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  Dicembre 2012

Articoli n° 5
GIUGNO 2006
 

diritto e impresa - Home Page
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Accordo di ristrutturazione dei debiti: limiti e problemi

La sfida della
mediazione ambientale

Risolto il contrasto sul danno da dequalificazione professionale?

Il dialogo competitivo:
iter procedurale e implicazioni

La sfida della
mediazione ambientale

Marco MARINARO

Processi di partecipazione e decisioni condivise consentono una più adeguata trattazione di problematiche complesse

La costruzione di un'autostrada, di una discarica o di una centrale elettrica, l'istituzione di aree protette, la dismissione e la riqualificazione di insediamenti produttivi sono tutti progetti, sempre più frequentemente, investiti dalle problematiche dell'accettabilità sociale ed ambientale. In proposito è stato rilevato come peraltro la casistica della mediazione ambientale sia quanto mai ampia, variegata e aperta in quanto si va dal privato in conflitto con un altro privato (il bidone dei rifiuti sotto casa, il condizionatore del vicino o i rumori del bar o della discoteca), al privato nei confronti di un'azienda (per lo smaltimento dei rifiuti o per l'installazione di un'antenna telefonica), al cittadino in conflitto con l'ente pubblico (per l'installazione o rimozione di verde o per immissioni da terreni pubblici a privati).
Tuttavia, i conflitti ambientali più frequenti e rilevanti sorgono per l'uso, il possesso o la proprietà di risorse scarse, ovvero riguardano progetti di tutela ambientale o con impatto ambientale rilevante. Tali conflitti si connotano solitamente per la irreversibilità dei progetti e per la difesa dell'interesse generale da parte di alcuni attori.
I processi decisionali tradizionali che riguardano detti progetti generano spesso la cosiddetta "sindrome NIMBY" (Not In My Back Yard) secondo cui in presenza di opere, anche se di pubblica utilità, le comunità locali tendono ad opporsi in maniera radicale chiedendo la modifica o il ritiro del progetto. Una delle principali cause di questa sindrome è stata individuata nel D.A.D. (Decide-Announce-Defend); con questo acronimo si indica la prassi di un processo decisionale in cui le decisioni vengono assunte da un ristretto numero di persone che condividono un interesse di fondo dell'iniziativa e soltanto successivamente ne danno comunicazione all'esterno. Accanto alle cause che attengono al comportamento dei diversi attori, vi sono poi le cause di contesto; le più frequenti riguardano la distribuzione dei danni e dei benefici (danni concentrati, benefici diffusi: si pensi alla localizzazione di un impianto di smaltimento di rifiuti), l'impossibilità di calcolare in maniera oggettiva danni e benefici, l'incertezza circa il verificarsi di eventuali danni (talvolta l'incertezza è semplicemente percepita, ma non per questo è da sottovalutare, in altri casi la questione è avvolta da incertezza scientifica; in molti casi impossibile da superare), la mancanza di canali di comunicazione diretta tra i diversi soggetti che confrontandosi su posizioni antagoniste non hanno la possibilità di verificare la compatibilità tra i propri obiettivi, il numero di livelli decisionali coinvolti. Per prevenire e gestire queste situazioni di conflitto ambientale è sempre più frequente il ricorso ad approcci decisionali alternativi (A.D.R.) improntati al dialogo e alla negoziazione con i diversi soggetti attraverso l'impiego di tecniche per la "costruzione di decisioni condivise": questa è la locuzione che più correttamente descrive l'obiettivo della negoziazione in quanto proprio dalla condivisione e da un processo partecipato dei diversi attori possono emergere decisioni eque, stabili, efficaci ed efficienti.
Dall'esperienza degli studi di urbanistica nasce così e si afferma la necessità di un "processo partecipato o consensuale" con ciò riferendosi alla partecipazione su larga scala di tutti i soggetti interessati e non solo dei loro rappresentanti all'elaborazione di decisioni di carattere pubblico. Gli stakeholders sono soggetti o organizzazioni portatori di una parte di interesse in relazione ad un determinato processo decisionale che tentano di influenzare a proprio vantaggio in maniera indiretta o mediante una loro partecipazione diretta. Nell'ambito della gestione dei conflitti ambientali il mediatore - definito anche "Forum Moderator" - ha il compito specifico di gestire il processo di interazione tra i soggetti coinvolti al fine di ottenere il raggiungimento di un risultato accettabile da tutte le parti (in conformità alla legislazione vigente), in tempi brevi, ed evitando contestualmente il sorgere di eventuali controversie. In caso di negoziati multilaterali con decine o centinaia di parti (interessi diffusi), il mediatore può avere anche il compito particolarmente complesso e lungo di preparare i negoziati prima del loro incontro tentando di ottenere preliminarmente una bozza comune di accordo. Tuttavia, la mediazione ambientale su un progetto non è intesa soltanto al perseguimento di un consenso finale, ma anche per discutere apertamente, informare i cittadini sulla conseguenze di un progetto, elaborare con ogni parte coinvolta una soluzione che sia soddisfacente per tutti. Inoltre, occorre precisare che la mediazione non sostituisce le procedure per ottenere i permessi di pianificazione, ma consente di favorire la preparazione della decisione ufficiale: offre un luogo dove possono esservi molti interessi rappresentati e allevia lo sforzo degli organi amministrativi e giurisdizionali. I principali vantaggi dell'approccio partecipativo sono numerosi; in particolare, si rileva come le risorse (tempo e denaro) impiegate per un processo decisionale alternativo sono notevolmente inferiori rispetto a quelle normalmente utilizzate nella gestione a porte chiuse e con il sorgere di eventuali situazioni di conflitto; inoltre, l'efficacia delle decisioni adottate è maggiore in quanto i partecipanti a un tavolo negoziale, raggiunto l'accordo, si adopereranno per l'attuazione dello stesso soprattutto se lo stesso prevede anche strumenti di monitoraggio e sanzioni in caso di inottemperanza; e ancora, la stabilità delle decisioni adottate è maggiore in quanto un processo decisionale allargato conduce a una soluzione in qualche modo soddisfacente per tutti; infine, ma non ultima, si perviene ad un'equa distribuzione dei guadagni e delle perdite, favorita da una piena partecipazione di tutte le componenti sociali ed economiche. La partecipazione diviene in tal modo lo strumento principale per la costruzione di politiche pubbliche che necessitano, per la loro progettazione e realizzazione, del coinvolgimento di più attori, con l'obiettivo di realizzare una adeguata capacità di governo dei processi (gestione dei conflitti e costruzione del consenso), conseguendo un notevole miglioramento qualitativo delle stesse (arricchite dalla assimilazione dei contributi e delle opinioni dei diversi attori). Ciò nella consapevolezza - sottolineata da un autorevole studioso - che le ragioni del conflitto sono più estese dei fatti: per questo non possiamo rispondere al conflitto soltanto guardando ai fatti e rispondendo ad essi.

Avvocato - info@studiolegalemarinaro.it

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