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  Dicembre 2012

Articoli n?03
Aprile 2012
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di Raffaella Venerando

CONSERVIERI: «Pesa la mancanza di coordinamento nella promozione all'estero»

C'è bisogno di una forte azione di comunicazione e valorizzazione per le produzioni di qualità delle nostre aziende per consentire soprattutto alle PMI di affrontare con maggiore forza le sfide dei mercati internazionali

«Ci auspichiamo una riduzione delle quantità di pomodoro da industria trasformate pari almeno al 20% rispetto allo scorso anno, per avere un riequilibrio tra domanda ed offerta»

Annibale Pancrazio Presidente Anicav

Presidente, una delle criticità che vessa il comparto dei conservieri è quella relativa allo smaltimento del terreno di primo lavaggio, considerato nella nostra regione un rifiuto mentre altrove è ritenuto un sottoprodotto. Cosa comporta questa distorsione per le aziende?
Si tratta effettivamente di un problema che riguarda esclusivamente le aziende che operano in Campania, costrette a pagare la terra di primo lavaggio per lo smaltimento in discarica più del prezzo del pomodoro stesso, con un aggravio di costi che le imprese presenti in altre regioni d'Italia non hanno (per i non addetti, il terreno di primo lavaggio è la terra derivante dalla fase di primo lavaggio del pomodoro; in pratica si tratta di terreno agricolo bagnato). Per questa ragione, potrei affermare che paradossalmente è come se la nostra regione non facesse parte della circoscrizione italiana.
Fra l'altro, poi, queste procedure aggravano la difficile situazione delle discariche che fanno già fatica a ricevere i rifiuti ordinari.

Ma non è una forzatura quella di classificare come rifiuto un materiale in questo caso il terreno che invece potrebbe essere reimpiegato nel ciclo produttivo?
Effettivamente è una forzatura considerarlo rifiuto in quanto si tratta semplicemente di terreno che proviene dagli agricoltori insieme al pomodoro fresco, per poi essere successivamente separato dall'industria di trasformazione, nella prima fase di lavaggio dello stesso.
Sull'argomento abbiamo il conforto di un parere del Ministero dell'Ambiente che afferma che il terreno di primo lavaggio, nel rispetto delle norme contenute nel D.Lgs. 152/2006, può essere considerato un sottoprodotto.
Tale terreno non può essere reimpiegato nel ciclo produttivo, ma potrebbe essere restituito agli agricoltori da cui viene acquistata la materia prima, oppure potrebbe essere utilizzato come materiale di copertura delle discariche. In relazione a questa ultima ipotesi, dietro nostro impulso, nelle scorse settimane è stato anche presentato un emendamento che è stato, per il momento, respinto per motivi di natura procedurale e su cui stiamo ancora lavorando. Se passasse questa nostra proposta, notevole sarebbe la conseguente riduzione di costi per le aziende del settore.

Se il terreno fosse considerato un sottoprodotto, si potrebbero realizzare importanti economie in termini anche di bolletta energetica?
Per quanto riguarda l'energia non è così, ma sicuramente si avrebbe una seria riduzione di altri costi aziendali. Basti pensare solo che alcuni nostri associati pagano milioni di euro nei cinquanta giorni di campagna di trasformazione sempre per smaltire il terreno di primo lavaggio.
Naturalmente le medie e piccole aziende, seppure in proporzione alla loro capacità produttiva, sopportano costi altissimi.

Passando ad altro, qualche imprenditore del settore ha chiesto a gran voce che venga ridotta la produzione industriale di prodotto fresco ad uso industriale. Cosa ne pensa?
La riduzione dei quantitativi da avviare a trasformazione è una esigenza che, come ANICAV, abbiamo evidenziato alla parte agricola. Si tratterebbe di una riduzione che dovrebbe coinvolgere la produzione nazionale di pomodoro da industria.
Questa valutazione è legata alla difficile situazione di mercato, alla presenza di giacenze di magazzino, nonché alla generale congiuntura economico finanziaria negativa che si ripercuote inevitabilmente anche sul nostro settore.
Ci auspichiamo, pertanto, una riduzione delle quantità trasformate pari almeno al 20% rispetto allo scorso anno, per avere un riequilibrio fra domanda ed offerta.

Una altra questione assai dibattuta è quella relativa al riconoscimento del prodotto tipico: quand'è che un prodotto può essere con contezza definito, ad esempio, un San Marzano dop?
Un prodotto, come il nostro San Marzano, può essere definito dop se rispetta il disciplinare di produzione in tutte le fasi (agricola, industriale, commerciale). Inoltre, sono previsti una serie di controlli, da parte di enti terzi deputati, sia in campo, sia sull'intera filiera produttiva. Le aziende di trasformazione sono obbligate ad inserire on line giornalmente una serie di dati quali: i lotti di prodotti in entrata (identificando le cooperative agricole fornitrici e il socio conferente), la data di raccolta e le conformità del disciplinare.
Tali dati permettono di definire una relazione univoca tra le quantità di prodotto finito che si ottengono alla fine del processo di trasformazione e le quantità conferite a monte. Il San Marzano lavorato dalle industrie di trasformazione del Consorzio è riconoscibile dall'etichetta grazie al Bollino DOP, Denominazione di Origine Protetta, al Bollino San Marzano dell'Agro Sarnese Nocerino, al Bollino ISMECERT e da altre indicazioni puntuali quali: il codice identificativo dell'azienda produttrice, la campagna di raccolta e trasformazione, il giorno di trasformazione, il luogo di origine o provenienza e di coltivazione, il codice seriale alfanumerico di rintracciabilità.
L'unica vera nota dolente è l'esiguità della quantità della materia prima fresca da avviare alla trasformazione industriale, che è veramente irrisoria, rispetto ad una doman da, soprattutto estera, crescente.

Un'ultima nota dolente è la mancanza di un coordinamento di promozione all'estero.
Questo quanto costa alle imprese dell'Anicav? Lei ha in mente una soluzione per ovviare a una situazione quanto meno confusa in quest'ambito?

Il nostro è un settore ad alta vocazione all'export; in media fra il 65 e il 70% della produzione totale è abitualmente venduto all'estero. Pertanto, per crescere ha bisogno di politiche di marketing e promozione all'estero che possano rilanciare l'immagine dei prodotti, favorire la penetrazione sui nuovi mercati e il consolidamento su quelli in cui siamo già presenti.
C'è bisogno di una forte azione di comunicazione e valorizzazione per le produzioni di qualità delle nostre aziende e non solo dei prodotti di nicchia, per consentire soprattutto alle PMI di affrontare con maggiore forza le sfide dei mercati internazionali. L'intervento istituzionale è necessario perché il settore è composto da piccole e medie imprese che non sono in grado, spesso, di sostenere i costi di una promozione adeguata sui mercati esteri.
Per tale motivo da anni stiamo sostenendo l'esigenza di un coordinamento tra i tantissimi enti che con maggiore, minore o spesso nessuna competenza fanno promozione e internazionalizzazione. Questo comporta un inevitabile spreco di risorse che, se canalizzate e concentrate verso obiettivi condivisi dalle aziende, potrebbero portare a risultati positivi, cosa che oggi raramente accade.

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