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  Dicembre 2012

Articoli n?02
MARZO 2012
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TREVISANI: «Anche per le infrastrutture, c'È bisogno di un'AUTORITÀ indipendente»

RATING ANTIMAFIA «Migliore accesso al credito per chi opera nella legalitÀ»


TREVISANI: «Anche per le infrastrutture, c'È bisogno di un'AUTORITÀ indipendente»

Terzietà e autonomia sono necessarie per contrastare le inefficienze diffuse e persistenti, le eccessive spinte monopolistiche, nonché per dare certezza alla regolazione, da troppo tempo ostaggio di enormi conflitti d'interesse


di Raffaella Venerando

Cesare Trevisani
Vicepresidente per le Infrastrutture, logistica e mobilità - Confindustria

Dottor Trevisani, Confindustria ha presentato un piano di proposte sulle infrastrutture al vice ministro competente Mario Ciaccia. In cosa si sostanzia e quali sono le priorità individuate?
Il dialogo con il Governo ha già dato i primi risultati, visto che molte delle nostre proposte sono state già accolte dal Governo nei due decreti "Salva Italia" e "Cresci Italia".
Penso ad esempio all'intervento in materia di project bond o alla semplificazione delle procedure per l'approvazione dei progetti. Ma è chiaro che il lavoro da fare è ancora lungo. Tra i nostri temi prioritari c'è quello delle risorse.
Negli ultimi quattro anni abbiamo registrato un crollo degli investimenti pubblici in infrastrutture, che ha messo in crisi un'intera filiera industriale. Per questo noi puntiamo su misure che possano facilitare la partecipazione dei capitali privati negli investimenti, come l'introduzione di agevolazioni fiscali a carattere strutturale, nonché su misure che consentano di destinare stabilmente i proventi da dismissioni del patrimonio pubblico alla realizzazione delle opere, soprattutto a livello locale.
Sappiamo bene, però, che per rendere appetibile il mercato infrastrutturale italiano, dobbiamo rendere l'ambiente normativo e procedurale affidabile, quale condizione per garantire l'equilibrio dei piani economico‑finanziari dei progetti.
Per questo puntiamo, ad esempio, ad introdurre a livello normativo il principio di invarianza del quadro regolatorio, per garantire ai privati che le regole del gioco non cambino in corso d'opera.
C'è, infine, un tema molto importante, che è quello del consenso della collettività alla realizzazione delle opere; non possiamo dimenticare, infatti, come i ritardi nella conclusione dei lavori e l'aumento dei costi realizzativi dipendano anche dal cosiddetto fenomeno NIMBY.

Il comparto edile è in seria difficoltà anche a causa del ritardo dei pagamenti da parte della PA. A cascata, questo vuol dire difficoltà complessive per tutto il sistema legato alle infrastrutture.
Più nel dettaglio, quali sono i rischi più seri cui le nostre imprese sono quotidianamente esposte?

Le difficoltà per le imprese del nostro comparto sono davvero molto serie. Secondo l'Ance, il settore delle costruzioni nel complesso dovrebbe ridursi tra il 2008 e il 2012 del 24%, cioè tornerebbe ai livelli di metà anni '90, mentre per i lavori pubblici la riduzione sarebbe del 37%.
Dall'inizio della crisi, la perdita di occupati è stata di 250.000 unità, che diventano 380.000 con l'indotto. Stiamo parlando, nel migliore dei casi, di profonde ristrutturazioni aziendali e, nel peggiore, della chiusura stessa di molte imprese.
Le difficoltà di accesso al credito si sommano alla pressione dei creditori, senza però che le nostre imprese possano farvi fronte contando sui pagamenti del dovuto da parte della PA, per lavori eseguiti anche molti anni prima. Oggi la situazione è davvero grave e noi chiediamo al Governo di trovare al più presto una soluzione, anche perché la crisi potrebbe avere effetti sempre più dirompenti sull'occupazione, in un momento in cui il nostro Paese deve invece puntare su crescita e lavoro.
Perdere la nostra capacità produttiva vuol dire perdere competitività.
Ed è un rischio che non possiamo correre.

