ARCHITETTURA e AMBIENTE
Il governo del territorio puÒ essere bello e buono
di Raffaella Venerando
Una reale sostenibilità urbana deve formulare una visione integrata che, oltre all'efficienza energetica di tutti gli edifici pubblici e delle infrastrutture a rete, comprenda anche la mobilità, la progettazione partecipata degli spazi aperti e del verde
Alessio D'Auria è architetto e dottore di ricerca in "Metodi di Valutazione per la Conservazione Integrata del Patrimonio Architettonico, Urbano ed Ambientale". È docente di "Tutela giuridica del Paesaggio" presso l'Università Suor Orsola Benincasa e di "Estimo e verifiche di fattibilità" e "Valutazione dei piani territoriali e urbanistici" presso l'Università di Napoli "Federico II". La sua attività accademica e professionale è prevalentemente riconducibile alle valutazioni economiche e ambientali per la verifica di fattibilità di
piani e progetti (ACB, VIA e VAS).
Professore, partiamo dal Premio "Accade domani" di cui si è da
poco conclusa la II° edizione che l'ha vista in giuria. In virtù di quali criteri sono stati scelti i progetti vincitori?
Il concorso, bandito dalla fondazione ItaliaFutura, è suddiviso in due sezioni: profit e no‑profit. La prima è stata dedicata a progetti imprenditoriali che, utilizzando tecnologie innovative o nuovi materiali, hanno come obiettivo la sostenibilità ambientale. I progetti no‑profit, invece, erano calibrati su politiche di sostenibilità ambientale delle amministrazioni: dall'efficienza energetica alla mobilità sostenibile, passando per i rifiuti e la gestione del territorio. Per la sezione profit il progetto vincitore ha ricevuto un finanziamento di 30.000 euro per la sua realizzazione. I progetti no‑profit vincitori saranno realizzati in uno dei comuni dell'Associazione Comuni virtuosi e in uno dei comuni dell'Anci giovane. I voti della giuria di esperti sono stati sommati, ponderandoli, con quelli della giuria popolare. I criteri che ho ritenuto di utilizzare esprimo no la rispondenza di ciascun progetto ad un profilo complesso di fattibilità e fanno riferimento alla rilevanza, alla innovatività, alla realizzabilità tecnica ed economica, alla possibile trasferibilità territoriale e tecnologica.
Ritiene che l'opinione pubblica sia sufficientemente informata sui costi anche ambientali di alcune opere infrastrutturali?
Mi pare piuttosto che sia male informata. Ricordo che la valutazione dei costi ambientali delle decisioni era stata posta tra gli obiettivi fondamentali della Conferenza di Rio del 1992. E la corretta informazione in ambito di decisioni ambientali è stata sancita anche dalla Convenzione di Aahrus del 1998. In realtà su questi temi assistiamo spesso ad un "opinionismo" diffuso, privo di reali cognizioni di causa, che a volte è alla base del cosiddetto fenomeno NIMBY. Faccio un esempio: durante la realizzazione del termovalorizzatore di Acerra molti comitati di opposizione proponevano soluzioni più innovative, richiamando la necessità di non affidarsi a tecnologie ritenute obsolete. Più o meno nello stesso periodo a Dueville, nel Vicentino, il Ministero dell'industria aveva concesso ad una società privata l'autorizzazione per la realizzazione di un inceneritore con torce al plasma, un impianto sicuro dal punto di vista ambientale senza produzione di scorie e fumi, innovativo ma ancora poco sperimentato (ve ne sono ad oggi poche decine in Giappone e negli USA): immediatamente nacquero i locali "comitati anti torcia" che riuscirono a bloccare la costruzione dell'impianto sostenendo che fosse troppo rischioso affidarsi ad una tecnologia semi‑sperimentale e che, paradossalmente, avrebbero preferito un termovalorizzatore tradizionale, di cui erano noti i possibili impatti. Appare evidente che la percezione del rischio ha una relazione diretta con l'incertezza e la scarsa informazione, piuttosto che con i possibili effetti fisici dell'evento che lo genera.
Come sono mutate negli ultimi anni la pianificazione e l'architettura in relazione all'ambiente? È cambiato l'approccio al governo del territorio?
