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  Dicembre 2012

Articoli n° 09
NOVEMBRE 2009
 


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a cura dell’Ufficio Relazioni con il Pubblico - ISPESL


Amianto negli edifici


Nonostante la legge italiana ne abbia proibito l’impiego e la produzione, il pericolo di esposizione
a tale minerale permane tuttora. A rischio soprattutto edifici pubblici e scuole

di Antonella Campopiano e Deborah Ramires
Laboratorio Polveri e Fibre, Dipartimento Igiene del Lavoro, ISPESL,
antonella.campopiano@ispesl.it - deborah.ramires@ispesl.it

Il maggiore impiego industriale dell’amianto, a livello mondiale, è stato in combinazione con il cemento, per la realizzazione di una grande varietà di prodotti, come ad esempio condutture, lastre piane e corrugate. Altri impieghi significativi dell’amianto sono stati la realizzazione di prodotti a base di asfalto o vinile per la pavimentazione, prodotti isolanti per le condutture e le caldaie, feltri per la costruzione di tetti, tessuti speciali, materiali di attrito, prodotti antincendio spruzzati ed isolanti elettrici.

Figura 1. Immagine al microscopio elettronico a scansione di fasci di crisotilo presente nelle coperture in cemento-amianto e suo spettro EDS
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I materiali contenenti amianto possono costituire una fonte di inquinamento negli edifici, a seconda se l’amianto sia o meno saldamente legato all’interno del materiale. I materiali in cemento-amianto sono un chiaro esempio di amianto inglobato all’interno del prodotto e generalmente non costituiscono una significativa sorgente di inquinamento, fintanto che tali prodotti rimangono in buone condizioni. L’impiego di amianto in prodotti antincendio spruzzati rappresenta, invece, un esempio di amianto non legato saldamente, questi alla pari di altri prodotti friabili, possono facilmente rilasciare fibre nell’ambiente.
Malgrado la normativa italiana abbia proibito nel 1992 (Legge n. 257 del 27 marzo 1992 “Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto” - Supplemento Ordinario alla Gazzetta Ufficiale, Serie generale, n. 87, del 13/4/1992), l’impiego e la produzione dell’amianto e dei materiali che lo contengono, il rischio di esposizione a tale minerale permane tuttora, perché la maggior parte di questi materiali sono situati principalmente negli edifici pubblici e nelle scuole.

Materiali contenenti amianto
La contaminazione da amianto all’interno di un edificio dipende dalla friabilità e dallo stato di degrado del materiale contenente amianto. Per “materiale friabile” si intende qualsiasi materiale contenente più dell’uno per cento di amianto che può essere sbriciolato o ridotto in polvere con la sola pressione della mano, mentre per “materiale compatto” si intende qualsiasi materiale duro che può essere sbriciolato o ridotto in polvere solo con l’impiego di attrezzi meccanici. In Tabella 1 sono riportati i principali tipi di materiali contenenti amianto ed il loro potenziale di rilascio di fibre (Decreto del Ministro della Sanità 6 settembre 1994 “Normative e metodologie tecniche di applicazione dell’art. 6, comma 3, e dell’art. 12, comma 2, della legge 27 marzo 1992, n. 257, relativa alla cessazione dell’impiego dell’amianto”. Supplemento Ordinario alla Gazzetta Ufficiale, Serie generale, n. 288, del 10/12/1994). Tutti i ricoprimenti a spruzzo sono classificati come materiali ad elevata friabilità. Generalmente l’amianto utilizzato era di tipo anfibolico (crocidolite, amosite) unito a sostanze come cemento, gesso o resine; questo preparato veniva spruzzato direttamente sulle strutture portanti di acciaio, sul soffitto o sulle pareti. Poiché le superfici trattate con amianto a spruzzo sono facilmente danneggiabili, ogni piccola perturbazione può risultare importante per la diffusione delle fibre nell’ambiente. Al contrario, prodotti in cemento amianto (Figura 1-2) in particolare prodotti in vinil-amianto, ampiamente utilizzati per la pavimentazione di edifici pubblici, scuole ed ospedali, non rilasciano fibre di amianto aerodisperse poiché queste sono strettamente inglobate nella matrice.

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Valutazione del rischio
Per valutare il rischio per la salute, derivante da esposizione all’amianto, è necessario effettuare indagini specifiche negli edifici, verificando la presenza e lo stato dei materiali contenenti amianto e, per verificare se è in atto una dispersione di fibre di amianto nell’ambiente, effettuando campionamenti dell’aria.
Individuati i materiali che contengono amianto presenti nell’edificio e classificati, in base al grado di friabilità ed allo stato di conservazione, un monitoraggio ambientale potrà fornire l’effettivo rischio da esposizione. La scelta della corretta azione da intraprendere deve avvenire secondo i criteri riportati nel DM 6/9/94. Le tecniche di bonifica previste sono: la rimozione, l’incapsulamento ed il confinamento.
La rimozione è il procedimento più diffuso perché elimina ogni potenziale fonte di esposizione. Presenta, però, diversi inconvenienti: comporta un rischio estremamente elevato per i lavoratori addetti alla bonifica e per l’ambiente; produce notevoli quantitativi di rifiuti tossici e nocivi che devono essere smaltiti correttamente e richiede l’applicazione di un nuovo materiale, in sostituzione dell’amianto rimosso.
L’incapsulamento consiste nel trattamento dell’amianto con prodotti penetranti o ricoprenti che tendono ad inglobare le fibre di amianto e a costituire una pellicola di protezione sulla superficie esposta; è il trattamento di elezione per i materiali poco friabili di tipo cementizio. Occorre verificare periodicamente l’efficacia dell’incapsulamento, che col tempo può alterarsi o essere danneggiato.
Il confinamento consiste nell’installazione di una barriera a tenuta che separi l’amianto dalle aree occupate dell’edificio. Per evitare il rilascio di fibre all’interno del confinamento, in genere tale metodo viene associato ad un trattamento incapsulante.

Figura 2. Crisotilo e crocidolite presente in un tramezzo in cemento-amianto osservato in microscopia ottica in contrasto di fase

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