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  Dicembre 2012

Articoli n?06
Luglio 2012
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MANOVRE DEL GOVERNO, BIANCHI: «Impatto piÙ pesante per il Sud»

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MANOVRE DEL GOVERNO, BIANCHI: «Impatto piÙ pesante per il Sud»

«Impatto più pesante per il Sud»

RITENGO CHE SOPRATTUTTO NELL'ATTUALE FASE DI CRISI SAREBBERO INDISPENSABILI FORME DI AIUTO SPECIFICO PER I GIOVANI MERIDIONALI, ATTRAVERSO CREDITI D'IMPOSTA E AIUTI ALL'AUTO IMPIEGO, CREANDO UN FONDO PER L'AUTONOMIA DI RAGAZZI E RAGAZZE DA FINANZIARE CON UN ACCORDO SIMILE A QUELLO DEFINITO PER GLI AMMORTIZZATORI SOCIALI


SONO SOPRATTUTTO I TAGLI ALLE SPESE PER INVESTIMENTI A PENALIZZARE IL MEZZOGIORNO: IN PARTICOLARE PER LA FORTE RIDUZIONE DELLE RISORSE DEL FAS ATTUATE CON SUCCESSIVI INTERVENTI DAL GOVERNO BERLUSCONI, PARI A OLTRE 300 MILIONI NEL 2011, PIÙ DI 2 MILIARDI NEL 2012, CIRCA 4 MILIARDI NEL 2013

di Raffaella Venerando


LUCA BIANCHI
Vicedirettore Svimez

La Svimez ha stimato che le manovre correttive 2010/2011 di finanza pubblica hanno avuto un impatto negativo più serio al Mezzogiorno che al Centro Nord. Come mai?
Tali manovre, secondo lo studio fatto dalla Svimez e dall'Irpet, comportano un effetto depressivo sul Pil dell'1,10% in Italia, che però è molto differente a livello territoriale, in quanto incide per 8 decimi di punto nelle regioni centro settentrionali e per ben 2,08 punti percentuali in quelle meridionali. In ogni caso c'è da dire che, se i Governi Berlusconi e Monti non fossero intervenuti con le manovre che si sono susseguite, la variazione in termini di impatto sul Pil, a causa del forte aumento dello spread tra Btp e Bund, sarebbe stata ancor più elevata: meno 2,33% nel Centro Nord e addirittura meno 3,80% al Sud.

Vuole spiegarci nel dettaglio come e perché?
Sono soprattutto i tagli alle spese per investimenti a penalizzare il Mezzogiorno: in particolare per la forte riduzione delle risorse del Fas attuate con successivi interventi dal Governo Berlusconi, pari a oltre 300 milioni nel 2011, più di 2 miliardi nel 2012, circa 4 miliardi nel 2013.
Se si analizza l'impatto dei soli tagli agli investimenti sul Pil nell'anno in corso si vede che è di mezzo punto percentuale a livello nazionale, di cui, però, solo lo 0,4% nel Centro Nord e, invece, lo 0,9% al Sud.
Analogamente nel 2013 sarà dello 0,6% per l'intero Paese, di cui lo 0,4% nelle regioni centro settentrionali e l'1,1% in quelle meridionali.

La eco di questi effetti si è esaurita oppure è legittimo e presumibile aspettarsi ulteriori contraccolpi?
Si potrà esaurire a due condizioni.
La prima è che il governo Monti avvii subito e seriamente la spending review, evitando l'aumento a ottobre di due punti percentuali dell'Iva che deprimerebbe ulteriormente i consumi: tenga conto che oggi il calo dei consumi delle famiglie, sia di beni che di servizi, è ben più mercato nel Meridione, dove ha un impatto sul Pil di 2,6 punti percentuali quest'anno e di altri due il prossimo, contro lo 0,8% nel 2012 e lo 0,3% nel 2013 al Centro Nord.
La seconda è che si reperiscano adeguate risorse pubbliche per sostenere gli investimenti pubblici. Solo in tal caso il Pil meridionale si ridurrebbe dell'1,6% e non del 2,9% quest'anno.

