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MISCALI: «Un fisco giusto contro
l'autoreferenzialitÀ della pubblica amministrazione»
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MISCALI: «Un fisco giusto contro
l'autoreferenzialitÀ della pubblica amministrazione»
AVVOCATO , DOCENTE UNIVERSITARIO, È AUTORE DI NUMEROSE PUBBLICAZIONI TRA CUI EURO, ARMONIZZAZIONE FISCALE E FINANZA INNOVATIVA (1998), IL PROJECT FINANCE NEL FINANZIAMENTO DELLE OPERE PUBBLICHE (1999) EIL DIRITTO ALLA GIUSTA IMPOSTA (2009); HA INOLTRE RICOPERTO PRESTIGIOSI INCARICHI IN IMPORTANTI ISTITUZIONI FINANZIARIE ITALIANE
LO STATO DILAPIDA RISORSE PERCHÈ È SENZA CONTROLLO: AUTODETERMINA
L'AMMONTARE DELLA SPESA PUBBLICA E IL CONSEGUENTE FABBISOGNO DI RISORSE DA DRENARE COL FISCO. IL FISCO CONDIVISO INVECE
RIBALTEREBBE IL CONCETTO: PIÙ DI TANTO IL CITTADINO NON PUÒ DARE E NON È GIUSTO CHE DIA.
LO STATO SI ADEGUI DI CONSEGUENZA CON LA SPESA
di Raffaella Venerando
MARIO MISCALI
Avvocato, partiamo dal capitolo tasse: come giudica il livello di tassazione vigente nel nostro Paese, specie se paragonato a quello di altre nazioni europee?
Per rispondere in modo serio dovremmo individuare la pressione fiscale sostenibile da parte del sistema Paese e del singolo cittadino. Poiché non siamo in grado di esprimere nessun giudizio comparativo in termini di efficienza perché mancano le condizioni, il risultato pratico è davanti agli occhi di tutti: l'attuale livello di tassazione non è sostenibile perché compromette la crescita complessiva e, per molti italiani, la possibilità di piena realizzazione personale.
La Corte dei Conti ha recentemente dichiarato che un prelievo fiscale eccessivo è l'ostacolo numero uno alla crescita di un territorio. Condivide?
Certamente. Recepisce autorevolmente la percezione generale secondo cui senza risorse non si possono fare investimenti e senza investimenti non c'è crescita.
Restando in tema, uno dei suoi libri si intitola "Il diritto alla giusta imposta"… apparentemente una contraddizione in termini.
Ma quand'è che una tassa può dirsi equa? Il fisco giusto è il fisco democraticamente condiviso, antidoto per lo Stato dilapidatore di risorse.
Lo Stato dilapida, spreca poiché è autoreferenziale e senza controllo: autodetermina l'ammontare della spesa pubblica e il conseguente fabbisogno di risorse da drenare col fisco.
Il fisco condiviso (giusto) ribalta il concetto: più di tanto il cittadino non può dare e non è giusto che dia.
Lo Stato si adegui di conseguenza con la spesa. Il fisco giusto è quanto un cittadino può permettersi di pagare allo Stato, sia per i servizi pubblici, sia per la solidarietà sociale, senza compromettere le proprie capacità di piena realizzazione personale.
Occorre ribaltare completamente il punto di partenza. Oggi si vede quanto lo Stato spende in un anno e poi si va a caccia dei soldi nelle tasche degli italiani, dove è più facile, al distributore di benzina, sugli stipendi e sulle ritenute dei redditi professionali, una ingiustizia che prevede di pagare le tasse prima di realizzare il reddito. Si dovrebbe, invece, stabilire da zero quali servizi sono necessari, come gestirli, come organizzarli in modo efficiente, quali attività pubbliche possono essere dismesse o privatizzate e così via.
E allo stesso tempo occorrerebbe creare una griglia di valutazione delle effettive possibilità contributive di ognuno di noi da concordare con il fisco in modo chiaro. Nel momento in cui un contribuente versa la sua giusta imposta non dovrà più pagare niente e ottenere tutti i servizi previsti.
