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  Dicembre 2012

Articoli n° 06
LUGLIO 2007
 


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Relazione programmatica di Agostino Gallozzi

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La Banca come «impresa per l’impresa»

L’intervista a MARCELLO FASANO - Confidi sempre vicini alle imprese

L’intervista a GIUSEPPE CALCAGNI - La garanzia consortile È preziosa per le aziende

La Banca come
«impresa per l’impresa»

dossier01
di Raffaella VENERANDO

Una banca amica dovrebbe porsi come partner delle industrie locali nella crescita economica

Se la crescita di un territorio dipende soprattutto dalla sua capacità di creare valore e produrre investimenti, allora vale la pena verificare quali siano al Sud le dinamiche in atto nei rapporti tra il mondo del credito da un lato, e le imprese - in special modo le piccole e medie - dall'altro.
Nel Mezzogiorno, il rapporto tra le Pmi e il circuito del credito è da sempre particolarmente complesso; anzi in alcuni casi, peraltro non sporadici, addirittura “difficile”.
Il sistema del credito ordinario a lungo andare ha penalizzato le imprese meridionali, per diverse e tristemente note ragioni. La prima è il costo del denaro, che al Sud continua ad essere più alto rispetto al Nord Italia. Nel Mezzogiorno il denaro può arrivare ad essere pagato con tassi di interesse da capogiro, con ripercussioni notevoli sullo sviluppo economico dell'imprenditoria locale e gravi ricadute sull'intero sistema occupazionale. Questa tendenza registrata nel Mezzogiorno, che appunto vede alcuni importanti istituti di credito far pagare il denaro a tassi di interesse al di sopra di quelli applicati nelle restanti aree del Paese, è dovuto essenzialmente - ma non solo - ad un mercato del credito meno concorrenziale che al Nord non favorisce l'incontro tra domanda e offerta e che contribuisce ad alimentare la già marcata forbice di disparità fra Nord e Sud dell'Italia. Le imprese meridionali scontano poi la scarsa considerazione del proprio potenziale progettuale da parte delle banche, trovando impervia la via di accesso al credito. Proprio questa difficoltà, continua a vincolare nel Sud l'attività delle imprese, che dipendono così per i loro investimenti, per la loro produttività e per la loro operatività dai prestiti e dai mutui che le banche sono disposte a concedergli.
A questi già di per sé pesanti punti di debolezza, negli ultimi anni si è aggiunto l'allontanamento dal Mezzogiorno dei centri decisionali e delle centrali operative di quasi tutti gli istituti di credito, fatta eccezione per le banche popolari e quelle di credito cooperativo che, per loro stessa natura, non rinunciano alla dimensione “local” e rimangono indissolubilmente legate al territorio in cui operano.
Secondo gli ultimi rapporti di Unioncamere (maggio 2007) infatti, la Campania, in maniera più evidente di quanto non si verifichi nel resto del territorio nazionale, registra una diminuzione del numero di banche, che passano da 43 a 31, mostrando una carente concentrazione del sistema bancario sul territorio; all'interno della regione è collocato meno del 4% degli Istituti bancari italiani, risultando inoltre in diminuzione rispetto al 2000, quando questi rappresentavano il 5,1%. Scendendo nel dettaglio, quasi la metà delle banche campane è localizzata a Salerno (14 su 31), unica provincia campana a presentare, nonostante la diminuzione, un elevato numero di Istituti creditizi, un aspetto atipico nel panorama nazionale, caratterizzato da una elevata concentrazione nelle realtà più grandi. Per quanto attiene invece al livello di rischiosità del credito, questo contribuisce in misura significativa alla determinazione del costo del credito che a sua volta influisce sul livello degli investimenti delle imprese (ma anche delle famiglie); per questo motivo risulta interessante osservare la graduatoria nazionale relativa al tasso di interesse a breve termine. In particolare, nella tabella sottostante sono indicate le prime 10 e le ultime 10 province italiane per tasso più basso, oltre a quella di Salerno. Nel complesso, le prime 10 province italiane appartengono tutte all'area del Centro-Nord, un aspetto legato alla minore rischiosità in quest'area del Paese, ma anche ad una maggiore concorrenza del sistema bancario, mentre nelle ultime 10 posizioni sono collocate esclusivamente