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Il turismo diventa scienza, fine dell’improvvisazione
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Il turismo diventa scienza, fine dell’improvvisazione
di Antonio ARRICALE
Intervista con l’economista Salvatore Messina dell’Università del Quebec: «I musei non bastano, bisogna imparare a vendere il brand Italia»
Fine dell'improvvisazione o, come scandiva un felice slogan pubblicitario, del “turista fai da te”. Di più, con particolare riferimento agli operatori del settore, il Turismo diventa finalmente una scienza. Alla Seconda università, presso la facoltà di Scienze politiche Jeanne Monnet, nell'incantevole cornice di San Leucio, con il prossimo anno accademico inaugureranno un corso di laurea in Turismo. L'evento è stato sottolineato con un convegno, il 2 e 3 marzo scorso, di levatura internazionale e dal titolo quanto mai indicativo: “Le città e il turismo”. Nel senso cioè della necessità di mettere a sistema l'immenso patrimonio di cui il nostro paese è dotato, disperso talvolta intorno agli oltre 8mila campanili nazionali, ma mai abbastanza interessati da veri flussi turistici, soprattutto con riferimento ai Comuni non grandi delle aree interne. E di turismo parliamo con il professore Salvatore Messina, associato di Politica economia dell'Università del Quebec a Montreal, che è stato tra i relatori del convegno.
Professore Messina, com'è la situazione del settore in Italia e in Campania, in particolare?
I dati sono molto positivi. Gli arrivi dei turisti internazionali in Italia sono aumentati, nel 2006, del 10,3%. Vale a dire, più del doppio dell'incremento medio dei viaggiatori a livello mondiale, stimato dall'Unwto. L'anno scorso si è verificata una inversione di tendenza anche in Campania. Gli arrivi sono stati circa 4,6 milioni rispetto ai 4,4 dell'anno precedente. Le presenze complessive raggiungono i 19,8 milioni, contro i 19,2 milioni del 2005.
Dal convegno è emerso soprattutto che il turismo culturale è un settore strategico per l'Italia e può essere utilizzato meglio. In che senso?
Nel senso che non è sufficiente un contenitore, per quanto unico, a richiamare flussi turistici. Una riflessione per tutte: in Italia si registra il primato del numero di musei, ma non quello dei visitatori. Nei 193 musei statali, per esempio, si registrano 170mila visitatori. In Spagna i musei sono 151, ma i visitatori sono 212mila. Per non parlare della Francia, dove i musei statali sono 33, ma i visitatori addirittura 400mila.
Che cosa occorre, allora?
Il mercato del turismo richiede soprattutto qualità: strutture ricettive adeguate e commisurate al prezzo pagato, maggiori servizi, attenzione, orari flessibili, meno traffico nei centri storici, migliore segnaletica.
Lei dice che bisogna imparare a vendere non soltanto la cultura, ma il brand Italia.
Dobbiamo imparare a vendere l'idea che nel mondo si ha dell'Italia. Il made in Italy è un marchio trasversale, coinvolge aziende di moda, meccanica, casa e agroalimentare. Metta Caserta, contiene tutti questi ingredienti: dalla Reggia alle preziose sete, dalle collezioni d'arte alla prodotti tipici enogastronomici, ai gioielli. É su questo concetto che bisogna lavorare.
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