la “mala gestio” nei servizi finanziari
e i contratti derivati
la “mala gestio” nei servizi finanziari
e i contratti derivati
La tutela delle imprese clienti e la responsabilità degli intermediari finanziari Maurizio Galardo
Avvocato, Studio Legale Galardo & Venturiello info@galardoventuriello.it
I contratti su strumenti finanziari derivati (Swap, Options, Futures, Forwards, ecc.) hanno ad oggetto pattuizioni su eventuali differenze tra indici di prezzo di attività finanziarie sottostanti, le più varie (quotazioni di titoli, tassi d’interesse, valute, ecc.). Si tratta di prodotti finanziari particolarmente complessi e non adatti a tutti gli investitori; essi infatti possono subire le oscillazioni negative del mercato causando notevoli perdite economiche.
Alla luce di ciò occorre chiedersi come mai tante imprese abbiano sottoscritto contratti così aleatori dichiarandosi “operatori qualificati”.
L’art. 21 del D.Lgs. n. 58/1998, nel definire i principi generali cui si deve informare il rapporto intermediario/investitore stabilisce che nella prestazione dei servizi di investimento e accessori i soggetti abilitati devono: 1) comportarsi con diligenza, correttezza, nell’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati, classificando il grado di rischiosità dei prodotti finanziari e delle gestioni di portafogli d’investimento, adeguando le operazioni consigliate agli investitori al profilo di ciascuno di questi, determinato sulla base delle loro esperienze in materia di investimenti in prodotti finanziari, dei loro obiettivi e della loro propensione al rischio; 2) acquisire dai clienti le informazioni necessarie e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati; 3) organizzarsi in modo da ridurre al minimo il rischio di conflitti di interesse; 4) disporre di risorse e procedure, idonee ad assicurare l’efficiente svolgimento dei servizi; 5) svolgere una gestione indipendente, sana e prudente e adottare misure idonee a salvaguardare i diritti dei clienti sui beni affidati.
Gli intermediari devono inoltre consegnare ai clienti il “documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari” (art. 28); inoltre le imprese di investimento, quando ricevono da un investitore disposizioni relative ad una operazione non adeguata, devono informarlo di tale circostanza e delle ragioni per cui non è opportuno procedere alla sua esecuzione. Se il cliente intende comunque dare corso all’operazione essa potrà essere eseguita solo sulla base di un ordine impartito per iscritto nel quale sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute (art. 29, c. 3). La Consob nella delibera n. 11522/1998 ha anche precisato la nozione di «operatore qualificato o investitore professionale», intendendo come tali le imprese che operano nel settore finanziario e le persone fisiche che documentino il possesso di specifici requisiti e, comunque, le persone fisiche e giuridiche in possesso di una specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari espressamente dichiarata per iscritto dal legale rappresentante (art. 31).
L’art. 26 della Delibera n. 11522/98 Consob in materia di intermediari, alla lettera f) afferma il fondamentale obbligo per l’intermediario, di eseguire le istruzioni ricevute dal cliente in modo da realizzare il maggior vantaggio per lo stesso. L’intermediario finanziario, non può dunque consigliare operazioni non corrispondenti alle condizioni economiche del cliente e quindi non adatte al rischio da lui sopportabile. Alla luce di un recente orientamento giurisprudenziale la violazione della normativa richiamata, comporterebbe la nullità del contratto. Una diversa corrente di pensiero ritiene invece che il mancato rispetto degli obblighi previsti dall’art. 21 del TUF e dagli artt. 26/29 del regolamento Consob n. 11522/98, produca la risoluzione del contratto, integrando il comportamento della banca un inadempimento contrattuale, non avendo questa fornito al cliente le informazioni necessarie per effettuare una scelta di investimento consapevole. Un terzo orientamento giurisprudenziale è giunto a configurare i presupposti per l’annullabilità del contratto per vizio del consenso, nelle ipotesi in cui questo risulti viziato da errore o carpito con dolo, in quanto il mancato rispetto degli obblighi informativi posti a carico dell’intermediario comprometterebbe il processo di formazione della volontà dell’investitore. Nei giudizi di risarcimento dei danni cagionati ai clienti, l’impresa d’investimento, la banca e gli altri intermediari soggiacciono ad una inversione dell’onere della prova, per cui spetta loro la dimostrazione di aver «agito con la specifica diligenza professionale richiesta».
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