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  Dicembre 2012

Articoli n° 08
OTTOBRE 2010
 
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BRACCO: «Ricerca e innovazione, leve essenziali per creare sviluppo e occupazione»

Solo adottando tecnologie avanzate, le imprese italiane possono aumentare la loro efficienza, battere la concorrenza e conquistare nuovi mercati

«Per quanto riguarda l'innovazione, oggi è urgente passare dalle parole ai fatti. O riduciamo i tempi delle decisioni o saremo sempre più lontani dalle reali esigenze del Paese»

«Oggi il modo più autentico di "fare impresa" è quello responsabile e sostenibile. L'unico che offre un futuro alle nuove generazioni, coniugando crescita economica, occupazione e benessere»

di Raffaella Venerando

Diana Bracco
Presidente Progetto Speciale Ricerca & Innovazione di Confindustria

«Per tornare ad avere una crescita economica sostenuta e un aumento della produttività è necessario difendere il nostro comparto manifatturiero, riorientando la politica industriale sull'Innovazione. Ricerca e innovazione sono infatti leve essenziali per creare sviluppo e occupazione: solo introducendo nuovi prodotti e nuovi processi produttivi e, adottando tecnologie avanzate, le imprese italiane possono aumentare la loro efficienza, battere la concorrenza e conquistare nuovi mercati». È questo il messaggio forte che lancia in questa intervista Diana Bracco, Presidente del Gruppo Bracco e del Progetto Speciale Ricerca & Innovazione di Confindustria.

Presidente Bracco, il 5 ottobre Confindustria rilancia il suo impegno per la ricerca e l'innovazione organizzando l'Ottava Giornata dedicata a questi importanti assets. Ci sembra la giusta occasione per fare il punto sul tema.
Ricerca & Innovazione sono leve essenziali per creare sviluppo e occupazione e rappresentano la migliore strategia per agganciare la ripresa internazionale. Come Confindustria lo abbiamo sottolineato con forza nel corso di questi mesi difficili. Il documento strategico "Europa 2020" della Commissione Barroso ribadisce l'importanza della R&I per assicurare crescita e sviluppo, richiama la centralità delle imprese e la necessità di guardare al risultato concreto delle politiche, alla messa a sistema delle risorse finanziarie e a una governance più forte e integrata. Confindustria condivide profondamente questa impostazione e intende supportarla a tutti i livelli, perché è più che mai urgente definire una strategia volta a favorire un aumento degli investimenti in Ricerca e Innovazione con l'obiettivo di rafforzare la capacità dell'industria europea di immettere nuovi prodotti di punta sul mercato. Per avviare una seria riflessione su questi temi e per far crescere ulteriormente la cultura dell'innovazione, dedichiamo l'VIII Giornata nazionale della Ricerca di Confindustria, che faremo il 5 ottobre 2010 a Roma, proprio alla nuova strategia di crescita di "Europa 2020". Tra gli altri, hanno già assicurato la loro presenza il Vice Presidente della Commissione europea, Antonio Tajani, la Commissaria Europea alla ricerca e innovazione, Maire Geoghegan-Quinn, il Ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini e la Presidente di Confindustria Emma Marcegaglia.

