SPENDING REVIEW E RIORDINO DEGLI ENTI LOCALI:
cambiare per tornare a crescere
di Raffaella Venerando
Pubblichiamo di seguito ampi stralci della relazione che il Presidente di Confindustria Salerno Mauro Maccauro ha tenuto in occasione dell'Assemblea Pubblica - svoltasi lo scorso 26 ottobre al Teatro Verdi – incentrata su due importanti macrotemi: la spending review e il riordino degli enti locali. (…)
«La nostra idea era quella di riunire qui, questa mattina, la classe dirigente di questo territorio: istituzioni, imprese, sindacati, istituti di credito, forze dell'ordine, mondo delle professioni e dell'informazione, rappresentanti politici e dell'università, tutti insieme per resettare - almeno per una volta e nel rispetto delle proprie opinioni - anni di contrapposizioni provando a ripartire dal tema di questa assemblea: "buone idee per nuove sfide".
(...) Revisione della spesa e riordino degli enti locali sono le due direttrici di questo incontro, gli snodi da cui deve riavviarsi lo sviluppo del Paese. Nella loro corretta attuazione si pongono le basi per la ripresa delle nostre imprese. Il risultato migliore della spending review è che essa ha consentito di ottenere risparmi di spesa pubblica con i quali è stato finanziato il differimento e l'attenuazione dell'incremento delle aliquote IVA precedentemente previsto a partire da ottobre 2012 e che speriamo il Parlamento riesca ad eliminare del tutto. Si tratta di tagli di spesa per circa 4.6 miliardi quest'anno che, cumulati, diventano 10,8 l'anno prossimo, 11,6 nel 2014 e 12,1 nel 2015. Nel metodo, la revisione della spesa è stata ed è certamente un'innovazione rispetto al passato perché tende a ridurre la pressione fiscale attraverso tagli, in linea con le raccomandazioni delle istituzioni internazionali.
Ma siamo solo all'inizio e occorre continuare con fermezza e decisione su questa strada.
Nel merito delle modalità con cui si intende ottenere i risparmi, invece, diverse sono le criticità. Non c'è il tentativo di riallocare risorse nell'ambito del bilancio pubblico verso spese in grado di favorire la crescita come la spesa in conto capitale e quella per la ricerca e lo sviluppo. Si continua quindi a non guardare alla crescita, quasi come se il Paese non ne avesse urgenza. Non si interviene poi in alcun modo sulle regole di funzionamento della P.A. e sui meccanismi che originano la spesa pubblica e le sue inefficienze.
Non si è cercato quindi di eliminare il problema alla radice, cercando di capire i punti fondamentali in cui lo Stato stesso spende male.
I tagli alla spesa dei Ministeri, ad esempio, rischiano di essere solo temporanei, come è già accaduto in passato. Inoltre, in diversi casi i risparmi maggiori sono il risultato di tagli lineari che colpiscono indistintamente tutti gli enti. Sembra, questo, il caso dei tagli alla spesa per beni e servizi degli enti territoriali e quelli ai ministeri.
In questo modo non si eliminano le inefficienze, ma anzi si rischia di ridurre l'efficienza di quelle parti della P.A. che svolgono bene i compiti loro assegnati. Infatti, le maggiori riduzioni di spesa contenute nel decreto - che saranno effettuate sui trasferimenti - sono imposte agli enti territoriali: 5,8 miliardi a regime nel 2015, più 2,1 miliardi sulla sanità. Va sottolineato che questi tagli vanno ad aggiungersi ai 13 miliardi, a regime, nel 2014, già effettuati con le manovre del 2011.
Si tratta di decurtazioni che si tradurranno sì in riduzioni di spesa inefficiente, ma che andranno a toccare inevitabilmente anche i servizi essenziali alle persone e che, di certo, finiranno per trasformarsi in aumenti della pressione fiscale locale e quindi in imposte che verranno di fatto scaricate su cittadini e imprese.
Per questa ragione, cogliamo l'occasione per manifestare la nostra vicinanza e la nostra comprensione verso tutti quei Sindaci – e qui oggi ne vedo diversi – che, non senza disagio e pochissimo denaro in cassa, oggi svolgono l'esercizio delle proprie funzioni.
