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  Dicembre 2012

Articoli n?06
Luglio 2012
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CIBO ED ENERGIA/3

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CIBO ED ENERGIA/3

Interrogativi e soluzioni sul problema della carne e l'inefficienza delle fattorie

di Giuseppe Fatati
PRESIDENTE FONDAZIONE A.D.I. PRESIDENT ITALIAN OBESITY NETOWORK DIRETTORE SC DI DIABETOLOGIA, DIETOLOGIA E NUTRIZIONE CLINICA AZ. OSP. S.MARIA, TERNI

L'inefficienza del processo alimentare sembra non ulteriormente sostenibile.
Il significato di questa affermazione è più facilmente comprensibile se consideriamo che la fotosintesi converte meno
del 2 per cento dell'energia solare ricevuta in energia immagazzinata. Il trasformare i vegetali in carne di manzo (efficienza dal 5 al 10 per cento) o in carne di pollo (efficienza dal 10 al 15 per cento) peggiora ancora questo rapporto.
In pratica la quantità di energia utilizzata per produrre cibo è enormemente più grande di quella che ne ricaviamo: nei paesi sviluppati tipo gli Stati Uniti si impiegano circa 10 unità di energia fossile per produrre 1 unità di energia alimentare. Il consumo giornaliero di un uomo adulto equivale a circa 2.500 calorie alimentari pari a 10.500 chilojoule; per far mangiare i 7 miliardi di abitanti della Terra sono necessari 30 exajoule all'anno (un exajoule equivale a un milione di miliardi di joule). Michael Webber ha scritto che «entro il 2050 la popolazione mondiale crescerà fino a raggiungere i 9 miliardi e, considerando i cambiamenti climatici, per soddisfare le necessità la produzione alimentare dovrà raddoppiare».
Per cercare di contenere il problema sarà necessaria una analisi critica anche delle soluzioni adottate fino ad oggi. Le campagne favorevoli all'acquisto di prodotti locali sono sempre più numerose. Dal punto di vista economico spendere denaro all'interno di una comunità invece che inviarlo lontano è vantaggioso ma il dispendio energetico per la produzione potrebbe essere non sostenibile. Ad esempio allevare agnelli in Nuova Zelanda, dove si nutrono in pascoli bagnati dalla pioggia che non hanno bisogno di fertilizzanti o irrigazioni, e spedirli nel Regno Unito richiede meno energia che allevarli localmente.
Inoltre le grandi aziende agricole industrializzate con campi livellati dal laser per ridurre al minimo le perdite di acqua mostrano un'efficienza non facilmente reperibile nelle piccole aziende. Oltre alle preoccupazioni ci sono però anche motivi di speranza: il rapporto 10:1 precedentemente citato può essere migliorato con alcuni accorgimenti pratici. I prodotti di scarto agricoli possono essere trasformati in elettricità: digestori anaerobi e microturbine potrebbero convertire il letame dei grandi allevamenti in elettricità rinnovabile riducendo allo stesso tempo le emissioni di gas serra.
Per risparmiare l'acqua e l'energia per pomparla è sufficiente abbandonare il sistema degli irrigatori rotanti a pioggia che spruzzano l'acqua in aria con sprechi enormi legati all'evaporazione e sostituirli con un sistema a goccia che porta l'acqua direttamente alle radici. Si potrebbe avere con questo ultimo sistema circa un 40% di risparmio di acqua e un 15% di risparmio in energia. Altro metodo promettente è la semina senza lavorazione che riduce lo stress del terreno usando una speciale attrezzatura che inserisce i semi nel terreno non lavorato. In Argentina la metà delle aziende agricole utilizza questa tecnica.
Infine, se vogliamo veramente migliorare l'efficienza del sistema alimentare dobbiamo ridurre gli sprechi mettendo in campo, individualmente, comportamenti virtuosi che siano in grado di influenzare anche la grande distribuzione. Acquistare di meno e in modo più mirato, ridurre il consumo di alimenti che richiedono per la loro produzione grandi quantità di energia, porre attenzione alle etichette, esigere porzioni più piccole al ristorante e infine usare con moderazione i buffet sono in apparenza piccole modifiche dei nostri comportamenti in grado, però, di influenzare positivamente la salute del pianeta.

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