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  Dicembre 2012

Articoli n° 08
OTTOBRE 2011
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Un nuovo sistema di RELAZIONI industriali per aprire l'Italia agli investimenti stranieri

Bisin: «Abbiamo smarrito la via della CRESCITA»

Bianchi: «Non piÙ fuga, ma SPRECO di cervelli al Sud»



Bisin: «Abbiamo smarrito la via della CRESCITA»

Debole e incompetente la risposta alla crisi del Governo italiano che ha licenziato una manovra tutta di tasse, quando era la spesa pubblica a dover essere tagliata visto che nel nostro Paese dove la presenza pubblica è maggioritaria il livello di efficienza è ai minimi



Potrebbe essere positivo finanziare la politica italiana con garanzie centralizzate, ma non lo è e non lo sarebbe nell'Europa di oggi perché i bassi tassi di interesse garantiti dall'appartenenza all'Euro hanno fatto sì che molti Paesi approfittando della situazione di copertura non si impegnassero a riordinare i conti pubblici. Lo abbiamo fatto noi come Paese, ma lo hanno fatto anche altri

Per operare accurate e sensate riduzioni alla spesa pubblica avremmo bisogno di dati sulle singole produttività, dati che attualmente ignoriamo perché mai raccolti, neanche dal ministro Brunetta che aveva promesso una crociata contro gli sprechi del pubblico

di Raffaella Venerando

Alberto Bisin, Economista


Professore, partiamo dai mercati finanziari di mezzo mondo, in preda a nuove turbolenze di non poco conto. Cosa accade e quali sono i rischi certi di tale instabilità?
Attualmente più di una situazione incerta agita i mercati finanziari ma, su tutte, è la mancata ripresa economica ad aver creato forte instabilità. La si invocava da più parti, ma la tanto attesa ripresa globale ancora non c'è stata, né la si intravede con chiarezza, in Europa come altrove. Saltando aspettative e previsioni, si è generata inevitabilmente una preoccupante volatilità sui mercati che a cascata influenza e al contempo riflette l'incertezza politica di molti Paesi. È infatti proprio l'approssimazione di risposta dei Governi non solo del nostro che stanno mettendo in campo politiche di austerità senza dare conto di quali ne saranno gli effetti nel lungo periodo, a innervosire ancora di più i mercati.

Concentriamoci allora sulla manovra economica del Governo italiano: qual è il suo giudizio?
Il mio commento non può che essere estremamente negativo. Il Governo italiano, in parte sulla sostanza ma soprattutto sulla forma, ha dato netta l'impressione di essere impreparato e di non sapere agire con lucidità.
L'incompetenza mostrata nell'approntare la manovra economica ha raggiunto livelli a mio avviso inaccettabili: si è lavorato a una finanziaria fatta per lo più di tasse, di cui di certo non si avvertiva la mancanza visto che il livello di imposte nel nostro Paese era già tra i più alti a mondo.
Bisognava agire sulle sacche di inefficienza della spesa e sui costi dei servizi mettendo mano a tagli vigorosi. Giustizia, sanità, scuola: in Italia dove la presenza pubblica è maggioritaria il livello di efficienza è ai minimi. In questi settori andavano tagliati i costi, operazione complessa e dolorosa ma se fatta bene l'unica capace di garantire qualche ricaduta positiva.

La strada per lo sviluppo secondo il Ministro dell'Economia Giulio Tremonti è una sola: investimenti pubblici, meglio ancora se "eurobond". Crede che gli eurobond siano sufficienti da soli a risolvere la crisi? Per il Mezzogiorno si dovrebbero mettere in campo misure ad hoc?
L'idea di Tremonti di potenziare gli investimenti pubblici è, a mio avviso, una follia perché ricalca quella superata impostazione della priorità della politica sul sistema pubblico. Per me quindi questa ipotesi merita una sonora e secca bocciatura.
Discorso diverso invece per la proposta di ricorrere agli eurobond: potrebbe essere positivo finanziare la politica italiana con garanzie centralizzate, ma non lo è e non lo sarebbe nell'Europa di oggi perché i bassi tassi di interesse garantiti dall'appartenenza all'Euro hanno fatto sì che molti Paesi approfittando della situazione di copertura non si impegnassero a riordinare i conti pubblici. Lo abbiamo fatto noi come Paese, ma lo hanno fatto anche altri.
L'imperativo adesso è quindi quello di trovare il giusto sistema perché chi ha sbagliato paghi e si possa con nuovo slancio ripartire. Quanto al Mezzogiorno, poi, non credo che le strade percorse finora siano da ripetere. Al Sud occorrerebbe una forma ben fatta di federalismo fiscale, non certo quello prospettato dalla Lega nord: una operazione di questo genere va detto avrebbe costi molto seri e pesanti nel breve, ma in prospettiva, nel lungo periodo, bilanciabili con i vantaggi che ne deriverebbero.