Ci auguriamo, a tal proposito, che siano rispettati gli impegni presi dal Governo sia per quanto riguarda il trasferimento dell'Imu ai Comuni, sia per la possibilità di allentare il Patto di stabilità, condizione indispensabile perché i Sindaci ricreino le condizioni di sviluppo nelle proprie città.
Allargando l'obiettivo, invece, per quanto riguarda le Regioni i tagli previsti per quest'anno sono di 700 milioni di euro e sono stati ripartiti dalla Conferenza Stato-Regioni.
In percentuale della spesa per beni e servizi sostenuta dalle Regioni nel 2010, sulla base dei dati di bilancio riclassificati dall'ISTAT, sono le regioni del Nord che subiscono il taglio maggiore (29% rispetto ad una media del 24,9%). In percentuale della spesa corrente, invece, il taglio pesa in misura maggiore nelle Regioni del Sud perché la spesa per beni e servizi ha un'incidenza sulla spesa corrente maggiore nel Mezzogiorno. Proprio in merito al divario tra Nord e Sud, il Rapporto 2012 della Svimez ci ricorda come negli ultimi cinque anni il Pil del Mezzogiorno è crollato del 10% tornando ai livelli del 1997.
L'auspicio è che, oltre alle lacrime e al sangue, con l'avvio della revisione della spesa si riescano a recuperare, almeno nel medio termine, adeguati margini di investimento nell'ambito della spesa pubblica cui collegare obiettivi di crescita. Intanto, una quota di quel gap che fa viaggiare il Paese a due velocità potrebbe essere recuperata con il corretto utilizzo dei tre miliardi di fondi strutturali europei che il ministro Barca ha deciso di riprogrammare, rispetto ai quali il nostro presidente Squinzi ha avanzato una proposta di impiego che condividiamo pienamente e che è bene ripetere: un buon utilizzo sarebbe quello teso a sostenere gli investimenti di medio–grandi dimensioni, anche per accompagnare la soluzione di crisi industriali complesse.
I fondi sarebbero utili per l'acquisto di macchinari innovativi da parte delle aziende, per favorire le reti di imprese, la cooperazione di filiera e un programma per l'internazionalizzazione delle aziende del Sud; fondamentali infine per rafforzare le garanzie e semplificare gli strumenti finanziari per favorire l'accesso al credito.
La capacità di spendere bene i fondi UE 2007–2013 – come ormai tristemente noto - è il miglior viatico per avere titolo a chiedere nuovi fondi strutturali, cosa che non potrà più realizzarsi se non si risolveranno una volta per tutte i limiti della situazione attuale: una grande frammentazione, come dimostrano i 450mila progetti censiti dal ministro Barca, l'elevata complessità procedurale, una ridotta capacità progettuale, una P.A. percepita più come ostacolo che come un servizio. Senza l'abbattimento di questi ostacoli, il rischio che si "buchi" anche questa ultima chance resta altissimo.
È bene ripeterlo e ripeterselo ad alta voce.Il tema della revisione della spesa, poi, è legato a doppio filo con il riordino non solo degli assetti istituzionali nazionali, ma con quello ancora più incisivo della rimodulazione del sistema degli Enti Locali. Confindustria si è sempre espressa per la soppressione di tutte le Province, cancellazione che comporterebbe un risparmio attuale di circa un miliardo di euro. L'impatto però più rilevante si avrebbe non tanto a livello economico, quanto nella semplificazione delle procedure di autorizzazione e nella riduzione dei tempi di risposta della Pubblica Amministrazione.
Nonostante le varie rimostranze e richieste di deroga da parte delle Regioni e il balletto dei ricorsi al Tar delle Province, un decreto legge in calendario per il primo Consiglio dei Ministri di novembre ridisegnerà la fisionomia amministrativa dello Stivale italiano, accorpando le Province con meno di 350mila abitanti o con estensione inferiore a 2.500 chilometri quadrati con quelle vicine. Per la nostra regione, è il caso di Benevento che va ad annettersi ad Avellino.
Con questo provvedimento, considerando solo le Regioni a Statuto ordinario, le Province scenderanno da 86 a 50, comprese le dieci città metropolitane.
