Licenziamento: ancora
un’interessante sentenza della CC
Licenziamento: ancora
un’interessante sentenza della CC Al Giudice spetta il controllo della reale sussistenza del motivo di licenziamento addotto dall’imprenditore, attraverso l’apprezzamento delle prove testimoniali
e documentali
Massimo Ambron
Avvocato
massimo.ambron@libero.it
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 11720 del 20 maggio 2009, si pronuncia in merito alla delicata questione del licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo (ex lege 15.7.1966 n. 604, art. 3 e 5), che in questi periodi di particolari difficoltà occupazionali assume importanza rilevante.
Con la sentenza n. 11720 la Cassazione ha confermato la validità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, risultando provato, nella fattispecie, da un lato la riduzione dei posti di lavoro dovuta alla notevole contrazione dei volumi di vendita dei prodotti dell’impresa, e dall’altra la impossibilità di ricollocare in modo adeguato la lavoratrice.
Il fatto. Una dipendente di una azienda commerciale presentava ricorso presso il competente Tribunale, affinchè il magistrato adito dichiarasse la inefficacia del recesso intimato dall’azienda, in quanto, a suo dire, era privo di giustificato motivo oggettivo. In primo grado il Tribunale rigettò la domanda della ricorrente, accogliendo le tesi della difesa dell'azienda che ne sostenne e comprovò la piena legittimità dell’intimata risoluzione del rapporto di lavoro, dimostrando che la necessità di riduzione dei posti di lavoro era dovuta al significativo decremento dei volumi di vendita dei prodotti. Inoltre, fu provato che risultava impossibile ricollocare utilmente la dipendente nella struttura aziendale. Il Tribunale, inoltre, non ritenne di accogliere i rilievi di parte ricorrente relativi alla circostanza che la Società aveva dopo il licenziamento provveduto all’assunzione di altro personale, in quanto notevole era il lasso di tempo trascorso tra i due eventi (circa otto mesi). La Corte di Appello confermò la sentenza di primo grado. La Suprema Corte con la sentenza, che qui viene commentata, ha confermato anch’essa la legittimità del licenziamento comminato alla lavoratrice, precisando, in particolare, che la circostanza che la Società avrebbe proceduto - dopo il licenziamento e a distanza di otto mesi - all’assunzione di nuovi lavoratori, non ha rilievo. Infatti, l’orientamento della Cassazione è di valorizzare la situazione sussistente al momento del licenziamento e quella immediatamente successiva. Quindi la circostanza che dopo otto mesi vi siano state assunzioni non appare degna di considerazione. In definitiva, la Cassazione conferma il suo orientamento, secondo cui «il licenziamento per motivo oggettivo determinato da ragioni inerenti all’attività produttiva (vedi Cass. n. 17887 del 22.8.2007) è scelta riservata all’imprenditore, quale responsabile della corretta gestione dell’azienda anche dal punto di vista economico ed organizzativo, sicché essa quando sia effettiva e non simulata o pretestuosa, non è sindacabile dal Giudice». Tale scelta è tutelata dall’art. 41 della Costituzione: «L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali».
Al Giudice spetta, invece, il controllo della reale sussistenza del motivo addotto dall’imprenditore, attraverso l’apprezzamento delle prove testimoniali e documentali.
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