Diciamo che la progettazione architettonica ha mostrato una sensibilità verso questi temi già da alcuni decenni: i capisaldi della bioarchitettura e dell'efficienza energetica del processo edilizio sono ormai chiari. A scala urbana il discorso è un po' più complesso. Dobbiamo partire dalla consapevolezza che una reale sostenibilità urbana non si può limitare alla sommatoria di singoli interventi di architettura sostenibile, ma deve necessariamente formulare una visione integrata e multidimensionale che, oltre all'efficienza energetica di tutti gli edifici pubblici e delle infrastrutture a rete, comprenda anche la mobilità, la progettazione partecipata degli spazi aperti e del verde. Le potrei citare molte best practices, da Oporto a Vilnius, da Friburgo a Swansea. La più recente è Amburgo, che di recente è stata nominata capitale verde dell'Europa nel 2011 grazie alla mole di misure innovative messe concretamente in pratica: il Comune ha investito oltre 18 milioni di euro per la sostituzione degli impianti di illuminazione e climatizzazione degli edifici pubblici, ottenendo una diminuzione del 15% nelle emissioni di gas serra per abitante rispetto al 1990; inoltre, sul fronte trasporti, quasi il 100% degli abitanti dispone di un mezzo pubblico a meno di 300 m dalla propria casa. E stiamo parlando di una città di quasi 2 milioni di abitanti che è anche uno dei maggiori porti d'Europa.
Secondo lei può bastare, per rendere sostenibile un'opera, prevedere come ormai fanno molte firme prestigiose dell'architettura, da Ambasz a Piano oasi verdi in mezzo alle città costruite?
Una sagace progettazione degli spazi verdi è essenziale per favorire un microclima urbano in grado di contenere le esigenze di condizionamento. Le piante inoltre sono ottimi isolanti acustici, filtrano l'inquinamento e assorbono CO. Ma ci sono anche altri modi di utilizzare in maniera creativa le risorse ambientali per dare forma alla città. Penso al recente progetto di riqualificazione delle aree industriali dismesse di Sesto S. Giovanni, firmato da Renzo Piano, in cui l'acqua inquinata della falda viene utilizzata come fonte di energia geotermica, per poi essere reimmessa purificata in falda riducendo del 30% i consumi energetici e i suoli inquinati vengono bonificati attraverso l'uso di funghi sotterranei in grado di smaltire elementi contaminati.
Rispetto invece alle fonti energetiche alternative ad esempio all'eolico, ndr ci chiarisce meglio il reale impatto di queste centrali? Davvero possono essere addirittura letali per l'avifauna oppure si tratta di polemiche pretestuose?
Intanto cominciamo a dire che qualunque azione umana produce degli impatti sull'ambiente: questi possono essere a breve o a lungo termine, reversibili o meno, possono essere cumulati con altri, o incidere su risorse strategiche, rinnovabili o meno, ecc.. Uno strumento come la VIA ci consente di stabilire la compatibilità e la eventuale mitigabilità di tali impatti. A questa da dieci anni si è aggiunta la VAS che definisce ex ante per piani e programmi i livelli di sostenibilità territoriale delle scelte e anzi le indirizza. Come dicevo prima è necessario affrontare il problema in maniera laica e non integralista. Se pensiamo ad esempio ai parchi eolici, gli aspetti ambientali correlati ai possibili impatti negativi determinati dalla loro realizzazione fanno riferimento principalmente all'occupazione del territorio; all'impatto visivo sul paesaggio (che rimane l'aspetto più controverso, ma che in realtà è un falso problema); alla generazione di rumore e di interferenza elettromagnetica; agli effetti su flora e fauna (soprattutto avifauna). In merito a quest'ultima, in particolare, è possibile prevedere accorgimenti nella colorazione delle pale, tali da consentire la percezione del rischio da parte dell'avifauna, o pure interrompere temporaneamente l'attività degli aerogeneratori durante i periodi di migrazione delle specie critiche. È chiaro che parliamo di azioni atte a mitigare un possibile impatto negativo, ineliminabile del tutto; se però ragioniamo in termini di alternative, dobbiamo valutare questi possibili impatti del parco eolico confrontandoli con quelli derivanti dall'utilizzo dei combustibili fossili per produrre la stessa quantità di energia: e lì vediamo che gli impatti degli aerogeneratori risultano trascurabili rispetto a quelli prodotti da altre fonti energetiche.
Una buona architettura è tale se…
Se è in grado di coniugare consapevolmente le molteplici dimensioni della sostenibilità con quella, fondamentale, della qualità formale: una buona architettura deve prima di tutto essere bella.
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