Da giugno 2013, poi, tutte le Province saranno commissariate, anche quelle escluse dal ritocco dei confini. Un plauso quindi all'attuazione di questa importante riforma e al passo spedito del Governo che, alla luce delle ultime vicende dolorose che hanno riguardato l'andazzo di alcune Regioni (Lazio e Lombardia in primis) e il boom di conflitti che negli ultimi dieci anni sono stati portati all'attenzione della Consulta dal contenzioso Stato-Regioni, ha anche approvato nei giorni scorsi il disegno di legge di riforma del Titolo V della Costituzione che costituisce un passaggio essenziale per rendere più efficiente il sistema istituzionale del nostro Paese.
I protagonisti della tavola rotonda: da sinistra il Sindaco di Salerno Vincenzo De Luca, il Direttore del Mattino Virman Cusenza, il Presidente della Giunta Regionale Campana Stefano Caldoro e il Presidente della Provincia di Salerno Antonio Iannone
Positiva è infatti - a nostro avviso - la revisione delle competenze normative di Stato e Regioni in tema di porti, aeroporti, trasporti, comunicazioni, energia e commercio estero, che punta ad assicurare regole uniformi e processi decisionali più rapidi in settori fondamentali per lo sviluppo economico del Paese. Il disegno di legge persegue gli obiettivi della semplificazione e della certezza del diritto, prioritari per Confindustria. (...)
(...) É, però, ora prioritario un forte impegno da parte delle forze politiche per l'approvazione del disegno di legge entro la fine della legislatura. Qualora non vi fosse il tempo per una doppia lettura in entrambe le Camere a tre mesi di distanza l'una dall'altra, cosa molto probabile, allora quell'articolato dovrà rappresentare uno degli impegni delle coalizioni in campo nella prossima campagna elettorale e uno dei principali "compiti a casa" affidati al Parlamento che verrà.
Traslando queste evoluzioni prospettiche nell'ambito della nostra regione è bene dirlo subito in maniera chiara: al di là del gioco delle parti politiche, esiste un reale problema di fondo di distribuzione di risorse tra Napoli e il resto della Campania, celato – mistificato talvolta - dietro il dibattito corrente della crisi d'identità delle regioni.
L'intervento del Presidente di Assolombarda, Alberto Meomartini
C'è chi vuole dare vita al Molisannio, chi alla Grande Lucania, chi al Principato di Salerno: alla base di questo fermento geopolitico, come unico comune denominatore, c'è il malcontento di territori che si sentono poco rappresentati dai capoluoghi delle attuali regioni, c'è – venendo alla nostra di regione - l'insofferenza delle altre province nei confronti di una Napoli che, indisturbata drena, a volte anche in maniera improduttiva, risorse a discapito delle altre aree campane.
Questo gioco del risiko degli enti locali, a dirla tutta, non ci appassiona e non ci distrae da quella che per noi è la sola vera questione: il buon funzionamento della macchina regionale. Non disconosciamo di certo gli sforzi compiuti negli ultimi due anni e mezzo dall'attuale governo regionale. La situazione di bilancio fino al 2010 è stata sotto gli occhi di tutti, così come la connessa opera di risanamento inequivocabile e apprezzabile.
Ci stiamo avviando ora ad una stagione di pianificazione dei fondi e della loro relativa spesa, con l'augurio che queste risorse siano capaci di risollevare definitivamente l'economia della nostra regione.
(...) non possiamo sottacere che in questi ultimi anni - anni a tinte fosche per tutti e quindi anche per le nostre imprese – sia venuta completamente a mancare una
politica industriale di supporto da parte della Regione Campania.
Tutte quelle aziende che sulla base dei Contratti di Programma approvati nell'ambito del Paser hanno anticipato risorse per avviare i propri investimenti e, dunque, rispettare i propri impegni, si sono sentite letteralmente prese in giro, incontro dopo incontro, da chi assicurava loro che – di lì a breve - la situazione si sarebbe finalmente sbloccata e risolta.
Alcune di queste aziende hanno abbandonato la nostra regione per investire altrove; altre, invece, rischiano la chiusura a causa della scarsa liquidità cui l'anticipo delle risorse le ha costrette.
Analogo discorso vale per la ormai famosa misura 3.17 riguardante la ricerca e l'innovazione o per la Legge 12/07, articolo 5 – Innovazione e Sviluppo, inserita sempre nel Paser. Gli imprenditori in tutti questi casi mai hanno smesso di dimostrare la propria fiducia e il proprio spirito di collaborazione nei confronti della Regione, ma adesso plausibilmente esigono in cambio rispetto e chiarezza. Qualche settimana addietro, presidente Caldoro, Lei ha dichiarato di aver invertito la rotta rispetto al passato decidendo di puntare su nuovi Contratti di Programma per aerospazio e automotive, dando così una risposta strutturale per tutto il territorio.