Come commenta la proposta di legge a firma di Nicola Rossi che vorrebbe una costituzionalizzazione del vincolo di bilancio?

È ormai acclarato che i governi democratici abbiano una perniciosa tendenza a spendere troppo, per cui qualunque proposta che limiti la spesa va accolta con favore. Se nella teoria però anche la proposta di Nicola Rossi ha delle ottime potenzialità e dei migliori propositi, sul piano pratico potrebbe non realizzarli perché in qualche modo sarebbe "aggirabile".
Una tale proposta avrebbe però il merito in momenti come questo, in cui si dovrebbe eccedere rispetto al vincolo, di accendere una discussione pubblica nel Paese visto che si renderebbe necessaria una votazione della Camera.
Portare all'attenzione di tutti scelte inerenti la spesa pubblica è quindi senz'altro positivo, ma non può essere considerata la soluzione a tutto.

Default italiano, default europeo: l'euro terrà secondo lei nel prossimo triennio?
In un sistema economico efficiente è fondamentale che chi non è in grado di ripagare i propri debiti fallisca. Questo non per "punire" il debitore, ma sopratutto per fare in modo che il creditore paghi una parte dei costi del fallimento e abbia quindi i giusti incentivi ex‑ante. Prendiamo il caso della Grecia: la sola espulsione dall'euro non è e non può essere sufficiente. Bisogna che il conto sia pagato dal Paese ma anche dalle banche tedesche nel caso specifico che lo hanno sostenuto.
Non deve più essere obiettivo della Banca Centrale Europea o dell'Europa salvare necessariamente Stati e banche.

Parafrasando Ferruccio De Bortoli, direttore del Corriere della Sera, «sia semplice e sincero»: che futuro ci aspetta?
Esiste un rischio recessione bis?

Il rischio esiste ed è molto serio: come detto, il rilancio economico stenta a palesarsi, gli Stati Uniti sono in affanno e non basta l'andamento pur positivo di Cina e India per trainare le economie mondiali verso la ripresa.
Per quanto riguarda l'Italia il pericolo è ancor più reale e consistente perché il nostro Paese non cresce e non ha le condizioni per farlo da più di dieci anni. Se guardiamo poi alle ultime settimane, nulla è successo di così positivo da far anche solo sperare di aver guadagnato lungo la strada la smarrita capacità di crescita.

Ma per tornare a crescere quale sarebbe la priorità?
Ancora una volta ribadisco che la prima via sarebbe quella di ridurre il settore pubblico di una quota seria, tagliandolo almeno di un 20/25%. I tagli però non possono essere lineari o orizzontali come quelli cui si è messo mano anche nell'ultima finanziaria. Per operare accurate e sensate riduzioni avremmo bisogno di dati sulle singole produttività, dati che attualmente ignoriamo perché mai raccolti, neanche dal ministro Brunetta che aveva promesso una crociata contro gli sprechi del pubblico.
Non basta infatti individuare generalmente dove tagliare, non è sufficiente dire "decurtiamo i fondi alla scuola" perché è inequivocabile che nel Paese esistano realtà migliori di altre, così come esistano realtà scolastiche da chiudere e rifondare del tutto. Quello cui penso è quasi una sorta di lavoro generazionale, difficilissimo da portare a compimento ma ripeto necessario. Ristrutturare tutto il settore pubblico tagliandolo è una mossa politicamente impopolare, ma è l'unica strada possibile per ripartire.
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