realtà meridionali. Nel Sud, quindi, oltre alla presenza di diverse difficoltà socio-economiche, si registra anche un costo del credito decisamente più sostenuto, un fattore negativo che di fatto scoraggia gli investimenti del sistema economico locale. La provincia di Salerno, come il resto delle province del Sud, presenta un tasso di interesse particolarmente elevato (7,88%) rispetto a quello mediamente applicato a livello nazionale (5,82%), un dato negativo e legato alla più alta rischiosità del credito e alla contemporanea minore offerta di strutture bancarie. Rispetto alle altre province, Salerno si colloca all'89° posto in Italia, evidenziando un ritardo rilevante non solo rispetto al Centro-Nord, ma anche al confronto di numerose realtà del Mezzogiorno.
Com'era del resto naturale, il trasferimento al Centro-Nord del Paese della “testa pensante” di molte banche del Sud non solo ha elevato la rischiosità del credito ma ha anche reso marginale l'attenzione verso i piccoli crediti e disperso le conoscenze sul sistema produttivo meridionale accumulate dalle banche negli anni. La conseguenza di ciò è che si è diffusa la sensazione che i cambiamenti di fisionomia complessiva del sistema bancario - in termini di soglie dimensionali, presenza sul territorio, gamma dei prodotti, struttura dei prezzi e dei costi, forme di sostegno allo sviluppo delle imprese, canali distributivi - se al Nord equivarranno in definitiva a maggiori benefici per il cliente-impresa che potrà giovarsi di un portafoglio di servizi più ampio e di un interlocutore bancario più preparato e avanzato tecnologicamente, al Sud corrisponderanno a un maggiore “isolamento” per le imprese.
dossier01 Su questo scenario già tanto delicato si innesta oggi la riforma dell'erogazione del credito, partita a gennaio con Basilea 2. È ancora troppo presto per fare bilanci e tirare conclusioni ma, fugati i timori iniziali dovuti essenzialmente alla poca informazione, l'aspetto che più preoccupa le piccole e medie aziende è la possibilità che metodologie e modelli di calcolo troppo rigidi minino le basi del rapporto personalizzato con il cliente, rendendo nei nostri territori ancor più difficile l'accesso al credito e i finanziamenti.
Di diverso avviso, naturalmente, le banche che puntano invece a mettere in campo nuove strategie di fidelizzazione - tra l'altro necessarie data anche l'evidente crisi di fiducia da parte dei consumatori - rilanciando la carta dell'ascolto, dell'estrema trasparenza e comprensibilità delle condizioni proposte.
Cambio di rotta, insomma. Anziché fare quadrato, la banca - come in un famoso spot pubblicitario - diventa “circolare” e il cliente il suo fulcro. Al di là degli slogan, forse quanto fatto finora non basta. Il problema dell'arretratezza del Mezzogiorno risiede nella qualità del rapporto tra banche e imprese. Un rapporto poco moderno, che sconta un notevole ritardo a causa di strategie di protezione obsolete. Per fare il salto di qualità, gli istituti di credito dovrebbero oggi mostrarsi cointeressati nelle attività d'impresa. Da erogatori di credito dovrebbero divenire soggetti capaci di sostenere il sistema produttivo, potenziandone la capacità di finanziamento. Una banca “amica” e al passo con i tempi dovrebbe porsi come partner delle industrie locali nella crescita economica e assumere in prima linea i rischi di impresa. Insieme banche e imprese devono lavorare per rendere il Sud competitivo, con investimenti consistenti nella formazione delle risorse umane, mettendo in campo adeguate competenze manageriali capaci di rendere sinergiche e proficue le reciproche relazioni. Insieme banche e imprese devono sfidare e scalare la piramide del rischio. Un ruolo fondamentale in questo rinnovato rapporto potrebbe essere svolto dai Confidi, specialmente se questi ultimi - come al centro-nord - si aggregano, fanno sistema, superando l'eccessiva frammentazione. Il mercato oggi lo impone: è indispensabile che i Consorzi Fidi, se vogliono continuare a svolgere la propria attività primaria di garanzia, raggiungano una migliore patrimonializzazione per poter intervenire nei confronti del sistema bancario ed incidere nella determinazione del valore della garanzia e sul costo del denaro.
Sviluppo economico e crescita sono l'obiettivo comune cui banche, Confidi e imprese devono tendere per il futuro.
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