Attraverso quali altri canali, fatta eccezione per il fisco, sarebbe possibile quindi secondo lei recuperare e liberare risorse da destinare allo sviluppo?
Le uniche leve possibili sono i risparmi di spesa sul fronte pubblico ed i risparmi nazionali e gli investitori internazionali sul fronte privato.
Per i secondi la capacità di attrazione di capitali del nostro Paese è direttamente proporzionale alle condizioni di remunerazione dell'investimento che, a loro volta, dipendono dalla stabilità politica ed economica. Abbiamo tutti molto da lavorare perché queste condizioni si realizzino.
Con il governo Monti si è tornati a parlare di spending review…ma molti dubitano della efficacia reale dell'operazione.
Da dove secondo lei sarebbe necessario partire con la revisione perché questa possa rispondere al principio di equità?
Mettere in crisi il principio di autoreferenzialità della pubblica amministrazione ed introdurre il principio di efficienza che risponda a criteri oggettivi e di mercato. Lo spreco c'è dove non c'è controllo e non c'è responsabilità.
Come ha letto il coinvolgimento nella manovra di revisione degli altri tre tecnici Giavazzi, Bondi e Amato a coadiuvare l'azione del ministro Giarda?
Come un fatto positivo ed un segnale di indipendenza dell'Esecutivo, peraltro il vero problema non sono i tecnici ma la loro capacità di incidere efficacemente sull'apparato dello Stato, degli enti territoriali e pubblici.
Ma di quali passi fondamentali è fatta la strada della crescita?
Sintetizzerei in cinque parole chiave il percorso: stabilità cioè un quadro di riferimento politico ed economico certo e condiviso; sacrificio in quanto il fardello del debito accumulato nel passato impone scelte impopolari e costose; determinazione cioè convinzione che uniti le difficoltà, tutte, si superano; coesione sociale: la solidarietà tra individui e comunità è il cemento necessario per eliminare le disparità legate a situazioni sociali, economiche, culturali, etniche; democrazia: ogni scelta deve avvenire nel pieno rispetto dei diritti fondamentali civili, politici, sociali ed etici individuali che sono fattori di sviluppo economico.
I mercati finanziari di mezzo mondo sono sempre più spesso soggetti a turbolenze di non poco conto. Cosa accade e quali sono i rischi certi di tale instabilità?
Il fattore fondamentale nei mercati finanziari è la fiducia; l'incertezza dovuta alla instabilità mina alla base questo elemento e determina la difficoltà di previsione.
A propria volta la mancanza di prevedibilità dei risultati attesi comporta l'aumento dei rischi "negativi" di subire un danno, una perdita,etc.. Paradossalmente il vero rischio è l'incapacità di valutare i rischi delle scelte di investimento.
Concentriamoci allora sul Decreto Sviluppo da poco licenziato dal Governo. Qual è il suo giudizio?
É un segnale importante ed indica una direzione verso il rafforzamento della competitività e la ripresa della domanda; ci sono molte misure che toccano diversi settori in cui da tempo si registravano le maggiori difficoltà Il tutto si pone nel solco di un modello di sviluppo tradizionale, ma senza particolare innovazione.
Per un giudizio definitivo occorrerà attendere i primi risultati e come verranno concretamente implementate le misure.
Default italiano, default europeo: l'euro terrà secondo lei nel prossimo triennio?
La scelta dell'euro è irreversibile: un default dell'euro porterebbe ad un crollo del Prodotto Interno Lordo nelle quattro maggiori economie dell'eurozona e ad un vertiginoso aumento dei debiti pubblici degli Stati europei con le conseguenti ricadute in termini di occupazione e di mortalità delle imprese.
Occorre essere consapevoli che si è ad una svolta: la creazione di un vero soggetto politico capace di svolgere un ruolo attivo internazionale è la condizione indispensabile per sviluppo e competitività.
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