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  Dicembre 2012

Articoli n?02
MARZO 2012
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Come vincere la lotta all'EVASIONE FISCALE

Una diffusa evasione fiscale è una delle principali cause di perdita di credibilità dello Stato agli occhi sia dei cittadini, sia degli investitori stranieri. Uno Stato che non riesce a far rispettare le norme antievasive che esso stesso si è dato non è credibile

«È evidente che se la norma fiscale è percepita come non equa, i cittadini porranno in atto tutti quei comportamenti che ne ridurranno l'efficacia»

di Raffaella Venerando

Stefano Zamagni Economista


Professor Zamagni, lei ha scritto di recente un saggio intitolato
"Il contribuente virtuoso: come vincere la lotta all'evasione fiscale". L'origine di questo male è secondo lei da rintracciare in una sorta di «squilibrio di fiducia generalizzata, in una scarsa qualità e incidenza di capitale sociale». Vuole spiegarci meglio?

Nel mio lavoro provo a difendere esattamente questa tesi, ovvero che le caratteristiche specifiche della nostra evasione e/o elusione fiscale endemicità e trasversalità rispetto alle variabili sia sociali, sia territoriali sono in buona parte attribuibili proprio alla carenza di capitale sociale inteso come rete complessa di fiducia generalizzata.
Nei termini della ben nota distinzione introdotta dal politologo americano Robert Putnam, è il capitale sociale di tipo bridging ciò di cui difetta l'Italia; non certo il capitale sociale di tipo bonding, che è all'origine di quel "familismo amorale" di cui aveva già parlato nel 1958 l'antropologo A. Banfield.
Come ci ha insegnato Antonio Genovesi nel suo Lezioni di Economia Civile (1765), fiducia dal latino fides significa letteralmente corda; quanto a dire che la fiducia non è un vago sentimento morale o una generica disposizione d'animo, ma un legame tra due o più soggetti.
In quanto tale, la fiducia è un bene relazionale che postula una qualche forma di reciprocità.
Sono i legami tra persone, piuttosto che le qualità individuali delle stesse, a costituire il capitale sociale, che sarà di tipo bonding se le corde sono tese tra membri dello stesso gruppo etnico, della stessa famiglia, del medesimo clan, eccetera da cui la spinta verso forme variamente articolate di neocorporativismo; sarà invece di tipo bridging se le corde legano persone che non si conoscevano tra loro.
Laddove c'è scarsità di capitale sociale di tipo bridging, i cittadini cercano sostegno o rifugio nel proprio gruppo, il cui interesse finisce così col prevalere su quello generale del corpo politico (o addirittura lo sostituisce).
Ed è esattamente questo tipo di fiducia a scarseggiare in Italia, spingendo così i cittadini ad evadere il pagamento delle imposte.

Uno dei primi mali ingenerati dall'evasione fiscale è una grave distorsione nell'allocazione delle risorse in ambito economico.
Distorsione che non fa bene neanche all'impresa, vero?

Vero, il fenomeno dell'evasione distorce l'allocazione dei talenti manageriali: l'imprenditore che progetta di evadere in modo sistematico mai si circonderà del manager più capace, ma di quello più "fedele". Inoltre, la crescita dimensionale dell'impresa risulta disincentivata da una diffusa evasione, perché è più facile evadere nel piccolo in conseguenza di minori controlli e di attenuati obblighi contabili.
Inoltre, l'evasione ostacola l'adozione di interventi in chiave redistributiva a favore dei cittadini a basso reddito, ciò che costituisce un serio vulnus non solamente al principio di solidarietà, ma anche alla possibilità stessa di sviluppo economico, perché come si sa un Paese con minore disuguaglianza cresce di più.
Approfondendo ancora, una diffusa evasione fiscale è una delle principali cause di perdita di credibilità dello Stato agli occhi sia dei cittadini, sia degli investitori stranieri.
Uno Stato che non riesce a far rispettare le norme antievasive che esso stesso si è dato è uno Stato non credibile. La conseguenza è a tutti tristemente nota: l'aumento del tasso di interesse, che è un indicatore del grado di fiducia istituzionale.
In tal senso, il recupero dell'evasione, prima ancora che come strumento per accrescere il gettito fiscale, va visto come strategia volta a rifondare la credibilità dello Stato.

Lei utilizza aggettivi precisi per definire l'evasione: la bolla come endemica e trasversale.
Sì, il primo attributo dice del carattere strutturale e non meramente congiunturale o episodico del fenomeno in questione. Il secondo invece della pervasività dello stesso in senso territoriale (al Centro‑Nord si evade di più rispetto al Sud in valore assoluto; il viceversa è vero in termini relativi); sociale (tutti gli strati della gerarchia sociale poveri; ceto medio; ricchi conoscono l'evasione sia pure in forme e ammontari ovviamente diversi) ed economico (gran parte delle tipologie di impresa e delle attività professionali non possono dirsi estranee all'evasione dell'un tipo o dell'altro).
Questo implica che il contrasto all'evasione solleva, in una democrazia, un problema di consenso politico, prima ancora che di consenso sui modi e sugli strumenti da impiegare.

Sempre nel saggio lei scorpora anche i famigerati 120 miliardi di euro all'anno di mancato gettito tributario nel nostro Paese.
Vuole dirci quali voci formano questa scandalosa cifra?

Sono cinque le principali voci che concorrono a formare questa desolante cifra. In primis, l'economia criminale, il cui contributo negativo si aggirerebbe intorno a poco meno della metà dell'evasione totale. Viene poi l'economia sommersa. Oltre 850.000 persone, pur avendo un posto fisso di lavoro, svolgono una seconda attività che sfugge all'occhio del fisco.
Tra le imprese di piccola e media dimensione, il 78% dichiara redditi negativi o un reddito netto inferiore a 10.000 euro all'anno. Vengono poi le grandi imprese non particolarmente numerose nel nostro paese che riescono a spostare la tassazione su società satellite da loro controllate.
Chiudono la graduatoria i lavoratori autonomi professionisti o meno e i commercianti responsabili della mancata emissione di scontrini e ricevute.

Cos'è invece quella che lei definisce "catena del nero"?
L'artigiano, il negoziante, il prestatore d'opera che non emettono fattura o che non rilasciano la ricevuta fiscale devono poi convincere i propri fornitori a fare altrettanto quando acquistano da questi gli input di cui hanno bisogno per la loro attività e ciò al fine di "aggiustare i propri conti".
Così si forma la catena del nero che è un'evasione minore e capillare, legata a doppio filo alle varie forme dell'economia sommersa , che costituisce una forma di vero e proprio parassitismo sociale, concorre a decumulare il capitale sociale di tipo bridging e in tal modo favorisce e sostiene la prassi della corruzione, privata e pubblica.

«Quanto più elevato è il grado di inespressività delle leggi, tanta più elevata è l'evasione fiscale», è una delle tesi che lei rimarca nel saggio. Come si ovvia quindi?
Non è difficile dare ragione di questa mia tesi. Leggi espressive facilitano la diffusione e l'affermazione tra i cittadini di valori positivi e rafforzano le sottostanti norme sociali e morali. Il viceversa accade con leggi non espressive. Per stare ad un solo esempio, si consideri un fisco non in sintonia con il principio di equità (orizzontale o verticale che sia). Poiché è noto che quello di equità è il bisogno tra i più radicati nelle persone, è evidente che se la norma fiscale è percepita come non equa, i cittadini porranno in atto tutti quei comportamenti che ne ridurranno l'efficacia.

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