Vogliamo essere molto chiari su questo punto. Noi abbiamo fatto nostro l'impegno che Confindustria ha preso alle Assise di Bergamo lo scorso anno: no agli scambi con la politica, ma sì ad interventi sui nodi di sviluppo.
Questo equivarrebbe non a interventi per un particolare settore, ma a una nuova stagione di politiche industriali con al centro il manifatturiero, i servizi, il turismo. Il modello su cui la Regione si è incamminata trascura del tutto invece il modello di sviluppo intersettoriale che, invero, oggi sarebbe indispensabile per sostenere in modo adeguato le imprese campane impegnate in difficili sfide. Siamo convinti infatti che sia del tutto anacronistico proporre politiche per promuovere specifici settori, camuffati come strategici. La realtà della competizione contemporanea mostra con buona evidenza che ragionare per settori (a maggior ragione se sono concentrati in aree ben delimitate della regione) ha poco senso (...)
Mauro Maccauro omaggia il Presidente di Confindustria
Giorgio Squinzi di una ceramica
dell'artista salernitano Giancappetti
(...) Inoltre l'impatto di questo programma sulle aziende della provincia di Salerno è modesto e crediamo - se vogliamo per un attimo rimanere nell'ambito dei settori - che sia un vero e proprio tentato delitto lasciare al proprio destino l'agroalimentare, la chimica plastica, la meccanica e la filiera della carta.
In un'epoca in cui i fattori esogeni all'impresa (burocrazia, legalità, costo dell'energia e del credito, ritardi dei pagamenti della PA, l'insostenibile peso del fisco e la lentezza della giustizia) sono così pressanti, creiamo piuttosto in questa regione le condizioni per competere tutti a uguali condizioni. Ora, presidente Caldoro, dopo la nomina di un consigliere politico alle attività produttive, di fatto la delega è passata direttamente in capo a Lei: rimetta in campo una politica industriale per questa regione finchè saremo ancora in tempo.
Il bonus occupazione ha evidenziato ancora una volta la dicotomia tra domande presentate e risorse disponibili, poche, troppo poche. Nella ridistribuzione delle risorse pertanto sarebbe utile spostare fondi oggi appostati su progetti che non decollano, verso strumenti come il credito d'imposta per l'occupazione e per gli investimenti.
La percezione della disparità di trattamento tra province, tra braccia di uno stesso corpo, è evidente, inoltre, in almeno altri due settori che vivono momenti davvero drammatici: pensiamo al trasporto pubblico locale e alla sanità privata. La situazione del TPL è giunta, in questa come in altre regioni italiane, ad un punto di non ritorno, prossimo ormai al collasso dei servizi per i cittadini e per le imprese.
Questa è la conseguenza di tagli verticali che si stanno abbattendo sui fondi destinati al trasporto pubblico locale che colpiscono in modo drammatico i bilanci delle aziende di trasporto, tanto su gomma che su ferro, e che occupano complessivamente oltre 17.000 dipendenti, senza tenere conto dell'indotto. Nell'anno in corso la Regione Campania ha perso il 40% dei fondi rispetto al 2010. Nel 2013 le aziende del TPL perderanno altri 50 milioni di euro.
É evidente come questa dimensione economica non sia sopportabile né dalle imprese, né dai cittadini: emblematica la delibera dell'amministrazione della Provincia di Salerno con cui la stessa ha denunciato l'impossibilità di esercitare la delega per la mancanza di risorse finanziarie. Sarebbe necessario risolvere i problemi legati agli ammortizzatori sociali e definire criteri certi di finanziamento ed erogazione dei contributi (costo standard).
Sarebbe fondamentale, inoltre, non dare corpo - con i fatti - a una visione "napolicentrica" dei trasporti da parte degli organi politici regionali, tendendo a mettere in salvo sempre e comunque le aziende pubbliche più sbilanciate sul versante dei costi, controllate però dalla Regione (gruppo EAV), dallo stesso Comune di Napoli (ANM) e dalla provincia di Napoli (CTP).
