Una nuova politica industriale
per superare la crisi
Va potenziata la propensione all'innovazione, ma servono misure adeguate
per sostenere l'Impresa, anche tramite la collaborazione tra Istituzioni e settore privato
di Giorgio Squinzi
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La Presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, con il Presidente di Federchimica, Giorgio Squinzi, all'Assemblea della Federazione
Il testimone della crisi sta passando in Europa da banche e imprese agli Stati nazionali. Una nuova fase che fa capire quanto questa crisi non sia passeggera, nè simile alle altre, ma abbia conseguenze strutturali su Nazioni, Settori, Imprese e Cittadini. Per le nostre imprese la fase più acuta, quella caratterizzata da un crollo mai visto del mercato e dell'attività produttiva, sembra essere superata. La situazione attuale, per certi versi, è anche più critica: dopo un anno di risparmi nei costi, il 2010 vede le materie prime già in grande tensione. La loro domanda è, infatti, determinata dalla crescita del mercato mondiale, mentre i nostri prezzi di vendita sono condizionati da quello europeo ancora in crisi. Quattro anni con livelli produttivi sotto del 15%, capacità utilizzata spesso inferiore al 70%, margini sotto pressione da molti anni: il risultato non potrà che essere una sostanziale modifica del tessuto industriale. Senza un forte rinnovamento, c'è il rischio che intere filiere produttive, a valle della Chimica, si ripieghino su loro stesse con il rischio anche di scomparire.
Quello che ci aspetta è ancora più difficile. La ripresa in atto è talmente lenta da obbligare l'impresa a porsi la domanda di come sarà il suo mercato tra 3/5 anni: sarà certamente molto diverso, in molti casi sarà più piccolo in Europa, ma quasi sempre più grande nel Mondo, ma quanti clienti, quanti concorrenti rimarranno? L'impresa chimica deve dare risposte a queste domande e non può accontentarsi di gestire l'emergenza: chi fa soltanto questo rischia di soccombere.
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All'Assemblea di Federchimica un regalo speciale per la Presidente di Confindustria e il Ministro dell'Ambiente: due biciclette. Ivan Basso, vincitore del Giro d'Italia, ha omaggiato le signore con la Maglia Rosa. Da sin. Claudio Benedetti, Direttore Generale Federchimica, Emma Marcegaglia, Ivan Basso, Stefania Prestigiacomo
e Giorgio Squinzi, Presidente Federchimica
Da sempre le imprese chimiche sono un propulsore innovativo per intere filiere. Adesso più che mai dobbiamo convincere i nostri clienti che è il momento giusto per accelerare sull'innovazione. Dobbiamo crederci: nelle fasi di crisi si può innovare maggiormente perché c'è minore resistenza al cambiamento e quelli che sembrano eventi disastrosi possono favorire progressi considerevoli. Centinaia di imprese chimiche hanno già fatto un grande salto di qualità e lo hanno fatto con coraggio, in un decennio di stagnazione, di costi elevati e prezzi di vendita poco remunerativi. Purtroppo non basta quello che si è fatto e sono ben consapevole che si deve fare molto di più nel momento più difficile e quando mancano le risorse. Non c'è, però, alternativa. Si deve rischiare di più, si devono avere progetti nuovi su cui puntare, su cui investire le risorse aziendali e per convincere banche e investitori esterni. In questo modo potremo costruire una nuova stagione di Politica Industriale. Certo, in questo non possiamo essere soli. Sono molto preoccupato proprio perché nella manovra del Governo c'è poca Politica per la Crescita e c'è poca Politica Industriale. Quale Politica Industriale?
La Chimica è un osservatorio privilegiato perché anticipa i cambiamenti. Mi permetto, allora, di suggerire alcune caratteristiche di questa politica. Innanzitutto una Politica Industriale di successo non si misura in quanti incentivi finanziari sappia erogare, ma nella capacità di creare un clima di collaborazione fra le Istituzioni e il settore privato. La Politica Industriale deve, poi, lavorare di più negli ambiti dove c'è maggior differenziale rispetto ai concorrenti esteri, perché nel mercato globale anche le nazioni si fanno concorrenza. Le maggiori distanze di cui soffre l'Italia rispetto agli altri Paesi maggiormente industrializzati sono attinenti le norme e la burocrazia, le infrastrutture e l'energia. Infine, dato che le risorse finanziarie sono molto limitate, si deve operare con poche precise priorità: quella dell'innovazione deve essere la più importante.
