Durante il periodo in cui il dipendente è collocato in cassa integrazione non può svolgere alcuna altra attività lavorativa senza darne comunicazione all'INPS. Pena il decadimento del diritto al trattamento di integrazione salariale Massimo Ambron Avvocato
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La Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sulla delicata questione relativa al fenomeno alquanto
diffuso dello svolgimento di altra attività lavorativa durante il periodo in cui il dipendente è collocato in Cassa integrazione e percepisce di conseguenza il trattamento di integrazione salariale previsto dalle vigenti normative.
La C.C., con sentenza n. 13577 del 17 maggio21 giugno 2011 della Sezione Lavoro ha, infatti, così disposto che «se il lavoratore in cassa integrazione svolge un'attività lavorativa temporanea e saltuaria senza darne previa e rituale comunicazione all'INPS, decade dal diritto al trattamento di integrazione salariale».
Il fatto. Un lavoratore durante il periodo di cassa integrazione guadagni straordinaria (CIGS)senza darne alcuna comunicazione all'INPS coltivava un fondo agricolo.
Venutane a conoscenza l'INPS aveva provveduto a notificare ricorso per decreto ingiuntivo, chiedendo la restituzione di quanto indebitamente percepito. Il Tribunale accoglieva la opposizione a tale decreto presentata dal lavoratore ed anche la Corte di Appello di Cagliari cui l'INPS si era rivolta ne condivideva le conclusioni.
L'INPS,precisa la Corte, avrebbe dovuto provare non soltanto l'avvenuto svolgimento dell'attività di coltivazione di un fondo da parte del lavoratore, ma anche che da tale attività l'interessato ricavasse un reddito tale da escludere il diritto all'integrazione salariale. Sul punto l'INPS non ha dedotto alcuna prova, limitando le proprie tesi giuridiche solo sul rilievo della omessa comunicazione preventiva della coltivazione del fondo da parte del lavoratore.
La S.C. con la sentenza, che qui viene commentata, non ha condiviso le argomentazioni
della Corte di Appello e in conformità a quanto stabilito dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 195 del 1995 ha dato rilievo alla mancata comunicazione da parte del lavoratore della coltivazione del fondo.
Tale onere previsto dalla vigente normativa assolve alla funzione propria dell'Istituto di verificare se l'attività svolta sia compatibile con il perdurare del rapporto di lavoro, che costituisce il presupposto dell'integrazione salariale.
La S.C. non condivide le argomentazioni dei colleghi della Corte di Appello, giacchè la circostanza che l'attività svolta dal lavoratore non fosse prevalente e non fosse redditizia non assume alcun rilievo,«in quanto l'applicazione della sanzione di decadenza dal trattamento a causa del comportamento omissivo,rispetto al quale qualsiasi attività lavorativa in astratto è idonea a produrre reddito (come nella specie la coltivazione di un fondo), è di per sé rilevante».
Solo in tale ipotesi è possibile parlare di decadenza dal trattamento, in quanto nel caso in cui il lavoratore trovi nuovo impiego stabile, a tempo indeterminato e pieno, si avrebbe (e non è questo il caso)una perdita per incompatibilità del trattamento di CIGS con l'obbligo da parte del nuovo datore di lavoro di comunicare l'assunzione all'INPS.
In conclusione, la S.C. ha valorizzato l'aspetto formale della norma (mancata comunicazione), sanzionando e penalizzando il comportamento sicuramente non diligente del lavoratore, che, forse, non era neanche al corrente di dovere informare l'INPS dell'attività che stava svolgendo, ritenendola non produttiva di reddito e comunque non incompatibile con la sua posizione di dipendente collocato in CIGS.
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