Attraverso quali altri canali, tolto il prelievo fiscale, sarebbe possibile secondo lei recuperare e liberare risorse da destinare allo sviluppo?
C'è, oggi più che mai, un'esigenza imprescindibile di trovare spazi per il sostegno, specialmente nel Sud, dei processi di accumulazione di capitale produttivo e arginare così l'attuale recessione che sta determinando effetti sociali pesanti.
Per realizzare quest'obiettivo servono una maggiore efficienza delle amministrazioni nazionali e regionali nello spendere le risorse ancora disponibili dei Fondi strutturali e nell'orientarli e concentrarli su un piano di interventi infrastrutturali e di politica industriale attivabili a breve termine.
Combattendo al tempo stesso una dura battaglia in sede europea per modificare le regole comunitarie sul Patto di Stabilità al fine di allargare gli spazi di intervento per la spesa per investimenti.
È questa - come ha ribadito più volte il premier Monti - la linea d'intervento che permetterebbe di rendere il processo di risanamento compatibile con l'esigenza di non rendere troppo pesante la dinamica recessiva in corso. Non si tratta di avanzare rivendicazioni di carattere territoriale ma di scongiurare i rischi di una strategia di politica economia, condizionata dai vincoli ottusi imposti da un incompleto assetto istituzionale europeo, oggi incapace di tenere insieme le esigenze di risanamento con quelle della ripresa dell'accumulazione di capitale pubblico (infrastrutture materiali e immateriali) e degli investimenti privati.

Sulla riforma Fornero, sulla emergenza giovani e occupazione nel nostro Paese qual è il suo giudizio?
Anche qui il problema assume connotazioni diverse a seconda da Nord a Sud?

La legge Fornero sul mercato del lavoro non riforma strutturalmente il nostro sistema di welfare, che, proprio perché ancora improntato all'universalità degli interventi, non è soggetto ad alcuna forma di selettività né settoriale, né territoriale.
Io ritengo che soprattutto nell'attuale fase di crisi sarebbero indispensabili forme di aiuto specifico per i giovani meridionali, attraverso crediti d'imposta e aiuti all'auto impiego, creando un Fondo per l'autonomia di ragazzi e ragazze da finanziare con un accordo simile a quello definito per gli ammortizzatori sociali.
Altrimenti la sistematica esclusione delle nuove generazioni dai processi di sviluppo, soprattutto al Sud, peggiorerà ulteriormente lo "tsunami" demografico già in corso. Ecco perché il governo dovrebbe farsi promotore di un nuovo patto sociale tra Sud e Nord che ponga al centro le politiche per l'inserimento di giovani qualificati nei processi produttivi. Un Patto fondato su alcune linee guida: l'intraprendenza rispetto alla richiesta, le competenze rispetto ai favori, la legalità rispetto alla furbizia, il merito rispetto all'anzianità, l'integrazione rispetto all'individualismo, la produzione rispetto alla rendita.

Un'ultima domanda sul Decreto Sviluppo: qual è il suo giudizio? Potrebbe portare benefici?
Condivido la scelta del Governo di abrogare una serie di agevolazioni alle imprese attualmente bloccate da una serie di criticità, per far confluire le risorse - pari a circa 650 milioni quest'anno, più altri 200 milioni negli anni successivi - in un Fondo unico così come previsto dal decreto sviluppo.
A patto, però, che questi soldi, che in gran parte provengono da vecchi incentivi operanti in particolare al Sud, come quelli della legge 488, della programmazione negoziata, dei Contratti di Programma, di Localizzazione e d'Area, siano utilizzati soprattutto per creare nuova occupazione qualificata per i giovani del Mezzogiorno.

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