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  Dicembre 2012

Articoli n?03
Aprile 2012
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Il concordato preventivo di "RISANAMENTO"

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Il concordato preventivo di "RISANAMENTO"


La nuova disciplina consente di perseguire l'obiettivo del risanamento dell'impresa anche attraverso "la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti" in qualsiasi forma

Maurizio Galardo
Avvocato, Studio Legale Galardo & Venturiello info@galardoventuriello.it

Prima della riforma della legge fallimentare introdotta nel 2005,
il concordato preventivo si basava su uno schema rigido e la sua fattibilità era rimessa ad una valutazione di merito da parte dell'autorità giudiziaria.
Con questa riforma è stata introdotta la possibilità per l'imprenditore di sottoporre ai creditori una proposta di concordato che preveda qualsiasi piano di composizione dell'insolvenza, senza previsione di limiti, percentuali, importi. La valutazione della convenienza di questa forma di composizione della crisi d'impresa è lasciata alla decisione dei creditori che esprimono il loro consenso attraverso il voto.
Il legislatore ha però previsto che il piano contenuto nella proposta di concordato deve ricevere un'attestazione di fattibilità e veridicità da parte del professionista, al fine di assicurare ai creditori chiamati a votare una informazione chiara e corretta in ordine alla situazione attuale e prospettica dell'impresa.
Il controllo del tribunale è dunque limitato ad una verifica della legalità formale e sostanziale, deve cioè verificare se il piano è comprensibile, coerente, sufficientemente dettagliato e se i conteggi e i controlli effettuati dal professionista sono stati adeguati, ma non potrà valutare la convenienza della proposta.
Tuttavia il controllo di legalità sostanziale consente al Tribunale una verifica incisiva sul contenuto del piano, potendo ritenere ad esempio che quest'ultimo sia contraddittorio o illogico.
In ogni caso la valutazione della convenienza e della fattibilità del piano è rimessa ai creditori.
Se il tribunale ritiene che non ricorrano le condizioni di cui all'art. 160 comma 1 e 2 l. fall., con decreto non soggetto a reclamo, dichiara inammissibile la proposta. In questo caso su istanza del creditore o del pubblico ministero, il tribunale può dichiarare il fallimento del debitore. Qualora la domanda di concordato concorra con un'istanza di fallimento il tribunale dovrà esaminare preventivamente la domanda di concordato, secondo i normali criteri di legalità sostanziale sopra descritti e, soltanto in caso di rigetto della stessa, decidere in merito alla concorrente istanza di fallimento, il cui esame resta sospeso in pendenza dell'istanza di concordato.
Il piano di concordato proposto ai creditori può prevedere alternativamente:
a) la continuazione dell'attività d'impresa una volta risanata in capo al medesimo debitore (concordato con ristrutturazione o di risanamento), oppure b) la continuazione dell'attività d'impresa in capo ad un soggetto giuridico diverso che può essere anche una newco, alla quale può anche partecipare il vecchio imprenditore, o un'impresa terza già esistente (concordato liquidatorio).
Nel concordato liquidatorio dunque, l'impresa viene trasferita ad una nuova entità giuridica, la debitrice cessa l'attività d'impresa e con il ricavato della vendita dell'azienda soddisfa i propri creditori secondo quanto previsto nel piano di concordato. L'aspetto più innovativo della riforma, che è stato sottolineato fin dall'inizio dai commentatori, è costituito dalla mutata finalità del concordato, che non è più soltanto quella di assicurare al creditore la soddisfazione mediante il pagamento il debito, ma anche quella di consentire il risanamento dell'impresa in crisi attraverso "la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti" in qualsiasi forma (art. 160 lett. a), così riconoscendo all'imprenditore ampia autonomia nel plasmare il contenuto della proposta di concordato.
L'intento della nuova legge fallimentare è dunque quello di offrire agli operatori economici un percorso meno difficoltoso, rispetto al passato, per uscire dalla crisi, e al tempo stesso ai creditori la possibilità di operare una scelta consapevole in ordine alla conservazione dei complessi produttivi, nella prospettiva di salvaguardare l'interesse generale alla tutela delle attività economiche.
La norma consente la «ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma» (art. 160 comma 1° lett. a) l. fall.), evidenziando così l'amplissima autonomia concessa all'imprenditore.
Il concordato potrà essere remissorio o anche semplicemente dilatorio. In quest'ultimo caso, per la verità più raro, l'imprenditore non propone ai creditori uno stralcio delle loro pretese, bensì un pagamento integrale, seppure differito rispetto alle scadenze originarie.
L'obiettivo della ristrutturazione dei debiti viene perseguito attraverso la previsione di un pactum de non petendo, ovvero una moratoria che, procrastinando nel tempo l'esigibilità dei debiti, e quasi sempre riducendo anche il loro ammontare, gli consente di ripristinare il proprio equilibrio finanziario e quindi di recuperare la capacità di adempire regolarmente, sia alle obbligazioni pregresse, sia a quelle sorte per la continuazione dell'esercizio dell'attività d'impresa e la gestione del patrimonio durante la procedura.
Può prevedersi inoltre l'accollo di tutti o parte dei debiti dell'impresa insolvente; il consolidamento dell'indebitamento, attraverso rinunce e moratorie, la postergazione dei crediti; la conversione di crediti in capitale; operazioni finanziarie straordinarie quali ad esempio aumenti di capitale.

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