La perequazione urbanistica, una difficoltosa equitÀ
Il licenziamento
per mancata reperibilitÀ
La perequazione urbanistica, una difficoltosa equitÀ
Luigi D’ANGIOLELLA
Avvocato
studiodangiolella@tin.it
Prime applicazioni e primi dubbi
su una delle novità della legge urbanistica regionale 16/2004
L’equa
distribuzione
dei diritti edificatori comporta benefici sia al pubblico
sia ai privati
cittadini
Come già si è avuto modo di trattare proprio in questa rubrica, la legge regionale campana n. 16 del 2004, all'art. 32, ha disciplinato anche per il territorio campano la tecnica di pianificazione denominata della “perequazione urbanistica”, e cioè la possibilità di distribuire equamente diritti edificatori tra i proprietari interessati alla pianificazione.
Si tratta di una novità che da molto tempo trova fautori tra gli esperti urbanisti, per gli indubbi vantaggi che essa può arrecare sia al pubblico, per la facilità di acquisire aree per realizzare attrezzature, sia ai cittadini, che trovano sollievo concreto alla cessione della proprietà acquisendo diritti edificatori.
Come ha avuto modo di precisare la giurisprudenza, la tecnica di pianificazione ispirata al principio della perequazione urbanistica prevede che le proprietà inserite in un determinato ambito di intervento vengano investite contemporaneamente del beneficio dell'edificabilità e del peso di contribuire all'elevazione della qualità urbana generale (cfr. Tar Campania Salerno, Sez. I, 7 agosto 2003, n. 844). Tale meccanismo si realizza o nell'ambito del medesimo comparto, ove coloro che cedono aree vengono ospitati sulla rimanente parte del comparto per estrinsecare i loro diritti edificatori, oppure con comparti diversificati, ove i proprietari che cedono hanno diritto a diritti edificatori in comparti diversi ma con caratteristiche omogenee.
L'equa distribuzione dei diritti edificatori ha l'obiettivo di evitare che il beneficio collettivo derivante dalla pianificazione venga sopportato solamente da alcuni dei proprietari degli immobili, mentre altri, in analoga condizione di fatto e di diritto al momento di approvazione dello strumento urbanistico generale, beneficino, direttamente e indirettamente, solo di consistenti utilità economiche.
Di recente sono stati molti i nuovi PUC (Piano Urbanistico Comunale) che hanno utilizzato la tecnica della perequazione quasi come principio ispiratore, tra cui vale la pena di ricordare il PUC di Salerno che, per la qualità dei suoi redattori e per la lunga gestazione, può dirsi il frutto di una lunga e meditata esperienza.
Senza soffermarsi in questa sede nell'analisi dei singoli piani, si vogliono sottolineare alcuni dei problemi pratici che questa forma di programmazione urbanistica pone all'interprete, anche a causa di un dettato legislativo non ancora regolamentato.
É naturalmente scontato dire che la perequazione parte da una analitica, motivata e decisiva istruttoria che possa stabilire, oggettivamente, che taluni diritti edificatori sono spostati su altre aree che siano effettivamente omogenee.
In altre parole, se il mio terreno serve alla collettività per realizzare un'attrezzatura pubblica, i miei diritti edificatori sul quel terreno devono essere trasferiti in aree di uguale valore.
Come si può facilmente intuire, si tratta di decisioni che svolge preventivamente l'Amministrazione e che possono essere contestate dagli interessati se non argomentate dettagliatamente. E comunque, anche la migliore istruttoria svolta da un accorto pubblico amministratore, potrebbe ritenersi ingiusta da parte del soggetto che deve trasferire dalla sua proprietà il proprio diritto ad edificare.
Temo che i Giudici Amministrativi, cui molti di questi piani verrano sottoposti, si rifugeranno nel comodo porto della insindacabilità delle scelte di merito amministrativo. Ma ciò non potrà evitare che molte discussioni si avranno proprio su questo punto.
Un altro elemento che, invece, meno frequentemente si dibatte è l'aspetto contrattuale e convenzionale della perequazione urbanistica. Ed infatti, pur nel silenzio della legge ed affidandosi alla pratica esperienza delle altre regioni, il sistema dovrebbe poggiare su accordi convenzionali in cui i privati cedono al Comune le aree per le attrezzature pubbliche ed in cambio è accertato il loro diritto edificatorio in aree del medesimo comparto oppure - in maniera sicuramente più complessa, come appena detto sopra - in altri comparti ritenuti omogenei.
Non sarà facile costringere i proprietari delle cosiddette aree di trasferimento a forzate comunioni con i soggetti titolari di diritti edificatori che hanno già ceduto le aree. Come pure andrebbe chiarito quale debba essere il ruolo del Comune per garantire in convenzione che il diritto del proprietario che ha ceduto la propria area - che è un vero e proprio diritto patrimoniale - diventi effettivo in aree di cui quest'ultimo non ha la disponibilità materiale non essendone proprietario.
Corollario di questo complesso meccanismo è l'aspetto fiscale: dovranno esserci trasferimenti incrociati tra i diversi proprietari? E quanti passaggi saranno necessari? E come verranno trattati dall'Amministrazione finanziaria tutti questi passaggi di mano?
A fronte di tante difficoltà, non vorrei che il proprietario che ha ceduto la propria area al Comune finisse per rimpiangere l'indennità di esproprio e la concretezza di una somma di danaro qualunque…
Sembrano temi, specie quest'ultimi, non sufficientemente analizzati nelle prime esperienze di applicazione dell'istituto e che invece ne possono decretare il successo o l'insuccesso. Non si può fare altro dunque che appellarci al Legislatore Regionale, affinché vi sia un contributo, anche solo di tipo regolamentare, che elimini molti dei dubbi che verranno fuori in sede di concreta applicazione della perequazione urbanistica.
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