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  Dicembre 2012

Articoli n° 5
GIUGNO 2006
 

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Management: il modello italiano È esportabile?

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Management: il modello italiano È esportabile?

Francesco FONTANA

Dai risultati della ricerca
MANAGEMENT FORUM una (cauta) conferma

Si è recentemente conclusa la prima fase di Management Forum (v. fig.1), iniziativa di ricerca, approfondimento e comunicazione promossa da Fondirigenti e svolta da Luiss Guido Carli, Fondazione Università IULM e Booz Allen Hamilton (v. fig.2). I lavori, proseguiti per circa un anno, si sono articolati in una serie di iniziative (ricerca desk, interviste in profondità, focus group, workshop e convegni sull'intero territorio italiano), con un duplice intento: individuare i fattori competitivi del modello italiano di Management e aggregare attenzione sui temi dello sviluppo manageriale all'interno del tessuto industriale italiano (attraversando in maniera trasversale la grande e la piccola impresa; il manager, l'imprenditore e l'imprenditore-manager). La ricerca ha individuato le tendenze e le caratteristiche qualitative del modello manageriale italiano, focalizzando in particolare vari aspetti. Sono sintetizzati qui di seguito i risultati relativi all'aspetto: capacità e competenze che contraddistinguono il modello del manager/imprenditore (v. fig. 3), che di fatto si può ritenere un indicatore specifico delle evidenze della ricerca. Il legame tra le competenze manageriali e la performance dell'impresa, è stato rilevato focalizzando le seguenti variabili:

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Fig. 1 - Il quadro analitico della ricerca (Fonte Management Forum)


Fig. 2 - Distribuzione delle aziende intervistate per settore di appartenenza
(Fonte Management Forum)

Internazionalizzazione
Le aziende intervistate presentano un grado di internazionalizzazione relativamente elevato (il 78% è esportatrice; il 40% ha una quota di fatturato all'estero superiore al 50%). Le aree di espansione riguardano prevalentemente l'Europa, ma anche le aree extra-europee assumono una discreta importanza, soprattutto per le imprese medio-grandi. Il Far East e i Paesi emergenti dell'area extra-EU sono i Paesi target più interessati dallo sviluppo futuro. Le strategie di internazionalizzazione sono di lungo periodo e prevedono l'impiego di un variegato spettro di modalità di entrata (dalle esportazioni indirette agli investimenti diretti all'estero). Gli accordi equity si configurano come il risultato di un processo evolutivo e riguardano soprattutto il settore della Meccanica. Gli accordi di partnership sono invece lo strumento più usato nel comparto del Tessile/abbigliamento, in particolare per lo sviluppo di reti distributive dirette con partner locali.

Innovazione tecnologica
Nelle imprese del campione, l'innovazione tecnologica, sia radicale sia di tipo incrementale, sembra limitata ai processi di sviluppo di nuovi prodotti o alle politiche di design, indipendentemente dalla classe dimensionale delle imprese. I settori più focalizzati su strategie innovative di prodotto sono quello del Mobile/arredamento e del Tessile/abbigliamento. L'innovazione in termini organizzativi e di processo interessa maggiormente i settori della Meccanica e delle Macchine elettriche. In termini prospettici, il 75% delle aziende si dichiara intenzionato ad aumentare gli investimenti in innovazione nel corso dei prossimi anni.

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Fig. 3 - Esportabilità modello manageriale italiano
(Fonte Management Forum)

Cooperazioni tra imprese
L'86% delle aziende intervistate dichiara di fare strutturalmente ricorso ad accordi e altre strategie di collaborazione nella propria operatività, anche se con estensione e intensità differenti in base alle diverse aree funzionali. I settori in cui le collaborazioni risultano più sviluppate sono Mobile-arredamento e Tessile-abbigliamento. L'area funzionale maggiormente interessata da strategie di collaborazione è il commerciale: il 61% delle aziende ha instaurato forme di collaborazione commerciale per lo più riconducibili a partnership, finalizzate all'espansione internazionale. Anche la produzione è svolta di frequente con modalità collaborative, soprattutto nel comparto delle Macchine elettriche ed elettroniche (automazione specializzata). Le imprese hanno espresso anche un forte interesse a collaborazioni per lo svolgimento dell'attività di ricerca e sviluppo (8%). Le collaborazioni hanno una natura strategica, essendo orientate al lungo periodo attraverso modalità di accordo particolarmente strutturate.

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Fig. 4 - Vincoli percepiti rispetto all’internazionalizzazione
(Fonte Management Forum)

Dimensione finanziaria
Il 40% delle aziende del campione non ritiene la finanza di impresa una leva strategica per la crescita, attribuendole un ruolo meramente amministrativo. Lo stadio di evoluzione della finanza di impresa appare correlato alla dimensione aziendale. Nelle PMI, gli investimenti sono scelti prevalentemente sulla flessibilità (tempo di rientro) piuttosto che su valutazioni basate sul ritorno economico e finanziario. La miopia finanziaria è uno dei principali problemi riscontrati nelle PMI, ovvero l'inconsapevolezza dell'esistenza di strumenti finanziari più articolati del finanziamento bancario, adattabili ad esigenze specifiche. La mancanza di competenze finanziarie nelle PMI è riconducibile ad una serie di ragioni: spesso la ridotta dimensione delle aziende non giustifica l'assunzione di risorse dedicate; la finanza è un'attività spesso gestita in prima persona dall'imprenditore, dalla moglie o da una persona della famiglia (e quindi di fiducia), non necessariamente competente in materia.
Un maggior rischio (e un maggior costo) sono attribuiti alle aziende del Sud, a causa della mancanza di infrastrutture al contorno e del più complesso contesto competitivo.

Successione familiare
L'80% delle aziende del campione presenta un assetto proprietario concentrato, che denota nella maggior parte dei casi un'azienda familiare. L'età media degli imprenditori intervistati è piuttosto alta (più di 55 anni per il 20% degli imprenditori). Ciò conferma che nei prossimi 10 anni il nostro sistema di imprese sarà interessato massicciamente dal fenomeno del passaggio generazionale. Tale fenomeno genera per le imprese familiari un delicato momento di discontinuità nella gestione aziendale, che si contraddistingue per i cospicui casi di fallimento. Sebbene possa rappresentare anche un'opportunità per aprire l'azienda a figure di management esterne, i dati del campione non confermano tale tendenza (solo nel 30% dei casi, la successione familiare ha comportato una maggiore apertura a figure direzionali esterne). Sul fronte dei legami esistenti tra risultato competitivo e competenze manageriali, sembra che i leader delle aziende che manifestano comportamenti competitivi con una forte vocazione all'internazionalizzazione o alla collaborazione siano contraddistinti da spiccate capacità comportamentali. L'esistenza di un management o di un imprenditore fortemente orientato alle relazioni può costituire una pre-condizione importante allo sviluppo di strategie relazionali e di internazionalizzazione.
Il modello di competenze italiano risulta infine più orientato all'imprenditorialità che alla managerialità, connotato da leader forti che fondano imprese improntate alla propria personalità.

Preside della Facoltà di Economia Luiss Guido Carli
Direttore Ricerca
Management Forum

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