di Alfonso Amendola, docente e vice-presidente
“Centro Studi sulle Rappresentazioni Linguistiche” Università di Salerno
incontro con paolo apolito
L’artista, l’opera, il pubblico - dialoghi d’artista e laboratori didattici
Complesso Monumentale di Santa Sofia, Salerno
Paolo Apolito, antropologo, docente universitario (presso gli Atenei di Salerno e Roma), saggista. Attento al divenire delle cose, studioso del mutare dell’uomo, raffinato cultore di conoscenze e tradizioni che sanno d’antico, d’arcaico, di misterico. Insomma un antropologo a tutto tondo che, da qualche anno, ha intrapreso un’azione d’impegno politico-sociale dentro la città di Salerno. Verso una dimensione di ri-nascita culturale a partire dai più giovani e dai frammenti più vivi del nostro territorio. Il suo impegno è la “Città dei Creativi” con una serie di riverberi ed azioni organizzative (“Salerno In-Vita”) che sono un denso pulsare di un fermento culturale tutto da scoprire e seguire. Ho incontrato il professor Paolo Apolito, cui mi lega una sincera amicizia (oltre che adesione progettuale) e abbiamo dialogato.
Comincio con una domanda forse un po’ “retorica”. Perché un antropologo decide di fare il consulente culturale per un Comune e quindi di fare politica?
Perché oltre che antropologo sono un cittadino, quindi interessato al miglioramento della vita collettiva e poi mi considero un intellettuale con responsabilità etico-politiche. Lavorare allora su un progetto culturale e orientarlo soprattutto sul segmento dei giovani è dunque quasi una ovvietà, per me. Quando mi è stato proposto di farlo, non ci ho pensato più di tanto e ho accettato.
Sinteticamente quali sono i settori in cui ti stai muovendo?
La creatività in un duplice senso. Creatività come risorsa di base di una comunità che intenda responsabilmente assumere il controllo del proprio presente e costruire il proprio futuro e creatività come esercizio dell’immaginario degli artisti in senso stretto. Potrei definirle una creatività orizzontale ed una creatività verticale. Ambedue importanti e ambedue reciprocamente dipendenti. Non ci sarebbe stato Picasso se non vi fosse stato un ambiente pronto ad accoglierlo e non vi sarebbe stata quella qualità dell’ambiente parigino senza Picasso (e gli altri).
Esiste un “modello” di operazione culturale cui fai riferimento?
Tutte le esperienze di laboratorio, factory, comunità creative mi ispirano, ma non ce n’è una in particolare di cui segua il modello.
Con quali difficoltà ti sei maggiormente scontrato?
La pigrizia provinciale, la scarsa connessione sui temi della cultura tra i vari segmenti vivi di questa città - politica, giovani, imprenditoria, media -, la chiusura autoreferenziale di molti artisti - giovani e meno - e intellettuali.
E invece, la tua maggiore soddisfazione di tutta questa impresa?
Scoprire ciò che è ovvio, ma che tutte le volte è sempre una sorpresa, e cioè che mettere in rete le energie individuali produce risultati che sono più della somma delle energie individuali stesse.
Finora qual è stata la risposta dei ragazzi (ma anche dei politici, del pubblico e dell’intero territorio) alle tue articolate iniziative?
Per quanto riguarda i giovani: molto entusiasta se si tratta di promuovere le proprie individuali attività (o di gruppo); un po’ meno se si tratta di promuovere un lavoro collettivo sulla dimensione complessiva della città. Per quanto riguarda i politici: una garbata indifferenza. Per quanto riguarda il pubblico: non esiste a Salerno un vero e proprio pubblico degli eventi culturali; vi sono pubblici di volta in volta costruiti intorno al singolo evento (molto spesso composti da parenti ed amici del performer). Per quanto riguarda l’intero territorio: se vi fossero più risorse, le timide risposte che vi sono state ad iniziative spesso rapsodiche e scollegate, sarebbero sicuramente più importanti
Un’ultima, inevitabile, domanda riguarda le tue/vostre aspettative per il futuro.
A partire dalla “casa dei creativi”, che è nata a Pastena, in via D’Allora, e che raccoglie ormai oltre venti associazioni di creativi di vario ambito e competenza, svegliare la bella addormentata sul golfo, cioè Salerno. Compito immane, ma, detto in inglese-napoletano: «sed pappis tu nois: “giv’ mi taim end ai spurtos’iu” - “dicette o’ pappice a’ noce: ramm’o tiempo ca te’ spurtose»… |