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  Dicembre 2012

Articoli n° 5
GIUGNO 2006
 

credito e finanza - Home Page
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OpportunitÀ di contenzioso con il Fisco per le imprese del Sud


Le diverse tipologie di accordi stragiudiziali nella riforma


OpportunitÀ di contenzioso con il Fisco per le imprese del Sud

Alessandro SACRESTANO

In ballo vi è l’attribuzione di un credito d’imposta sull’occupazione maggiore rispetto a quello riconosciuto dall’Agenzia delle Entrate

Ia un po' di anni le imprese del nostro Paese stanno fruendo di un interessante strumento di riequilibrio nell'ambito delle politiche occupazionali, accedendo all'agevolazione disposta dall'art. 7 della Legge n. 388/2000, successivamente rivisitata dall'art. 63 della L. n. 289/2002. Si tratta, in sostanza, di un credito d'imposta riconosciuto ai datori di lavoro che, provvedendo a nuove assunzioni con contratti di lavoro a tempo indeterminato, registrino un incremento della base occupazionale, godendo di un implicito abbattimento degli oneri fiscali e previdenziali connessi, fino ad un massimo di 150 euro mensili a lavoratore.
In particolare, poi, ai datori di lavoro del Mezzogiorno, la norma ha assicurato un bonus aggiuntivo che, tuttavia, secondo l'interpretazione dell'Agenzia delle Entrate, deve essere fruito entro il massimale consentito dal regime del de minimis di cui al regolamento CE della Commissione n. 69/2001.
Tale regola prevede che lo Stato e le altre Amministrazioni pubbliche possano erogare aiuti alle imprese - senza il preventivo obbligo di notifica alla Commissione Europea - purché ciò avvenga nel limite massimo di 100.000 euro in un triennio. Tale importo, si presume, infatti, non incida sulla concorrenza in modo significativo. Ne deriva che l'applicazione di tale limite costituisce una sorta di freno alla portata del bonus aggiuntivo, ridimensionandone l'impatto fiscale a favore dei beneficiari che, di fatto, se ne possono avvantaggiare per non più dei citati 100.000 euro nel triennio.
Sul punto, in ogni caso, si è andato consolidando un approfondito orientamento di dottrina, che ha proposto un'applicazione alternativa dell'art. 63 della L. n. 289/2002, mettendo in discussione l'operatività del de minimis a tale proposito. Recentemente, poi, tale indirizzo è stato avallato anche da un filone autorevole della giustizia tributaria, che ne ha condiviso l'impostazione sostenendola sino al secondo grado di giudizio, in Commissione regionale.
Da valutare le opportunità di contenzioso
In sintesi, le argomentazioni proposte sostengono la spettanza del bonus aggiuntivo (pari a 300 euro mensili per ogni incremento occupazionale registrato) oltre il limite imposto dal de minimis. Le conseguenze derivanti dall'applicazione di tale teoria sarebbero disastrose per l'erario, che potrebbe vedersi costretto a riconoscere, nelle aree svantaggiate, quote di credito d'imposta notevolmente superiori a quelle preventivate.
Un primo elemento di supporto all'assenza di vincoli nella fruizione del bonus aggiuntivo risiederebbe nel mancato rinvio alla normativa de minimis da parte delle disposizioni dettate dall'articolo 63 della L. n. 289/02. Quest'ultima, infatti, si limita a prevedere che «se l'assunzione è effettuata negli ambiti territoriali di cui al comma 10 dell'art. 7 della citata L. n. 388 del 2000, è attribuito un ulteriore contributo di 300 euro, nel limite finanziario complessivo fissato con deliberazione del CIPE in attuazione degli articoli 60 e 61 della presente legge, a valere sui fondi previsti dagli stessi articoli». Mancherebbe, quindi, un esplicito riferimento a tutti i limiti e le condizioni espressamente formulati dal comma 10 dell'art. 7, compreso quello all'applicazione del regime de minimis.
In pratica, se il legislatore avesse voluto riproporre il bonus con gli stessi vincoli della versione precedente, l'avrebbe certamente detto in maniera esplicita. Che ciò sia plausibile, può essere dimostrato anche dal fatto che la citata normativa non si è preoccupata di rispettare le indicazioni prescrittive contenute nel Regolamento CE n. 69/2001. In effetti, questo stabilisce che quando gli stati membri riconoscono un'agevolazione secondo la regola del de minimis, è necessario che gli stessi informino i beneficiari sul contenuto della regola e obblighino i fruitori a rilasciare informazioni esaurienti su eventuali altri aiuti a tale titolo ricevuti nel corso del triennio. Tuttavia la norma di cui all'art. 63 omette completamente il riferimento al regime comunitario, e altrettanto fanno le istruzioni al modello ministeriale ICO, da utilizzarsi per la prenotazione dell'agevolazione presso l'Agenzia delle Entrate. Infine, determinante nello scongiurare l'applicazione del de minimis sarebbe la natura dell'incentivo occupazionale
Il bonus per l'incremento dell'occupazione nelle aree svantaggiate deve essere inquadrato nel rispetto del regolamento CE n. 2204/2002 in materia di aiuti di Stato all'occupazione. Detta agevolazione, quindi, costituisce una misura volta a favorire la creazione di posti di lavoro in specifiche aree territoriali, la cui applicazione deve soddisfare le condizioni recate dal predetto regolamento. La sua natura, pertanto, è quella di aiuto all'occupazione, e non di aiuto alle imprese (come è, del resto, evidente anche dal parterre dei soggetti beneficiari).
In effetti, l'articolo 87 del Trattato, in materia di aiuti concessi dagli stati stabilisce in via di principio, al paragrafo 1, che «sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza».
Lo stesso articolo 87, dopo avere definito al paragrafo 2 le specifiche categorie di aiuto comunque compatibili con il mercato comune, individua al successivo paragrafo 3 talune fattispecie di aiuti suscettibili di compatibilità con il mercato comune. In particolare, quindi, può configurarsi una situazione di compatibilità nel caso di:
- aiuti destinati allo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di disoccupazione;
- aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse.
Poiché il bonus aggiuntivo presenta proprio le caratteristiche di aiuto rientrante nella definizione individuata dalle due fattispecie sopra evidenziate, lo stesso non si costituisce come aiuto di stato. Da questa considerazione scaturirebbe quella più importante di impossibilità di applicazione del de minimis che, come noto, trova ragione di esistere solo a proposito degli aiuti di stato. Le imprese interessate dal bonus farebbero bene a seguire con molta attenzione l'evolversi della fattispecie, considerato che l'affermarsi di una tale posizione darebbe, come detto, il via ad un riconoscimento dell'agevolazione in misura piena, oltre il limite finanziario imposto dal de minimis.

Dottore Commercialista
alessandro.sacrestano@progettoarcadia.com

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