Fare Politica Industriale significa, in questa fase delicata, anche operare per la coesione sociale e sono certo che tutti noi siamo consapevoli dell'importanza dell'ultimo rinnovo contrattuale. Ancora una volta il settore ha affermato un importantissimo primato nelle Relazioni Industriali. La qualità dei nostri rapporti e delle nostre Relazioni Industriali ci ha consentito di trovare soluzioni, condivise da tutti, utili ad aiutare il settore ad attraversare questa lunga crisi senza compromettere le capacità di ripresa.Se nel corso degli anni non avessimo saputo introdurre nella gestione delle risorse umane - con realismo, continuità e coraggio - soluzioni innovative e flessibilità per le imprese e importanti tutele per i lavoratori, l'impatto della crisi sulle nostre imprese e sui nostri lavoratori sarebbe stato molto più drammatico. Abbiamo sempre considerato, e continueremo a considerare, le Relazioni Industriali un fattore di competitività che deve, in un clima di coesione sociale, agevolare e accompagnare il cambiamento. Soltanto le imprese che sanno cambiare e si adeguano velocemente alle mutevoli esigenze del mercato possono essere competitive e garantire sviluppo e occupazione. La responsabilità dell'Europa in Confindustria mi porta a sottolineare alcuni aspetti fondamentali per il futuro delle nostre imprese. La Commissione Europea ha recentemente voluto quantificare cosa significa l'Industria per il Vecchio Continente. Il contributo diretto al Prodotto Lordo Europeo è pari al 17%, ma sale al 37% se si considera l'Industria in senso lato (includendo ad esempio costruzioni e produzione di energia) e l'outsourcing di servizi. Se, poi, si includono tutti i servizi anche indiretti, la quota dell'economia che viene attivata dall'industria sale al 47%. Questo è il dato che si deve tenere ben presente quando si definiscono o si approvano normative che possono avere un impatto sulle imprese. È un impatto sull'intero sistema economico: se troppo forte o ingiustificato, se più pesante che in altre aree, a soffrire non sarà solo l'Industria ma l'economia nel suo complesso. Purtroppo questa consapevolezza in Europa si è andata perdendo. C'è troppo peso delle aree sostanzialmente deindustrializzate, c'è - in troppi - un'idea deviata di Europa Sociale e di Sviluppo Sostenibile, nella quale "meno industria c'è, meglio è". In realtà, l'Industria ha un ruolo insostituibile nella crescita sociale e sostenibile dell'Europa; non è un ostacolo, ma è gran parte della soluzione. La produttività industriale resta il principale motore della vera creazione di ricchezza: altre vie hanno portato al disastro di questa crisi. Ci vuole un ruolo importante dell'Italia in Europa per una nuova stagione di Politica Industriale. Una politica nella quale torni ad avere un ruolo centrale la Direzione Generale Imprese e Industria, a difesa della competitività industriale; ruolo da gestire con grande coraggio.
In Europa dirò forte e chiaro che le imprese italiane chiedono di riportare al centro dell'azione europea la competitività come priorità. É forse un sogno pensare che lo stesso vigore, la stessa energia e la stessa tenacia impiegate dall'UE per la lotta al cambiamento climatico si abbiano anche per dare nuova linfa e impulso alla Politica Industriale europea? In questi ultimi anni ci sono state troppe reticenze, incomprensioni, tripli salti mortali conclusisi spesso con Conferenze internazionali dove nessuno ha voluto prendere impegni precisi e vincolanti ad eccezione della sola Europa. Nei prossimi anni molte normative vedranno la luce in Europa: il REACH verrà rivisto e, mi auguro, reso più gestibile; il Programma Quadro in materia di R&S sarà rimodulato nella sua ottava versione; il VII Programma d'azione in materia ambientale ridisegnerà la strategia dell'UE in materia. La revisione di questi strumenti è una grande occasione per ridare impulso all'industria manifatturiera italiana ed europea. In questa nuova Politica Industriale c'è un importante ruolo per la Chimica. Come bene hanno sottolineato la Commissione e il Consiglio Competitività, è un settore trainante perché fornisce all'industria europea materiali e tecnologie avanzate, nonché soluzioni sostenibili ai problemi ambientali globali. L'industria chimica ha un ruolo indispensabile da svolgere nel passaggio ad una produzione sostenibile.
Il nostro settore è atteso da un importante appuntamento. Il 2011 sarà, infatti, l'Anno Internazionale della Chimica: è un'occasione unica per dimostrare, anche ai più scettici, quanto la Chimica sia fondamentale per la qualità della nostra vita. Federchimica è pronta a impegnarsi per dare la massima importanza a questo appuntamento. Un appuntamento imperdibile per restituire alla Chimica la reputazione che merita: quella di una scienza, di una professione e di un'industria in grado di tutelare al meglio la nostra salute, la nostra sicurezza e l'ambiente in cui viviamo.
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