LA SOLUZIONE ARBITRALE NELLE LITI D'IMPRESA
I parametri per una scelta consapevole
RICORSO ALLA MEDIAZIONE
Primi risultati di un'indagine civica
LA SOLUZIONE ARBITRALE NELLE LITI D'IMPRESA
I parametri per una scelta consapevole
ANCHE LA GIUSTIZIA, IN QUANTO RISORSA LIMITATA, DEVE FARSI SOSTENIBILE
Marco Marinaro Avvocato
Avvocato Cassazionista
Professore a contratto SSPL Univ. Napoli Federico II, SSPL Univ. Salerno Seconda Univ. Napoli e Univ. Molise Conciliatore e Arbitro della Camera Consob
www.studiolegalemarinaro.it
La recente introduzione nell'ordinamento italiano di un sistema esteso di
mediazione obbligatoria per le liti civili e commerciali ha avuto il pregio di sollecitare l'attenzione degli operatori e degli utenti del sistema giustizia sui diversi metodi di risoluzione delle controversie.
Si è avviato così un nuovo percorso culturale che tende a riscoprire spazi di autonomia privata fagocitati da una giurisdizione onnivora, al fine di offrire alle parti in contesa nuove opportunità che meglio possano adeguarsi alle specifiche esigenze della controversia insorta.
Questo nuovo percorso nasce dalla consapevolezza, da un lato, della essenzialità e della centralità della giurisdizione dello Stato e, dall'altro, della possibilità di considerare la stessa in termini di sussidiarietà rispetto alle scelte dei cittadini, i quali possono scegliere procedimenti alternativi offerti dall'ordinamento o interamente creati nei limiti dello stesso.
La radice culturale del fenomeno trae linfa da una riflessione sempre più frequente e di recente autorevolmente ripresa dal Primo Presidente della Suprema Corte di Cassazione: la giurisdizione è una risorsa limitata e in quanto tale occorre gestirla. Occorre creare nuovi sistemi seguendo logiche per una giustizia sostenibile. Un abuso di tale risorsa può comportare squilibri tali da giungere ad una sostanziale denegata giustizia, anche soltanto in virtù dei tempi irragionevoli che un cittadino deve attendere per ottenere una
pronuncia giudiziale.
I segnali di una giurisdizione fortemente in crisi e la riscoperta delle opportunità di sistemi "altri" per gestire e risolvere le liti ha aperto una nuova prospettiva che può consentire soprattutto alle imprese di fruire dei tanti vantaggi derivanti da una opportuna gestione della fase conflittuale dei rapporti con altre imprese e, in generale, con tutti gli stakeholders. Una vera rivoluzione copernicana attraverso la quale non sono le liti a doversi "adeguare" al processo, ma è il procedimento risolutivo che si "adegua" alle specifiche esigenze delle parti e della controversia da dirimere. Per cui sono le parti che, assistite dai loro consulenti, sia in fase preventiva sia in quella successiva, valutano gli strumenti adeguati da utilizzare per meglio comporre il dissidio insorto. Una prospettiva culturalmente opposta a quella che invece solitamente permea l'approccio al conflitto e che ripudia anche all'atto della genesi del rapporto contrattuale l'approntamento oculato di una disciplina destinata ad operare nell'eventuale (ma sempre da prevedere) crisi del medesimo. Una trasformazione profonda e silente, rispetto alla quale occorre essere preparati per evitare i rischi connessi ad un uso improprio e poco avveduto di nuovi o vecchi procedimenti alternativi i cui vantaggi non possono sempre ritenersi assoluti, ma relativi.
Soltanto il corretto e opportuno impiego dei diversi strumenti di A.D.R. (Alter-native Dispute Resolution) può consentire di fruire degli specifici benefici che da essi è possibile ottenere. È il caso dell'arbitrato che costituisce soprattutto tra le imprese un metodo di risoluzione delle controversie abbastanza diffuso e anche apprezzato, in quanto la sua sostanziale assimilabilità al processo ordinario ne rende semplice la descrizione strutturale e funzionale. L'arbitrato (soprattutto quello "rituale", cioè che si svolge secondo le regole poste negli artt. 806 e segg. cod. proc. civ.) è noto quale principale strumento di "giustizia privata" proprio nelle liti derivanti da contratti stipulati tra imprese.
Peraltro, la scelta arbitrale, che non può mai essere imposta ex lege, deve attualmente coordinarsi con le ipotesi in cui la mediazione è prevista come obbligatoria
Infatti, la disciplina introdotta con la mediazione delle liti civili e commerciali ha previsto una condizione di procedibilità dell'azione giudiziale qualora la materia sia tra quelle puntualmente indicate dal legislatore (ad es. in materia di contratti bancari, finanziari ed assicurativi). Per cui in queste materie, ma anche qualora sia stata inserita una clausola di mediazione nel contratto dal quale scaturisce la lite, le parti dovranno preventivamente svolgere un procedimento conciliativo al fine di verificare la possibile soluzione negoziale della stessa. Tale previsione e, quindi, tale obbligo per espressa disposizione normativa si applica non solo al processo ordinario, ma altresì anche all'arbitrato.
