AEROPORTO DI SALERNO, uno scalo che stenta a decollare
ALESSANDRO SACRESTANO
Amministratore Unico Assindustria Salerno Service srl Progetto Arcadia srl
Ho letto, nelle dichiarazioni del Presidente uscente della Provincia di Salerno, Edmondo Cirielli, che il più grande rammarico nella fase della sua presidenza è stato quello di non aver dato corso – per quanto non dipendesse esclusivamente da lui solo – all'obiettivo di dotare la nostra Provincia di uno scalo aeroportuale veramente efficiente.
Il Presidente ha lasciato l'incarico prima che si potesse espletare la gara per rendere "funzionale" la pista di decollo/atterraggio e, soprattutto, nell'impossibilità di utilizzare i fondi "potenzialmente" messi a disposizione dalla Regione e dai Pon (circa 40 milioni di euro) per l'adeguamento strutturale dello scalo.
Condivido il rammarico dell'Onorevole Cirielli e la necessità di segnalare a chi gli è succeduto l'esigenza di continuare a perseguire il medesimo obiettivo come un target fondamentale per lo sviluppo economico e sociale del nostro territorio. Forse, il problema potrebbe essere inserito nella prima pagina dell'Agenda comune proposta dal neo-presidente Iannone al Sindaco De Luca nel corso della recente Assemblea pubblica di Confindustria Salerno.
Non è in discussione, invero, che la Provincia veda nel Turismo la propria naturale vocazione come direttrice di crescita.
Viviamo in un'area dalle straordinarie fattezze e con scenari che ci invidia il mondo intero. Se a ciò aggiungiamo un itinerario culturale di alto spessore e una tradizione eno-gastronomica di primo livello, appare inconcepibile non concentrarsi assiduamente per trasformare in ricchezza le risorse della nostra Terra, più di quanto non sia stato fatto in passato. Se ciò è vero – e lo è certamente – gli attori dello sviluppo locale debbono unanimemente convergere verso una soluzione condivisa della situazione di stallo in cui versa lo scalo salernitano. Scrive John Kasarda, autore di un interessante studio sulle dinamiche economiche dell'evoluzione delle infrastrutture di trasporto, in primo luogo degli aeroporti, in riferimento all'Europa, che «gli aeroporti determinano la localizzazione dei nuovi affari e dello sviluppo urbano nel XXI secolo in una forma più determinante di quanto fecero le autostrade nel XX secolo, i treni nel XIX ed i porti nel XVIII secolo ».
Ciononostante, a Salerno l'aeroporto continua ad essere un argomento che divide, piuttosto che unire, le parti sociali (soprattutto quelle di derivazione economica) nel comune obiettivo di rendere funzionale lo scalo. A dividere, essenzialmente (come ricorda in una brillante indagine Gianluca Di Martino), sono gli oltre cento milioni di euro spesi, di cui settanta negli ultimi cinque anni per la struttura, a cominciare dai 5,9 milioni di euro stanziati nel 2006 dalla Giunta Bassolino per attrezzature, luci e sistema informativo. Sembrerebbe – riferisce ancora la menzionata indagine – che tenere aperto il Costa d'Amalfi, anche per un solo passeggero a volo, costi alla società di gestione dello scalo, la Aeroporto di Salerno SpA, oltre tre milioni di euro l'anno: uno spreco di denaro che in nessuna economia – tanto più se in recessione come la nostra – può essere accettato.
«Nel 2009 hanno viaggiato meno di 4mila passeggeri: una media di 8,4 passeggeri a volo. Nel 2010 hanno superato quota 5mila, ma solo perché sono aumentati i movimenti (passati a oltre 1.000): la media, infatti, si è abbassata fino a 5 passeggeri a volo. Una piccola crescita in termini assoluti è arrivata con l'ingresso di Alitalia, che ha effettuato voli fino al 23 marzo scorso. Nel 2011 secondo l'Enac a Salerno si è registrato un flusso di appena 24mila passeggeri, sotto la soglia di sopravvivenza».
Cosa fare dunque?
In un mio recente intervento, nel numero scorso di CostoZero, ho espresso la mia condivisione per la manovra dell'attuale Esecutivo, nella parte in cui ha inteso dare un taglio definitivo alla trasposizione dell'apparato pubblico nella gestione di attività economiche, attraverso il divieto di costituzione di nuove partecipate pubbliche e con l'impegno a dismettere in tempi rapidi anche quelle già esistenti. Si tratta di una decisione lucida, razionale, figlia dell'incontestabile declino di un modello di impresa che non è più proponibile in questo sistema. Il settore pubblico può e deve promuovere – sostenendole anche economicamente – alcune iniziative, ma non può sostituirsi all'imprenditore. Partendo dalle medesime considerazioni, mi persuado che l'empasse dello snodo aeroportuale provinciale non potrà essere risolto fino a quando la gestione dello stesso non passerà definitivamente (o almeno in maggioranza) nelle mani di imprenditori privati, che lo gestiscano con la logica del profitto.
Mi sembra che tale sia l'unica strada in grado di produrre un circolo virtuoso per la crescita economica del territorio. Insistere nel voler affidare al pubblico la gestione dell'aeroporto, replicando alcune buone esperienze registrate sul territorio nazionale è, in questo momento, un obiettivo utopistico, tecnicamente irrealizzabile. Costringere l'apparato centrale ad investire altro denaro della collettività nella ristrutturazione e nella messa in funzione del "Costa d'Amalfi", rappresenterebbe l'ennesimo colpo di sferza al dorso già ingobbito della nostra economia che, ormai, deve imparare a ragionare solo con la logica delle risorse pubbliche centellinate, coinvolgendo per quanto è possibile (è il mito del project financing) capitali privati nella realizzazione di progetti strategici. Ciò detto, mi sembra di poter condividere la soluzione fortemente voluta dalla nuova consiliatura della camera di commercio con il conforto di tutte le associazioni, confindustria compresa, di sottoporre a bando pubblico la cessione del pacchetto di maggioranza della società di gestione dell'aeroporto provinciale.
Il bando prevede l'ingresso di un socio privato di maggioranza esperto del settore aeroportuale. Il know how gestionale, in effetti, è un elemento troppo discriminante per essere trascurato. La pubblicazione del bando - previa presentazione al ministero delle Infrastrutture, che dovrà fornire la propria approvazione - dovrebbe avvenire all'incirca entro metà novembre.
La sensazione è che solo l'effettivo intervento di una cordata di imprenditori seri e competenti nella gestione dello scalo - accompagnato dal sostegno unanime di tutte le parti politiche interessate - potrà realizzare il sogno incompiuto di una Provincia crocevia fondamentale nella mobilità regionale, con tutti i positivi risvolti economici connessi.
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