Lei è favorevole alla logica dei grandi eventi e delle grandi opere o vorrebbe che si cominciasse da piccoli interventi ma certi nella loro realizzazione?
Ritengo che non si tratti di logiche contrapposte.
Il Paese ha bisogno di grandi opere, anche legate ai grandi eventi come EXPO 2015, ed è evidente che ha anche bisogno di piccole opere di immediata cantierabilità.
Bisogna invece promuovere una logica di integrazione tra grandi e piccole opere, passando dalle reti europee ai raccordi dell'ultimo miglio, dai grandi programmi pluriennali ai piccoli interventi settoriali.
La vera questione, semmai, sta nella capacità di scegliere gli interventi, di dettare le priorità infrastrutturali e di rendere stabile nel tempo l'allocazione delle risorse per tutte le tipologie di opere. Dobbiamo, quindi, evitare, come spesso è accaduto, che gli stanziamenti allocati siano poi spostati su altri capitoli di spesa.
Quest'altalena vanifica tanto i grandi che i piccoli investimenti.

Confindustria da sempre chiede una minor presenza dello Stato per quanto attiene alla regolazione del settore. Perché? Cosa cambierebbe se venisse istituita un'Autorità dedicata?
La premessa è che il nostro Paese ha urgente bisogno di riformare le politiche generali e settoriali che determinano lo sviluppo regolato dei mercati delle infrastrutture e dei trasporti, una sana concorrenza e una vera tutela degli interessi degli utenti.
Ma l'istituzione di un'Autorità indipendente è condizione imprescindibile affinché la regolazione funzioni correttamente. Abbiamo degli esempi nei settori dell'energia e delle telecomunicazioni e riteniamo che, anche per il comparto infrastrutturale, ci sia bisogno di un'Autorità indipendente e terza cui affidare compiti di regolazione.
Terzietà ed indipendenza sono necessarie per contrastare le inefficienze diffuse e persistenti, le eccessive spinte monopolistiche, nonché per dare certezza alla regolazione, da troppo tempo ostaggio di enormi conflitti d'interesse. Basta pensare alle dinamiche locali, dove spesso regolatore e regolato coincidono, generando sprechi e inefficienze.
Inoltre, l'assenza di regolazione pesa quotidianamente su cittadini e imprese che sopportano sovraccosti, cui si fa fronte con la fiscalità, unico rimedio per riparare i deficit e fare investimenti. Siamo quindi lieti che il Governo abbia ascoltato le nostre richieste, istituendo l'Autorità indipendente di regolazione dei trasporti.

Autotrasporto: caro materiali, accise sui carburanti, aumento pedaggi autostradali, costi minimi. Il settore è destinato a soccombere data la situazione attuale…
Se non si sarà in grado di portare avanti un progetto concreto e definito che ponga le basi di una nuova cornice, anche giuridica, tale da rendere più efficiente il comparto, si rischia non solo di distruggere queste settore, ma di creare dei danni enormi per l'intera economia.
La normativa sui costi minimi, in particolare, garantisce la sopravvivenza delle imprese vettoriali meno efficienti e produce dei costi insostenibili sia per i committenti che per gli autotrasportatori.
Ritengo, dunque, che non ci si può barricare dietro posizioni ideologiche e protezionistiche, ma si deve avviare un nuovo processo di ristrutturazione dell'autotrasporto, da attuare con non nuove regole più efficienti. Per questo, il nostro auspicio è che nel definire le nuove normative di settore, il Governo si attenga alle posizioni più volte espresse dall'Antitrust, non escludendo questo settore dal più generale processo di liberalizzazione attualmente in corso.

Cosa dovrebbe cambiare perché il nostro mercato delle infrastrutture sia nei fatti regolato secondo i principi europei?
Innanzitutto dovremmo puntare sulla concorrenza. L'ingerenza dello Stato nelle attività produttive e le troppe diffuse situazioni di monopolio ed oligopolio ostacolano lo sviluppo del mercato infrastrutturale e riducono l'efficienza dei servizi.
Ma dobbiamo anche promuovere una maggiore qualità del settore, sia dal lato dell'offerta rafforzando la specializzazione e la qualità delle imprese, per renderle più competitive anche fuori dall'Italia sia e soprattutto dal lato della domanda, cioè la PA.
Oggi la domanda pubblica, troppo spesso inadeguata e in ritardo rispetto al progresso tecnologico, condiziona negativamente il funzionamento del mercato infrastrutturale.
Da questo punto di vista, siamo dietro a molti nostri partner europei, che puntano sulla formazione della classe amministrativa quale volano di crescita. Infine, riduciamo la burocrazia. Abbiamo troppi vincoli procedurali e operativi che non agevolano, semmai ostacolano l'attività delle imprese; c'è bisogno di regole semplici, chiare e non contraddittorie per rendere efficiente mettere l'intero comparto.

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