L'unico imperativo cui rispondere per la regione nel suo complesso è quello che vuole la necessaria riorganizzazione delle aziende di trasporto pubblico per eliminare sacche di sprechi e inefficienze. Non importa chi sia stato a determinarli, oggi non importa più: l'unica cosa che conta agli occhi dei cittadini della Campania è che il sistema dei trasporti funzioni. Disparità di trattamento tra comune capoluogo e altre province, si intravedono anche nel settore della sanità. Per quel che riguarda Salerno, lo scorso agosto è terminato il commissariamento della Asl Salerno.
Grazie a un importante lavoro compiuto in ambito economico finanziario, si è messo finalmente un punto fermo sui pagamenti correnti alle strutture, dimostrando così la sostenibilità della spesa corrente e una base credibile per la quantificazione del debito pregresso.
Ciononostante però non possiamo non rilevare che le quote del fondo sanitario regionale destinate all'ASL di Salerno sono insufficienti e sottostimate rispetto a quelle destinate alle altre ASL campane.
Questa situazione ha influito sui tetti di spesa destinati alle strutture private e quindi sulle prestazioni offerte ai cittadini, mettendo in difficoltà molte delle imprese della provincia. Pertanto ci augureremmo che d'ora in avanti fosse la stessa ASL di Salerno a gestire le risorse che spettano alla nostra provincia, in maniera autonoma rispetto a quanto determinato dalla Regione. Più in generale - lo diciamo innanzitutto da cittadini - auspichiamo che migliori complessivamente la qualità del servizio sanitario offerto nella nostra regione.
Tutte le regioni del Sud, ad eccezione del Molise, mostrano un saldo negativo della mobilità (ovvero il saldo tra pazienti di altre regioni che si recano in Campania per ricevere prestazioni sanitarie e pazienti invece campani che emigrano fuori regione per curarsi).
Tra le quattro regioni italiane con il peggior saldo la maglia nera spetta alla Campania, un triste primato che ci fa davvero poco onore. Accreditarsi, invece, come esempio positivo: questa è la vera sfida che la sanità campana deve vincere per senso di civiltà e rispetto verso i propri cittadini. Infine, anche sul terreno culturale si registrano delle spiacevoli anomalie "territoriali".
Un esempio su tutti: il teatro Verdi. Oltre all'impegno del Comune che garantisce ogni anno stagioni liriche e rappresentazioni teatrali di elevata caratura, il teatro Verdi – la splendida cornice che oggi ci ospita – potrebbe essere valorizzato molto di più di quanto non accade già.
Pensiamo non solo alla possibilità di dare vita ad una fondazione che aiuti la gestione del Massimo comunale, ma anche al sostegno ìmpari che la Regione gli tributa, ìmpari se paragonato al trattamento di aiuto che la stessa Regione riserva invece al San Carlo di Napoli per cui ha messo a disposizione 65 milioni di fondi europei utili per la sua giusta ristrutturazione e il conseguente rilancio.
Potrebbe poi nei prossimi mesi prendere corpo un'aggravante.
È vicino infatti l'avvio della Città Metropolitana di Napoli - cui dovrebbero essere attribuite competenze in materia di mobilità e viabilità, sviluppo economico e sociale, pianificazione territoriale e sistemi coordinati di servizi. Viene naturale chiedersi pertanto cosa muterà nei fatti, se i vantaggi di questo cambiamento geopolitico saranno reali e capaci di non penalizzare le altre province della regione, ma soprattutto se gli Enti Locali della provincia di Salerno stanno elaborando un modello di sviluppo complementare alla nascita della Città Metropolitana di Napoli.
Crediamo sia, infatti, di rilevante importanza interrogarsi su come si porrà la Regione Campania e la filiera istituzionale salernitana rispetto a questi cambiamenti così strategici e determinanti per lo sviluppo delle nostre aree. Salerno è chiamata a gestire e guidare questa transizione verso una nuova geografia territoriale e politica delle autonomie locali e della regione che prescinderà dall'Ente Provincia.
Quest'ultima conti nuerà ad avere funzioni specifiche, ma di certo meno rilevanti da un punto di visto sociopolitico. Pertanto, in questo processo di cambiamento Salerno può e deve candidarsi come modello di sviluppo complementare alla nascita della Città Metropolitana di Napoli, ponendosi come riferimento per le altre province.