Secondo il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, "le aziende che avevano avviato processi di ristrutturazione e investito in ricerca e sviluppo già prima hanno retto meglio l'urto della crisi, presentando oggi le prospettive migliori". Eppure…chi fa ancora fatica a convincersene? Le aziende oppure le istituzioni?
Le imprese sono in prima linea nell'innovazione ma è necessario un impegno Paese che crei davvero un ambiente favorevole allo sviluppo. La grande attenzione dell'Europa a questi temi ne é una conferma continua. A livello nazionale, dobbiamo lavorare per migliorare la capacità dell'Italia di partecipare da protagonista ai programmi e alle iniziative europee della R&I. É importante assicurare un vero contributo Paese al nuovo Piano per l'Innovazione, alla definizione del nuovo indicatore dell'innovazione e all'avvio della riflessione sull'VIII Programma Quadro. La politica di Europa 2020 può offrire importanti opportunità ma anche criticità, per questo dobbiamo partecipare dall'inizio alla sua definizione e dobbiamo agire a livello Paese per adeguare il nostro sistema. Solo adottando tecnologie avanzate, le imprese italiane possono aumentare la loro efficienza, battere la concorrenza e conquistare nuovi mercati. Lo confermano gli ultimi dati sull'export e i tanti casi di successo di imprese, anche di piccole dimensioni, che proprio grazie a prodotti innovativi stanno esportando in ogni parte del mondo, compresi nei Paesi a maggiore tasso di crescita. Il sostegno alle imprese che investono in ricerca e sviluppo in tutti i settori dell'economia, associato a un uso più efficiente delle risorse, è la via da percorrere.



Le risorse finanziarie messe a disposizione dal Governo per la ricerca e l'innovazione quanto sono concrete e certe nel tempo?
Per quanto riguarda l'innovazione, oggi è urgente passare dalle parole ai fatti. O riduciamo i tempi delle decisioni o saremo sempre più lontani dalle reali esigenze del Paese. Per assicurare all'Italia un ruolo da protagonista anche in futuro è dunque essenziale rafforzare le nostre specializzazioni nei settori high-tech e acquisirne di nuove, e nel contempo operare per diffondere l'applicazione orizzontale della R&I in tutti i settori, anche quelli più "tradizionali". Bisogna superare l'approccio verticale per settori e cominciare a considerare le applicazioni tecnologiche come trasversali all'interno di programmi di grande respiro in grado di affrontare le sfide dei prossimi anni. Per questo Confindustria ha proposto al Governo di adottare un programma operativo di mediolungo termine, con strumenti efficaci e flessibili, tempi rapidi e risorse finanziarie adeguate e certe nel tempo, con l'obiettivo di far arrivare al 2% del Pil il livello degli investimenti in R&S. Pur condividendo lo sforzo del Ministro Tremonti per tenere sotto controllo e riqualificare la spesa e combattere sprechi e inefficienze, Confindustria ritiene infatti che, oltre ai tagli, si debba investire con decisione sul futuro: in sintesi, destinando a Ricerca e Innovazione un miliardo di euro di risorse pubbliche all'anno per i prossimi cinque anni. É un investimento, non un costo, che può favorire soprattutto investimenti addizionali. In particolare Confindustria ha proposto di destinare queste risorse per: • Rendere il Credito d'imposta in Ricerca e Sviluppo, strumento semplice ed efficace, una misura strutturale automatica per i prossimi 5 anni. In passato il credito d'imposta in R&S ha avuto effetti molto positivi, con un'ampia partecipazione (29.000 imprese hanno presentato richieste idonee) per un ammontare di circa 2,5 miliardi di euro. Purtroppo, però, l'effetto disincentivante legato al click day ha introdotto elementi di incertezza per le imprese che ne hanno fatto richiesta. • Realizzare grandi Progetti nazionali di Ricerca e Innovazione mettendo a sistema risorse pubbliche e private su temi strategici per il Paese. • Superare il digital divide dotando, entro il 2015, l'intero territorio di banda larga con una copertura a 20 Mb/s, elevata a 100 Mb/s per i distretti industriali e i grandi centri urbani, e realizzare la completa digitalizzazione della Pubblica Amministrazione.

