con il possesso di un’adeguata capacità cauzionale per il tramite delle accresciute garanzie, sarà più semplice monitorare gli istituti che preferiranno concentrare i propri impieghi sulle Pmi e, in particolare per quelle del Mezzogiorno, verificando sul campo se esistono, una o più banche "per" il Mezzogiorno, oppure se, a quel punto, l'unica strada sia una banca “del Mezzogiorno”.
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