Nel mentre l'attenzione dei più è interessata dalle regole sulle modalità di elezione del sindaco della Città Metropolitana (sarà eletto dai cittadini o dai Comuni?), a Salerno, invece, dobbiamo guardare con cura a quali saranno le funzioni più che i confini di queste aree e come tali funzioni impatteranno sui nostri territori.
Se Salerno tiene al suo sviluppo non ha scelta: dovrà costruirsi la possibilità di assumere un ruolo di centralità regionale complementare a Napoli.
In questo contesto il modello da seguire è quello del porto di Salerno.
Esso - per dimensione e volumi - non potrà mai essere pari a quello di Napoli, ma fa registrare ugualmente performance eccellenti tali da non essere considerato antitetico, quanto piuttosto complementare allo scalo marittimo partenopeo. Sarebbe allora opportuno che questa mentalità pervadesse anche gli altri sistemi infrastrutturali come quello aeroportuale, della cultura e del mondo accademico, della ricerca e dell'innovazione, al fine di esaltare l'importanza per tutti dell'interdipendenza funzionale tra le parti.
A tal proposito ci piace citare un'ultima iniziativa in ordine temporale, a riprova della fondatezza delle nostre convinzioni: all'edizione 2012 di Start Cup Campania - il premio promosso dalle università campane e finalizzato a mettere in gara gruppi di persone che elaborano idee imprenditoriali basate sulla ricerca e l'innovazione - sono state presentate 95 idee di impresa: bene, dei 5 premiati 4 sono salernitani.
È esattamente in questa direzione che dobbiamo proseguire; aprire i nostri territori a nuove sfide e puntare su di una classe dirigente idonea a fare sistema e capace di avere interlocuzioni forti con il governo sia regionale, sia nazionale.
La stagione della sterile contrapposizione è ormai superata dai cambiamenti amministrativi in atto e non possiamo più permetterci alcun passo falso.
Sì, è vero, scontiamo squilibri strutturali che generano inefficienze di sistema e che si traducono in costi supplementari per le imprese. É stato calcolato che le imprese salernitane sopportano complessivamente oneri aggiuntivi - rispetto ad aziende analoghe localizzate nel Centro Nord - pari al 20%, principalmente per fattori quali credito, carburanti, energia e inefficienze della P.A. che peserebbero sul fatturato delle nostre imprese per circa il 29%. In pratica, oltre un quarto del fatturato è annualmente "eroso" da fattori esterni all'attività di impresa vera e propria, fattori che a Salerno costano alle imprese circa un quinto in più di quanto pagato in altre aree del Paese. Nonostante ciò, il nostro è ancora un tessuto imprenditoriale dinamico, con un saldo positivo tra imprese iscritte e cessate e una bilancia commerciale export-import in attivo, unico esempio tra le province campane. Anche il tasso di occupazione è il più alto della Campania.
Da Salerno, pertanto, può partire l'esempio di un'alleanza territoriale tra i vari soggetti della rappresentanza economica, sociale e istituzionale, per provare a mettere in campo un modello di sviluppo sostenibile, inclusivo e solidale. Potrebbe essere questo il prologo di una declinazione pratica e trasparente del principio di sussidiarietà, ricordando che una vera e autentica classe dirigente non perde mai di vista l'interesse generale, pur nella tutela delle proprie legittime finalità.
Vincenzo Boccia, presidente nazionale della Piccola Industria, orgoglio degli imprenditori salernitani, chiudendo il suo intervento al forum di Prato a inizio ottobre lanciava una sfida.
Una sfida precisa. Da un lato chiedeva alla politica di mettere il Paese e le imprese in condizioni di poter competere, dall'altra prometteva l'impegno degli imprenditori a far sì che l'Italia diventi il primo paese manifatturiero del mondo. Similmente, noi vorremmo qui, in questa sede, chiedere alle istituzioni e alle imprese presenti lo stesso impegno a partire da ora, non da domani, perché - prendendo a prestito le parole di Victor Hugo - «nulla al mondo è tanto forte come un'idea il cui tempo è arrivato».
E l'idea è che dobbiamo ripartire, con coraggio ed entusiasmo, nonostante le difficoltà di cui tutti sappiamo, perché se è vero che i "se" sono il marchio dei falliti, nella vita le sfide vere si vincono proprio "nonostante".
|