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  Dicembre 2012

Articoli n° 07
AGOSTO/SETTEMBRE 2010
 
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La DIGESTIONE ANAEROBICA o l'oro verde delle biomasse

ENERGIA PULITA: una panoramica sulla situazione non solo italiana

La DIGESTIONE ANAEROBICA o l'oro verde delle biomasse

L'Italia è ancora in forte ritardo nei settori del solare termico e delle biomasse

di Vincenzo Pellecchia
Sustainable Manager



Rete di digestori moderni anaerobici con caricamento automatico Sulla destra l'impianto di cogenerazione integrato in container

Il recente "Rapporto fonti rinnovabili 2010" elaborato dall'Enea, nel rimarcare lo sviluppo del fotovoltaico nel 2009 che ha superato la soglia di 1000 MWp, e dell'eolico dove l'Italia risulta il terzo paese in Europa nel 2009 sia per nuova potenza installata (1.113 MW) che per potenza cumulata (4.850 MW), evidenzia tuttavia nel nostro paese un notevole ritardo, in particolare nei settori del solare termico e della biomassa in cui si è ben lontani dallo sfruttare il potenziale disponibile. Sono definite "biomasse" tutte le sostanze di origine animale e vegetale, che possono essere utilizzate per la produzione di energia: legna da ardere, scarti vegetali ed agroindustriali, rifiuti agricoli, zootecnici ed urbani ed alcune colture appositamente dedicate a tal fine. Quindi tutti i materiali direttamente o indirettamente provenienti dalla fotosintesi delle piante e che non hanno subito alcun processo di fossilizzazione; la biomassa costituisce una risorsa rinnovabile e inesauribile, a patto che essa venga sfruttata non oltrepassando il ritmo di rinnovamento biologico. Un rilevante "tesoretto" è rappresentato dalla superficie totale agraria in Campania che è a sua volta suddivisa in superficie agricola totale: 930 000 ettari e superficie agricola utilizzata (SAU): 640 000 ettari; i boschi sono pari a 214.189,55 ha; la superficie agricola non utilizzata a 44931,87 ha; la SAU costituisce quindi circa il 68,8% della superficie totale agraria della Regione Campania, i boschi il 24,8%, la superficie agricola non utilizzata il 4,8% e l'altra superficie poco meno del 2%.

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Attualmente in Campania, da prime stime del 2005, si produce ogni anno circa 1 milione di tonnellate di residui lignocellulosici dalle potature di arboreti, frutteti, agrumeti, oliveti e vite e oltre 700.000 metri cubi di biomassa proveniente dai boschi cedui e ad alto fusto. Risorse naturali che contribuiranno a promuovere lo sviluppo delle filiere agroenergetiche in Campania attraverso la promozione di veri e propri distretti agroenergetici e di una piattaforma tecno-ecologica per lo sviluppo di un comparto tecnologico nel settore delle rinnovabili. Se disaggreghiamo i dati a livello provinciale e nello specifico in provincia di Salerno notiamo che la stessa conta 83.097 aziende agricole, zootecniche e forestali su un totale regionale di 248.931 con superficie totale agraria pari a 338.012 ettari, di cui 193.363 di superficie agricola utilizzata. Le aziende con allevamento sono circa 23.903 di cui con bovini 4.648, bufalini 365, suini 11.759, ovini 2.116, caprini 3.938, equini 1.024, ed in aggiunta 18.296 avicoli. Il numero di capi di bestiame censiti sono così distribuiti: bovini 61.690, bufalini 34.757, suini 42.177, ovini 57.912, caprini 33.555, equini 2.133, avicoli 869.607. Da quanto esposto si deduce che le varie matrici organiche possono essere trasformate a fini energetici in biogas che alimentano a loro volta un motore a cogenerazione per la produzione combinata di energia elettrica e termica e anche eventualmente frigorifera (trigenerazione); i processi possono essere di tipo termochimico o biochimico. A seconda del metodo di trasformazione avremo un processo termochimico ad esempio con la combustione diretta della biomassa per riscaldamento e generazione di energia elettrica; non solo la tradizionale combustione a letto fluido, ma anche la gassificazione e la pirolisi, la conversione a metanolo e la carbonizzazione; sono tutte basate sull'azione del calore per produrre reazioni chimiche adatte a fornire energia. Oppure avremo la conversione attraverso un processo biochimico: la digestione anaerobica è un processo biologico attraverso il quale, in assenza di ossigeno, la sostanza organica viene trasformata in biogas, che è una miscela costituita principalmente da metano e anidride carbonica. Nel biogas il contenuto di metano varia tra il 50 e il 75% circa, a seconda del tipo di sostanza organica di partenza e delle condizioni in cui avviene il processo di digestione. La trasformazione controllata delle biomasse avviene in speciali contenitori a sviluppo sia orizzontale che verticale, i digestori, in cui, a livello microbico, per mezzo di trasformazioni come detto di tipo biologico, avviene la conversione delle sostanze organiche in biogas. All'uscita dal digestore anaerobico il relativo residuo denominato digestato, è un fertilizzante organico e come tale deve essere, ai sensi dell'art. 182 comma 1 lett. B dello stesso D.Lgs. 152/2006, sottratto alla disciplina sui rifiuti; il digestato è quasi sempre un semplice fertilizzante da utilizzare agronomicamente senza particolari adempimenti e nel rispetto del bilancio dell'azoto nello spandimento sul terreno. Il digestato prodotto viene accumulato in attesa di utilizzo in apposite vasche di stoccaggio. Le matrici organiche tradizionalmente utilizzate per la produzione di Biogas sono gli effluenti zootecnici come liquami bovini, bufalini e suini. Al fine di aumentare l'efficienza nella produzione di biogas sono aggiunte ulteriori matrici organiche ad elevata resa energetica, che derivano principalmente da colture dedicate e/o sottoprodotti dell'industria agroalimentare.Nel dettaglio abbiamo i liquami suini e bovini: il contenuto di solidi totali dipende fortemente dal sistema di allevamento degli animali. I residui colturali: si tratta di residui provenienti dai raccolti agricoli quali foraggi, frutta e vegetali di scarsa qualità, percolati da silos e paglia che possono essere addizionati come codigestori alle deiezioni animali. Colture dedicate ad uso energetico (mais, orzo, frumento, triticale, sorgo zuccherino ecc.). Scarti organici e acque reflue dell'agro-industria: tipici sottoprodotti e scarti agro-industriali sono ad esempio, il siero di latte, contenente proteine e zuccheri dall'industria casearia, e i reflui liquidi dall'industria che processa succhi di frutta o che distilla alcool. Di interesse per la digestione anaerobica sono anche diversi scarti organici liquidi e/o semisolidi dell'industria della carne (macellazione e lavorazione della carne), quali grassi, sangue, contenuto stomacale, budella (vedi Regolamento CE n. 1774/2002 "Norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano"). Tali residui, ad esempio, possono essere addizionati come codigestori nella digestione di liquami zootecnici e/o fanghi di depurazione. Si ricorda che la filiera industriale delle rinnovabili che possiede il numero più elevato d'imprese italiane è proprio quella delle biomasse: difatti consiste nell'87% del totale delle 350 aziende operanti sul territorio nazionale.

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