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  Dicembre 2012

Articoli n° 06
Luglio 2010
 
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PIQ: un indicatore di qualitÀ

L'INTERVISTA - Realacci: «Il PIQ legge l'economia con nuovi occhi»

L'INTERVISTA - Dardanello: «Puntiamo tutto sul PIQ perché la qualità è la leva competitiva del nostro sistema economico nel mondo»

L'INTERVISTA -Bonomi: «La competitivitÀ e la crescita del Paese passano per la qualitÀ»

L'INTERVISTA -Campiglio: «Il PIQ descrive e intercetta le nuove traiettorie dello sviluppo»

L'INTERVISTA -Fioramonti: «Il PIL non È soltanto un numero, ma rappresenta un modo di gestire l'economia
L'Intervista
Dardanello: «Puntiamo tutto sul PIQ perchÉ la qualitÀ È la leva competitiva del nostro sistema economico nel mondo»

di Raffaella Venerando

Ferruccio Dardanello
Presidente Unioncamere


Presidente, lei ha definito il PIQ «una proposta operativa oltre il PIL». Quali gli aspetti caratterizzanti di questo innovativo indicatore?

Dal punto di osservazione delle Camere di commercio, avvertiamo da tempo una crescente esigenza di nuovi strumenti e nuove chiavi di lettura per un'economia complessa e articolata come quella del nostro Paese. L'obiettivo di questo ambizioso progetto, partito da una intuizione condivisa tra Fondazione Symbola e Unioncamere, è quello di individuare la componente di pregio presente nel prodotto interno lordo. La ricerca si colloca quindi non tanto sul versante di quelle orientate alla misurazione del benessere, e quindi complementari o alternative al Pil, quanto nel filone delle riflessioni mirate ad individuare affinamenti e miglioramenti dello stesso indicatore. In ciò distinguendosi da altre esperienze simili per una serie di discriminanti di particolare interesse che abbiamo contribuito a definire grazie all'apporto scientifico del nostro Istituto Guglielmo Tagliacarne: è uno strumento fortemente connesso al Pil, è espresso in termini monetari e parte da definizioni e classificazioni che lo rendono potenzialmente comparabile in ambito internazionale.

Brevemente, cosa è emerso dal Rapporto PIQ 2009?
É emerso che l'economia nazionale ha una forte componente di qualità intrinseca. La quota di qualità complessiva stimata, pari nel 2009 a 46,3% e corrispondente a un PIQ di 430,5 miliardi di euro, spazia da un valore pari a 44,6% caratteristico del settore delle costruzioni fino a sfiorare il 50% per l'industria in senso stretto (49,7%). Se focalizziamo l'attenzione sul contenuto "di qualità" del prodotto, sembra crescere il ruolo delle attività industriali e, in particolar modo, di quelle manifatturiere. Mentre i servizi verificano quote leggermente inferiori alla media (45,0% contro il già citato 46,3%), il comparto agricolo va a collocarsi su una quota superiore al dato medio, con una componente di qualità pari a 48,5%.

Potenzialmente il PIQ può diventare un indicatore di qualità "internazionale"?
Come dicevo prima, questo indicatore è stato studiato proprio per essere compatibile con le classificazioni ufficiali internazionali. E se si riuscisse a portare questo approccio metodologico a livello internazionale, il nostro Paese avrebbe tutto da guadagnare, perché proprio sulla qualità punta il nostro sistema economico per competere nel mondo.

Le aziende in che modo possono contribuire al benessere non solo economico di una comunità?
In termini generali, mi viene da dire che ogni volta che nasce un'impresa la comunità nel suo complesso ne ottiene un beneficio. L'impresa, anche quando è molto piccola, dà lavoro e alimenta la produzione di ricchezza. E questo è un importantissimo fattore di tenuta sociale. É evidente però che l'impresa ha anche grandi opportunità di incidere sul benessere della collettività laddove di quella collettività si fa parte attiva e responsabile. Oggi bisogna riconoscere alle imprese la capacità di farsi carico di responsabilità che vanno oltre quella del semplice profitto. Perché il profitto è una misura (necessaria) dell'efficienza dell'azienda e della sua capacità di stare sul mercato ma, nel lungo periodo, non può essere il suo unico fine. Il fine dell'impresa è invece quello di garantire ottimi servizi, ottimi prodotti, soddisfare i consumatori, conquistare nuovi clienti, essere accettati nelle comunità locali e contribuire al loro sviluppo. Il rispetto per l'ambiente, l'attenzione alla qualità dei prodotti e dei servizi resi dall'azienda, uniti ad altri fattori inerenti, ad esempio, il rapporto con i dipendenti e con il territorio nel suo complesso, sono elementi tenuti in considerazione e ritenuti sempre più importanti dal cittadino-consumatore. D'altra parte, come abbiamo potuto verificare in questi anni, da quando, cioè, il tema della responsabilità sociale delle imprese è entrato nel dibattito politico a livello internazionale, le imprese avvertono sempre più una responsabilità complessiva per gli effetti della loro azione nei riguardi di tutti gli attori interessati (i lavoratori, gli azionisti, i consumatori, le istituzioni locali) nei territori in cui sono localizzate o in quelli dei mercati di sbocco. Ciò significa per esse minimizzare gli impatti negativi dell'attività produttiva, creare valore possibilmente per tutti i soggetti coinvolti, avvertire come propri gli obiettivi di uno sviluppo sostenibile e armonico.

Ma perché il PIQ diventi nei fatti un indicatore utilizzato, cosa è necessario che cambi nella cultura del nostro Paese?
Io credo che il primo passo verso la qualità sia rappresentato soprattutto da una legalità diffusa, da buon lavoro e dal rispetto del patrimonio che ci circonda.

Secondo lei un Paese può dirsi davvero ricco se…
Se riesce a combinare tutti gli elementi che dicevo prima: centralità della persona, imprenditorialità, rispetto delle regole, partecipazione al bene comune, promozione del merito. Credo siano gli ingredienti base di una civile convivenza che assicuri opportunità e soddisfazione del singolo e benessere della collettività.

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