Le pmi di Solofra
e di Cava de’ Tirreni
tra crisi finanziaria
e regolamentazione bancaria
Le pmi di Solofra
e di Cava de’ Tirreni
tra crisi finanziaria
e regolamentazione bancaria
I risultati di un’indagine territoriale mostrano che se non migliorerà il rapporto
tra il mondo del credito e l’impresa gli esiti della crisi potrebbero essere devastanti
di Angela Spagnuolo, professore associato di Economia Industriale presso la Facoltà di Giurisprudenza
dell’Università degli Studi di Salerno
e Adelaide D’Angelo, dottore di ricerca in Economia e Politica dello Sviluppo e docente a contratto
presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Salerno
L’indagine diretta, rivolta a imprese
e banche dei due distretti, ha avuto il fine di monitorare il grado di conoscenza
e di applicazione delle norme dettate dall’Accordo di Basilea 2 in vigore
dal primo gennaio 2008
In un contesto di grave crisi finanziaria riteniamo che il sistema economico non possa riprendersi senza che il tessuto industriale locale sia sostenuto con impegno dalle banche di prossimità. In misura stringente per aree distrettuali in cui la prevalenza delle imprese che vi operano ha dimensioni medio-piccole.
In realtà, per poter valutare l’entità degli esiti della crisi finanziaria sul sistema produttivo locale risulta necessario sapere se e come sia mutato il rapporto banca-impresa già per effetto delle norme di regolamentazione bancaria, note come Basilea 2.
É importante sapere se le imprese e le banche locali si stiano adeguando al contesto normativo corrente semplicemente perché è possibile intravedere esiti diversi a seconda dello stato di salute delle imprese e, per quel che qui rileva, del tipo di rapporto che esse hanno con le banche di riferimento.
In quest’ottica ci sembra utile riportare i risultati di una doppia indagine, svolta recentemente sulla base di questionari predisposti ad hoc e somministrati, prima della crisi finanziaria, in due distretti locali: quello di Solofra e di Cava de’ Tirreni.
L’indagine diretta, rivolta a imprese e banche dei due distretti, ha avuto il fine di monitorare il grado di conoscenza e di applicazione delle norme dettate dall’Accordo di Basilea 2, in vigore dal 1 gennaio 2008. Dalla prima indagine (svolta nel periodo ottobre 2006/febbraio 2007) appare che le imprese conciarie, chimiche, commerciali e di servizi di Solofra, di dimensione prevalentemente piccola e media e prevalentemente a conduzione familiare, risultano restie al cambiamento verso modalità organizzative diverse e più trasparenti.
Le imprese (un campione di 10 aziende, stratificato per classe dimensionale e per natura giuridica) percepiscono esclusivamente in senso restrittivo i cambiamenti imposti dalla regolamentazione corrente, che condiziona le modalità di erogazione e di fruizione del credito. Esse si attendono, di fatto, un razionamento del credito.
Sanno che l’Accordo di Basilea 2 modificherà la prassi di affidamento perché detta regole tese a rafforzare il legame tra costo del finanziamento, solidità e solvibilità dell’impresa; ma non sembrano prestare attenzione alle sollecitazioni delle banche, che reclamano cambiamenti non più rinviabili: ricapitalizzazione dell’impresa, riduzione della dipendenza dal credito bancario a breve, diversificazione delle fonti di finanziamento, correlazione tra fonti e impieghi, pianificazione finanziaria legata al processo produttivo, riduzione della pratica diffusa del multiaffidamento (Risultati opposti sono emersi dall’indagine condotta dalla Banca d’Italia [2007] su un campione di imprese dell’industria e dei servizi…I risultati mostrano che una quota non trascurabile delle imprese italiane ha avuto modo finora di valutare gli effetti dei comportamenti delle banche in previsione dell’applicazione delle nuove normative sulle proprie relazioni di finanziamento e fra queste una parte ritiene che sia opportuno affrontarla introducendo cambiamenti significativi. Non è percepita una sostanziale modifica nel comportamento degli intermediari creditizi, anche se vi è molta dispersione nelle risposte sui cambiamenti intravisti nella disponibilità e nelle condizioni di credito. È segnalata anche una tendenza alla riduzione del multiaffidamento. (…) Bentivogli et al. [2007]).
Tutte le banche intervistate (5 banche locali consolidate sul territorio) esprimono la loro preoccupazione: se hanno tollerato finora la sistematica sottocapitalizzazione delle imprese locali in virtù di relazioni fiduciarie di medio/lungo termine, lamentano che le norme correnti non consentono più di modulare le condizioni di finanziamento sulla base della conoscenza personale del cliente. Tutte le banche del distretto applicano ad oggi i parametri previsti da Basilea1. Non applicano i rating interni perché, per effetto della concentrazione dell’industria bancaria, hanno una consistente distanza funzionale con la banca incorporante, da cui esse dipendono totalmente, che non ha ancora predisposto i rating interni.
I risultati ottenuti per il distretto di Solofra sono confermati dalla seconda indagine, svolta per Cava de’ Tirreni (ottobre 2007- febbraio 2008). Dall’analisi del campione, costruito con la stessa metodologia (10 imprese e 5 banche locali), risulta che la maggior parte delle piccole imprese locali, affiancate da una fitta trama di microimprese specializzate nella produzione della ceramica, asserisce che le novità introdotte dall’accordo di Basilea 2 avranno ripercussioni solo sul comportamento del settore bancario. Ma, dalle risposte puntuali del questionario, si evince che esse non hanno ancora compreso il ruolo prioritario dell’autovalutazione dell’impresa nella formazione del rating. Anche qui le imprese locali risultano sottocapitalizzate, poco trasparenti, abituate a fornire discontinue informazioni alle banche. Anche qui si ricorre diffusamente alla pratica del multiaffidamento (riducendo l’entità del credito richiesto a ciascuna banca si riduce il rischio di rifiuto).
Le aree industriali esaminate presentano caratteristiche e peculiarità simili. Pur operando in settori diversi, le imprese locali risultano legate a tecniche industriali consolidate e mature e rispondono a logiche comportamentali fortemente miopi: da un lato le imprese sono attente a godere dei vantaggi degli incentivi derivanti dell’appartenenza al distretto; dall’altro, hanno poca cura di impegnarsi a rendere più trasparente il legame tra impresa e sistema bancario. D’altro canto, le banche locali sono intrappolate in uno schema di totale dipendenza dalla banca incorporante, testa pensante e decisore di ultima istanza, troppo distante fisicamente e funzionalmente dai problemi locali.
Se questo è, risulta necessario che le Pmi locali si attrezzino a ricapitalizzarsi, a costruire bilanci più trasparenti, a predisporre l’autovalutazione dell’impresa, a migliorare la comunicazione con le banche, a ridurre il multiaffidamento, al fine di migliorare il loro rating.
Le banche di prossimità, per la loro parte, devono riconquistare la loro funzione di agenti dello sviluppo locale. Perché se non migliorerà il rapporto banca-impresa gli esiti della crisi finanziaria potrebbero essere devastanti per le Pmi locali: ad una selezione naturale delle imprese seguirà, anche nel tempo breve, un aggravamento delle condizioni, già precarie, di crescita e di sviluppo.
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