Ciò comporta a carico delle parti che intendono disciplinare negozialmente la eventuale fase conflittuale del rapporto una particolare cura e attenzione alle vare opzioni ed eventuali fasi, tenendo conto anche degli obblighi legislativamente imposti.
Ed invero è abbastanza ricorrente il fenomeno definito delle "clausole patologiche" e cioè di quelle clausole che soprattutto in tema di arbitrato vengono apposte dai contraenti in sede negoziale, ma che in caso di lite, essendo state redatte in maniera errata o impropria o semplicemente inopportuna, non soltanto non sono destinate a creare vantaggi alle parti, ma creano problemi e svantaggi (nei casi più "fortunati" sono destinate a rimanere inefficaci). Il tema è quello della scelta della via arbitrale e della corretta formulazione della clausola destinata a compromettere in arbitrato le controversie derivanti da un contratto, scelta che diviene irreversibile e che quindi è destinata a condizionare profondamente le modalità risolutive delle liti che potranno insorgere. Peraltro, il fenomeno patologico sopra descritto ha la sua principale causa nella insufficiente attenzione prestata anche dai consulenti non soltanto per la scelta dei procedimenti di ADR, ed in particolare dell'arbitrato, ma anche per la redazione delle relative clausole, tanto è vero che gli studiosi definiscono la clausola compromissoria come la "clausola della mezzanot te".
Dopo una estenuante trattativa negoziale e la finale redazione del testo contrattuale residua ben poca attenzione per gli aspetti processuali, rispetto a quelli sostanziali in ordine ai quali la complessa e lunga trattativa ha sottratto energie e tempi alle parti e ai consulenti, i quali spesso si affidano a formule ripetitive e di stile che non sempre assicurano chiarezza ed utilità di risultati.
Perché la via arbitrale possa costituire un vero vantaggio per le parti occorre che le stesse, al momento sia della stipulazione del contratto (con la redazione della clausola arbitrale), sia dell'insorgenza della controversia (con la redazione del compromesso in arbitrato) effettuino una serie di valutazioni preliminari connesse alla opportunità di tale opzione.
Infatti, mentre in talune situazioni si potrà ritenere opportuno o addirittura insostituibile la scelta arbitrale (come nel caso di arbitrati internazionali, purché le parti provengano da Paesi che hanno aderito alla convenzione di New York del 1958 che assicura la circolazione dei lodi, ovvero qualora la materia sia estremamente tecnica e richieda per questo competenze altamente specialistiche degli arbitri), in altri casi apparirà non consigliabile o assolutamente da escludere (come nel caso in cui il valore della controversia sia modesto e il ricorso all'arbitrato potrebbe divenire eccessivamente oneroso).
La scelta tuttavia deve integrarsi anche con la possibilità di prevedere percorsi multi-step (anche soltanto perché obbligati dalla legge) nei quali sia prevista una prima fase conciliativa, conclusa la quale senza accordo si potrà passare a quella arbitrale (clausole multi-tiered). Ma scegliere la via arbitrale richiede anche una preliminare valutazione sui contenuti della relativa convenzione da stipulare.
E la scelta tra le molteplici possibili opzioni dei relativi contenuti (soprattutto nella fase della stipulazione contrattuale nella quale è possibile solo immaginare le possibili liti e le evoluzioni del rapporto) costituisce peraltro ragione condizionante la scelta della via arbitrale. L'individuazione della sede negli arbitrati internazionali, l'arbitrato ad hoc o quello amministrato, quello rituale ovvero irrituale, l'arbitrato di diritto o di equità, la scelta di un arbitro unico ovvero di un collegio (con le complesse implicazioni derivanti nei rapporti multiparte), la qualificazione degli arbitri e il loro ambito oggettivo di competenza, costituiscono soltanto alcune tra le possibili alternative che si aprono alle parti che si avvicinano alla giustizia arbitrale.
Una accurata valutazione diacronica del rapporto apre così ad una prospettiva nella quale la scelta consapevole di un percorso arbitrale possa costituire per le parti e in particolare per le imprese - le cui dinamiche impongono il perseguimento non soltanto di soluzioni "giuste" ma di soluzioni "utili" - una vera opportunità nella quale i tempi, i costi, la competenza e l'autorevolezza dell'arbitro o del collegio arbitrale possano offrire soluzioni adeguate alla definitiva composizione della lite. |