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  Dicembre 2012

Articoli n° 10
DICEMBRE 2009
 


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ResponsabilitÀ penale,
l’impatto del D.Lgs. 231 sulla vita delle aziende manifatturiere

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ResponsabilitÀ penale,
l’impatto del D.Lgs. 231 sulla vita delle aziende manifatturiere


L’adeguamento ai requisiti del decreto legislativo risulta più lungo e complesso
per le piccole imprese, ma i benefici in termini di efficienza dei processi sono sicuramente più evidenti

Stefano Daniele
Amministratore delegato della Boston tapes Spa,
presidente della Sezione Chimiche di Confindustria Caserta

Lo scorso 11 novembre, presso la sede di Confindustria Caserta, si è tenuto un interessante convegno sul tema della responsabilità amministrativa delle aziende in relazione al D.Lgs. 231/01 e, attraverso gli interventi di esperti in materia quali l’avvocato Riccardo Imperiali del Gruppo Imperiali, dell’avvocato Matonti dell’Area Affari Legislativi di Confindustria e dell’avvocato Vincenzo Adinolfi di JUS Companies, si è cercato di dare un quadro d’insieme sulle implicazioni che questa normativa ha sulla vita delle aziende e come le stesse possano attrezzarsi.

Da sinistra: Antonio Matonti, Antonio Della Gatta e Riccardo Imperiali

Per prima cosa, occorre ricordare che il decreto legislativo 231/01 ha introdotto, nel nostro ordinamento, una novità importantissima nel campo delle responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, ossia la responsabilità amministrativa diretta degli Enti per la commissione di reati posti in essere da amministratori, dirigenti e/o dipendenti nell’interesse e/o a vantaggio dell’Ente stesso. Pertanto, dopo l’entrata in vigore di tale decreto, un eventuale illecito di un amministratore, dirigente e/o dipendente (perpetuato a favore dell’Ente stesso) coinvolge direttamente l’Ente e il suo patrimonio e quindi, indirettamente, gli interessi economici dei soci. Da questa normativa rimangono esclusi solo lo Stato, gli Enti pubblici territoriali e gli Enti con funzioni di rilievo costituzionale. Da quanto sopra, quindi, si evince che viene superato il concetto del principio “societas delinquere non potest” definito dall’art. 27 della nostra Costituzione. É altresì importante sottolineare che il decreto non esclude la responsabilità penale della persona fisica che ha commesso l’illecito e pertanto la responsabilità dell’Ente va ad aggiungersi a quella della persona fisica.
Se è vero che il D.Lgs. 231/01 assegna agli Enti una responsabilità amministrativa per reati commessi da amministratori, dirigenti e/o dipendenti, è anche vero che lo stesso individua un sistema di protezione degli Enti contro questi comportamenti, ossia stabilisce che se l’Ente ha messo in atto delle azioni di “prevenzione”, ossia abbia adottato un modello organizzativo idoneo a prevenire la commissione di reati, allora la responsabilità degli amministratori, dirigenti e/o dipendenti non si estende all’Ente stesso.

Da sinistra: Stefano Daniele, Vincenzo Schiavone, Vincenzo Adinolfi ed Enrico Errichiello


Nel caso in cui l’Ente risulti responsabile per gli illeciti commessi, il legislatore prevede due tipologie di sanzioni: amministrative con ammende che variano da 25mila a 1 milione 500mila euro e interdittive, che agiscono cioè sulla capacità dell’Ente di operare sul suo mercato (interdizione dall’esercizio dell’attività, divieto di contrattare con la PA, esclusione o revoca di agevolazioni, finanziamenti e contributi, compresi quelli già concessi). Quindi le possibili conseguenze di tali sanzioni possono arrivare a pregiudicare la continuità aziendale. Ora la legittima domanda da porsi è la seguente: perché società manifatturiere medie e piccole, con compagine azionaria essenzialmente familiare, come quelle che caratterizzano il territorio della provincia di Caserta, dovrebbero essere interessate a dotarsi di un modello organizzativo conforme al D.Lgs. 231/01?
La risposta si trova essenzialmente proprio nella duplice protezione che il D.Lgs. 231/01 offre alle Società che si siano dotate di un sistema organizzativo di “prevenzione” ad esso conforme:
- Protezione per i soci: si evita che la Società possa rispondere di comportamenti illeciti di amministratori, dirigenti e/o dipendenti commessi nell’interesse della Società stessa;
- Protezione per gli amministratori: si evita che eventuali comportamenti illeciti di dirigenti e/o dipendenti creino un danno alla Società e che per tale danno ci sia una rivalsa dei soci sugli amministratori stessi.
Si tenga conto che i reati che originariamente sono stati contemplati dal D.Lgs. 231/01 sono quelli contro la PA e quelli societari ma progressivamente si sta assistendo ad una estensione a tutti gli aspetti della vita aziendale. Ad esempio già il TUS (D.Lgs. 81 del 9 aprile 2008) ha ampliato l’elenco dei reati presupposto delle sanzioni del D.Lgs. 231 con le ipotesi di omicidio colposo e lesioni gravi e gravissime conseguenti alla violazione della normativa antinfortunistica.
Per far decadere la propria responsabilità, quindi, le Società devono dotarsi di un modello organizzativo che consenta di prevenire la commissione di atti illeciti da parte degli amministratori, dirigenti e/o dipendenti. Tale modello rispecchia la stessa logica che le aziende hanno già incontrato nella certificazione della qualità, nell’adeguamento alla L. 626 o nell’applicazione della tutela della Privacy, e consiste essenzialmente:
- nell’adozione di un codice etico che identifichi le norme di comportamento cui tutti i dipendenti debbano attenersi;-
- nella definizione di sistema disciplinare;
- nella creazione di un sistema di procedure (protocolli) adeguate ad assicurare la corretta formazione, attuazione e verifica delle decisioni della Società e la modalità della gestione delle risorse finanziarie;
- nella nomina di un organismo di vigilanza il cui compito sia quello di verificare l’adeguatezza del modello e il suo aggiornamento. È fondamentale che tale organismo sia dotato di autonomia, di poteri di iniziativa e di controllo, e che esso sia destinatario di flussi informativi obbligatori.
Appare evidente che, nel caso di Società già strutturate, generalmente aziende più complesse, magari multinazionali, con un sistema di procedure amministrative già definite e testate, con figure professionali di riferimento già facente parte dell’organico dell’azienda (controller, direttore di produzione, etc.) l’introduzione di un modello organizzativo conforme al D.Lgs. 231 è poco invasivo.
Per società più piccole, generalmente familiari e poco strutturate, l’adeguamento ai requisiti del D.Lgs. 231/01 risulta naturalmente più lungo e complesso, ma anche i benefici in termini di efficienza dei processi sono più evidenti. É l’occasione per analizzare in modo critico i processi amministrativi e autorizzativi, per definire un sistema di controllo di gestione nonché un monitoraggio dei flussi di cassa più efficiente nell’ottica di un supporto alle decisioni strategiche, per rendere i processi decisionali più veloci e trasparenti.
In ultimo non bisogna sottovalutare l’effetto che può comportare l’adesione ad un modello organizzativo conforme al D.Lgs. 231 in termini di miglioramento di immagine dell’azienda con conseguenze positive verso i propri clienti e fornitori, soprattutto se appartenenti al mondo della PA, ma anche verso le istituzioni finanziarie le quali, in questo momento, sono particolarmente sensibili a queste tematiche.


