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  Dicembre 2012

Articoli n° 09
NOVEMBRE 2009
 


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Italia digitale a metÀ del guado

L’Osservatorio di Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici analizza il ritardo del Paese


Roberto Triola
Responsabile Ufficio Studi Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici
triola@confindustriasi.it


A 10 anni dall’inizio della diffusione di internet come fenomeno di massa, si sta determinando un importante cambio di paradigma: da protocollo di comunicazione la rete si evolve in infrastruttura di erogazione dei servizi innovativi (BtoB, BtoC e GovtoC). Eppure lo sviluppo nel nostro Paese della Società dell’Informazione e della Conoscenza appare essersi realizzato in modo ancora incompleto. Circa metà della popolazione fatica a superare la prima fase dell’”accesso in rete”, mentre l’altra metà sta evolvendo verso una fase nuova, nella quale l’adozione delle applicazioni “web 2.0” (basate su infrastrutture di banda larga e servizi innovativi) genera maggiori vantaggi sia per l’utente finale che per il Paese. In quest’ottica la ricerca di Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici presentata a Milano il 28 settembre scorso prova a descrivere il passaggio della società e dell’economia italiana da una “digitalizzazione di primo livello” a quel fenomeno della “collaborazione e partecipazione in rete” che può contribuire a ridurre il peso della burocrazia e ad aumentare la produttività del Paese, ormai stazionaria da anni.

Figura 1 - Alfabetizzazione ICT delle famiglie italiane
Fonte: Elaborazioni Confindustria Servizi Innovativi su dati Between 2009
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i-Society: la rete è “abitata” da meno del 50% degli italiani
Il 38% di famiglie italiane è “analfabeta” dal punto di vista dell’uso degli strumenti IT e di internet (Fig. 1).

Ad esse si somma un ulteriore 17% di famiglie che, pur essendo considerate alfabetizzate perché uno o più membri sa utilizzare il PC, non dispone di un collegamento domestico a internet. La percentuale di famiglie ancora da raggiungere con i servizi innovativi on-line rimane quindi superiore al 50%.
Ci sono tuttavia elementi positivi. Le famiglie italiane provviste di una connessione in banda larga “fissa” sono arrivate a 9,7 milioni, crescendo ad un tasso annuo ancora superiore al 10%. Da notare che il numero degli utenti complessivi di internet aumenta a tassi più elevati rispetto alle connessioni, sintomo che all’interno della famiglia funziona un meccanismo di disseminazione, spesso affidato ai componenti più giovani che insegnano agli altri componenti della famiglia l’uso delle tecnologie.
L’adozione di internet delle famiglie italiane nel corso dell’ultimo anno è stata inoltre sostenuta dalla disponibilità di nuovi collegamenti in banda larga mobile (via connect card e/o chiavette USB). Si stima che un ulteriore 4% delle famiglie italiane sia ormai connesso attraverso le reti mobili. Con riferimento all’uso della rete, si sottolinea come le famiglie a banda larga siano caratterizzate da un pesante ricorso ai servizi on-line, in particolare quelli di comunicazione, informazione e partecipazione. Lo stretto rapporto tra servizi on-line e famiglie provviste di banda larga indica che l’uso della rete sta evolvendo da un approccio meramente comunicativo ad uno partecipativo, nel quale si diffonde l’uso servizi e contenuti sempre più interattivi e di elevata qualità: è quella che definiamo “la parte abitata della rete”.

i-Economy: investimenti ICT poco associati ad obiettivi di business

Come sottolineato nel caso delle famiglie anche per quanto riguarda le aziende l’Italia sconta un problema di alfabetizzazione, che riguarda soprattutto le piccole imprese (il 95% del totale). Il 29% delle aziende con meno di 10 addetti è ancora privo di un pc e il 48% non ha la connessione in banda larga.
In generale, però, a prescindere dalle dimensioni aziendali, sembra che la percezione legata ai costi dell’ICT sia ancora troppo radicata nelle imprese, mentre internet e il ricorso a servizi on-line sono ancora poco associati ad obiettivi di sviluppo del business.

e-Government: informatizzazione senza interazione
Per quanto riguarda i Comuni
, il problema non sembra essere quello dell’alfabetizzazione digitale: tutti i Comuni sono informatizzati, accedono a internet, nella maggior parte dei casi con collegamenti a banda larga, e in misura significativa (82%) hanno un sito web. La digitalizzazione sembra essere avvenuta però soprattutto per questioni amministrative, per dialogare in rete con gli enti centrali della PA (Agenzia delle Entrate, Anagrafe, INPS, CdC ecc.), mentre i servizi on-line per gli utenti sono ancora poco diffuse.
Il livello di interattività dei Comuni risulta comunque ancora molto basso: l’offerta di servizi on-line ai cittadini è ancora molto spesso limitata ai soli contenuti informativi, come accade per il 59% dei siti web dei Comuni. Il 37% dei Comuni consente invece di scaricare moduli e solo il 4% mette a disposizione applicazioni veramente interattive, quali l’avvio e/o conclusione di pratiche, pagamenti on-line.
Una situazione analoga è presente nel mondo della scuola. Le scuole italiane, pur presentando una dotazione tecnologica di base di buon livello, sono ancora indietro nel processo di implementazione delle funzioni più cooperative offerte dalla tecnologia nei rapporti con le famiglie e gli studenti.
Le tecnologie sono quindi entrate nella scuola, ma più nell’amministrazione che nella didattica. In questo senso ci si attende molto dall’introduzione dei contenuti digitali. È auspicabile ad esempio la creazione di un e-marketplace per i materiali didattici digitali (E-Book, Learning Object, Podcast ecc.), dove tali materiali possano essere valutati dagli insegnanti ed acquistati dagli studenti dietro pagamento del costo della licenza d’uso.
Anche nel mondo della sanità risultano ancora carenti i servizi avanzati per i cittadini, nonostante le buone pratiche nazionali e internazionali dimostrino che investimenti in innovazione digitale e in applicazioni di telemedicina possono portare risparmi fino al 10% della spesa sanitaria complessiva.

Reti digitali e servizi innovativi exit strategy dalla crisi
I dati mostrano che la disponibilità di reti digitali e servizi innovativi costituisce anche una sorta di “exit strategy” dalla crisi.
Per recuperare il ritardo accumulato dal nostro sistema Paese occorrono misure che possano favorire investimenti e riforme di tipo strutturale che coinvolgano: la riduzione della burocrazia (attraverso il ricorso ai servizi on-line); il potenziamento delle infrastrutture; l’adeguamento del capitale umano (migliore formazione e uso delle tecnologie ICT); le liberalizzazioni dei servizi.
Le riforme in questi 4 ambiti (Tab. 1) porterebbero nel lungo periodo ad un aumento in termini di PIL pari ad almeno il 30%. In questo contesto l'economia italiana ha una grande occasione per rivedere alcuni fattori strutturali, innovazione e produttività, che pesano sull’efficienza del Sistema Paese, e per uscire dalla crisi con una struttura produttiva ed organizzativa più forte di prima.
«Occorre realizzare - ha detto il Presidente di Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici Stefano Pileri - un Progetto Paese sistemico, che coinvolga domanda e offerta di servizi innovativi, indirizzato a superare, progressivamente ma con tempi definiti, il ritardo digitale di tutte le componenti della società civile».

Fonte: Elaborazioni e stime su dati Commissione Europea, WEF, IMD e Banca d’Italia.
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