Esistono ancora difficoltà per le imprese nel concreto passaggio dalla ricerca universitaria all'innovazione tecnologica?
L'azione per colmare il ritardo tecnologico che l'Italia sconta nei confronti di altri Paesi europei deve necessariamente poggiarsi su un sempre maggiore collegamento tra il mondo delle imprese e quello della ricerca. Va detto che la situazione è in movimento, e che anche grazie al nostro continuo impegno e all'attività di quella parte più illuminata e proattiva del sistema della ricerca pubblica, si sono fatti molti passi in avanti rispetto anche solo a 10 anni fa. É una conferma che molto dipende dalla capacità e dalla volontà dei singoli e dalla possibilità di adottare strumenti e procedure che possano facilitare la collaborazione e, soprattutto, il risultato concreto. É fondamentale costruire su queste esperienze eccellenti, rompendo vecchi meccanismi di contrapposizione. La riforma universitaria in discussione va sicuramente in questa direzione, e va rafforzata con l'adozione di regolamenti che valorizzino la collaborazione anche all'interno del percorso di formazione e di carriera dei ricercatori.

Lei ha da sempre definito il Progetto Sud-Nord come un piano che ha «l'ambizione di unire l'Italia». In cosa consiste, quali ne sono gli obiettivi e quale - ad oggi - lo stato dell'arte?
Il Progetto "Sud-Nord", di cui la Vice Presidente di Confindustria per il Mezzogiorno Cristiana Coppola ed io siamo particolarmente orgogliose, mira proprio a rinforzare questo link, non solo tra l'università e le imprese, ma anche tra il Nord e il Sud del Paese. Si tratta di un'iniziativa innovativa che ha rappresentato un vero e proprio salto culturale per l'Italia, e il cui spirito mi sembra perfettamente recepito dal bando Pon. In estrema sintesi, il Progetto ha l'obiettivo di collegare imprese del Mezzogiorno e del Centro Nord, grandi e piccole, e centri di competenza localizzati in tutto il Paese per generare progetti di ricerca dotati di sufficiente massa critica e maggiormente capaci di creare valore aggiunto. Il Progetto si è basato su un grande lavoro di mappatura delle competenze in R&S effettuato da Confindustria su tutto il territorio nazionale. Mappe che hanno dimostrato concretamente che le imprese che in Italia fanno ricerca sono numerosissime e che i centri di eccellenza e le competenze sono distribuite non soltanto nelle regioni del Nord, ma anche in alcune di quelle meridionali. L'approccio innovativo del "SudNord" è di partire dal Progetto, che quindi può essere ampio e riguardare anche più territori e centri di ricerca, e poi costruire intorno ad esso un'architettura finanziaria che veda collaborare, se necessario, diversi livelli ministeriali e regionali. É un metodo nuovo ma già utilizzato in altri Stati dell'Unione europea e che risponde tra l'altro precisamente alle indicazioni della stessa Comunità europea.

Un'ultima domanda su un altro tema a lei caro. Sul fronte della responsabilità sociale di impresa come giudica l'impegno e i risultati ottenuti dal nostro sistema imprenditoriale?
Ormai, pur con interpretazioni e accenti diversi, tutti convengono sul fatto che le risorse non sono infinite ed è indispensabile saperle usare con accortezza. Il confronto sulla green economy, quindi, non è sui principi quanto su come metterli in pratica. La protezione dell'ambiente è ormai un fattore competitivo strategico, essenziale nell'orientare le strategie di innovazione e crescita, ma anche per ottimizzare l'efficienza interna delle operazioni e conquistare nuovi mercati. In un mercato in cui i prodotti sono sempre più indifferenziati agli occhi dei consumatori, la diversità che il pubblico riconosce alle imprese capaci di trasmettere la cultura delle loro scelte sostenibili diventa un beneficio sempre più rilevante. Anche per questo dico che oggi il modo più autentico di "fare impresa" è quello responsabile e sostenibile. L'unico che offre un futuro alle nuove generazioni, coniugando crescita economica, occupazione e benessere; l'unico che garantisce, con l'innovazione tecnologica, una sempre migliore qualità della vita; l'unico in grado di competere con successo sui mercati di tutto il mondo conservando però un forte legame col territorio, con la comunità e con le Istituzioni in cui opera.

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