Tecnici e imprenditori a confronto

Codice etico e modello tipo

Tecnici e imprenditori a confronto, in Confindustria Caserta, lo scorso 11 novembre, su un tema di stringente attualità (“La responsabilità penale delle imprese - Il D.Lgs. 231/2001 e l’impatto in azienda”), che ha visto sostanzialmente convergere tutti i relatori su un punto: alle aziende, piccole o grandi che siano, conviene dotarsi di procedure organizzative adeguate alle prescrizioni normative. E non soltanto per evitare di incorrere nelle sanzioni previste dalla normativa, quanto per disporre di un cruscotto di controllo dei processi interni. Come ha ricordato, infatti, Antonio Matonti, dirigente dell’Area affari legislativi di Confindustria, la 231 serve sia per fare pulizia internamente alle aziende e sia per ridefinire i ruoli. Insomma, serve a stabilire: chi fa che cosa. «Certo - ha sottolineato - ci si aspetta anche una interpretazione adeguata e coerente da parte del giudice e non, come spesso accade, un atteggiamento pregiudizialmente colpevole attribuito alle imprese».
Il convegno è stato introdotto dal presidente di Confindustria Caserta, Antonio Della Gatta, e - oltre al contributo degli esperti - ravvivato dalle esperienze maturate nei rispettivi settori dall’ingegnere Stefano Daniele (vedi articolo di apertura) alla guida di un’azienda chimica, dall’ingegnere Enrico Errichiello, imprenditore edile a capo del Ggi Edili Ance Campania, e dal dottore Vincenzo Schiavone, medico e imprenditore, presidente della Sezione Sanità privata di Confindustria Caserta.
In particolare, pur sottolineando che il modello organizzativo è un costo per l’azienda, Daniele ha ricordato che si tratta in ogni caso di uno opportunità di crescita. Mentre per Errichiello «la consapevolezza delle implicazioni del D.Lgs. 231 per l’attività d’impresa ha indotto l’Ance ad adottare un codice etico dell’impresa di costruzione che si configura come una “carta dei valori”, contenente i principi generali dell’attività d’impresa: legalità, correttezza nei rapporti (con gli interlocutori esterni e con i dipendenti), tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro, dell’ambiente e trasparenza».
«Il Codice Etico - ha ricordato il presidente dei giovani Ance Campania - rappresenta solo il primo passo per adottare un modello organizzativo che consenta all’impresa di prevenire i reati che ricadono nelle fattispecie previste dal decreto sulla responsabilità penale amministrativa delle persone giuridiche: infatti, la nostra Associazione nazionale ha pubblicato anche un prezioso manuale nel quale è individuato un “Modello-tipo di organizzazione, gestione e controllo” che è possibile adattare a ciascuna impresa di costruzione in relazione alle peculiarità operative, dimensionali e organizzative della stessa».
E ragionamento non dissimile ha fatto anche il presidente della Sezione Sanità privata, che tuttavia ha ricordato quanto “sensibile” sia il settore in materia di responsabilità penale. Argomento che interessa pressoché giornalmente la professione medica e, dunque, gli imprenditori del ramo. Insomma, ha chiosato infine Vincenzo Schiavone: «Il mestiere dell’imprenditore diventa sempre più difficile, ma a noi piace».

Palma F. Martinisi

 

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